The Witcher: la pt.2 della 3° stagione merita un abbonamento?
Tra noi fan del genere fantasy, ormai la serie TV The Witcher la si conosce bene. Le avventure di Geralt di Rivia sono approdate su Netflix nel lontano 2019 e gli showrunners ancora ci propongono mostri e duelli in questa terza stagione, uscita con la prima parte il 29 giugno, che sembra a tutti gli effetti voler rattoppare i gravi strappi incontrati durante la seconda stagione. Con una mossa di marketing che ormai conosciamo bene, Netflix cerca di accaparrarsi anche gli abbonamenti di agosto proponendoci l’uscita della seconda parte della terza stagione di The Witcher il 27 luglio. Ma The Witcher 3 lo merita un abbonamento?
The Witcher 3 rattoppa gli strappi della seconda stagione
Il pubblico è rimasto sgradevolmente sorpreso dalla seconda stagione di The Witcher. Infatti, se la prima, nonostante mostrasse già evidenti problemi, intratteneva con una coerenza narrativa abbastanza solida e con un gioco tra fabula e intreccio veramente interessante (la serie non aveva una linearità temporale, ma saltava dal passato al presente al futuro senza avvisare lo spettatore), la seconda non si dimostra altrettanto furba. Questa scelta di narrazione nella prima stagione può sembrare confusionaria, ma in The Witcher 1 è stata strumentalizzata con intelligenza, rendendo il pubblico curioso di sciogliere il nodo. Nella seconda stagione questo nodo pare farsi un enorme gomitolo e sbrogliarlo risulta quasi impossibile: non ne abbiamo voglia e non veniamo stimolati a farlo.
Qualcosa di sospetto dev’essere caduto nel caffè degli showrunners della seconda stagione. La seconda stagione di The Witcher si è dimostrata un vero e proprio fallimento: la trama ha iniziato a diluirsi senza sosta, riempendosi di momenti morti e concludendosi con la fretta di chi non riesce a spalmare omogeneamente i fatti nel corso degli episodi. In breve: ci ha lasciati con un finale in cui non si capisce niente. Il personaggio di Geralt risultava quasi di sfondo, Ciri ha passato mezza serie a cadere sul fondoschiena durante gli allenamenti alla caserma dei Witchers. L’unico percorso interessante è stato quello di Yennefer, ma la perdita dei poteri della maga ha lasciato tutti molto interdetti. Non sto neanche a citare tutta la sottotrama di Baba Yaga, infilata in maniera confusionaria e sbrigativa, depotenziata al massimo, quando invece dovrebbe essere un punto di svolta nella trama. Chiudiamo un occhio (forse due) anche sugli effetti speciali della serie, che nella seconda stagione raggiungono apici di bruttezza inauditi. Infatti, gran parte della trama della seconda stagione consiste nel fatto che, a quanto pare, il sangue di Ciri apre dei portali da cui mostri schifosissimi si intrufolano sulla terra e spetta al valoroso Geralt farli fuori tutti (che vitaccia!). La seconda stagione, quindi, è piena zeppa di mostri da combattere e sono uno più orrendo dell’altro, me non nel senso che fanno paura: nel senso che sono talmente fatti male che fanno solo ridere. Questo uso striminzito della CGI (capisco le motivazioni di budget) rende anche i duelli di Geralt finti e per nulla convincenti, perché, per quanto Henry Cavill sia molto bravo nella gestualità da spadaccino, pare proprio che Geralt combatta contro l’aria.
La prima parte di The Witcher riscatta la seconda stagione?
Nonostante il finale della seconda stagione mi avesse fatto urlare sul divano “MA CHE DIAVOLO STO GUARDANDO?”, la curiosità ha avuto la meglio e il 29 giugno ho deciso di dare una possibilità alla terza stagione premendo play. Devo dire che sono stata rincuorata. La terza stagione si presenta come una storia basata al 90% sull’evoluzione dei personaggi e sulla consolidazione dei loro rapporti. Yennefer, Geralt e Ciri sembrano davvero trovare il loro posto nel mondo, insieme, e da questo deriva la conseguenza che tutti e tre hanno qualcosa in più da perdere. Qualcosa di più forte per cui lottare.
Ma lottare esattamente contro… cosa? Veniamo al tasto dolente che si ripresenta, puntuale, anche in questa terza stagione. The Witcher si dà un tono non solo di serie TV fantasy piena di duelli di spada e mostri da sconfiggere (altrimenti sarebbe risultata più simile, per quanto non lo sia già, ad un videogioco che ad un prodotto per la televisione) ma anche di serie TV politica. Il problema è che la trama politica è gestita malissimo. Non c’è un focus, è tutto disordinato e il pubblico (per lo meno, a me è successo questo) fatica a seguire effettivamente i giochi politici dei vari personaggi. Non mi ricordo neanche un nome di un personaggio che faccia parte della trama politica: è difficilissimo affezionarsi ad una storia di cui non si comprende l’inizio e in cui lo svolgimento è così confusionario. Per ora ho solo una certezza: tutti vogliono Ciri. Tutti la vogliono tutti la cercano, signore e signori! Per farci cosa, non lo so. Forse per invitarla ad un pranzo come si deve, visto che sono due stagioni che si nutre solo di carne secca e radici. Non credo che la dieta di un Witcher faccia bene ad una ragazzina di 16 anni. Appello alla produzione di Netflix: date delle vitamine a quella povera ragazza.
Nel 2023, quando si decide di affrontare in una serie TV fantasy un gioco politico che prevede guerre, sotterfugi, spionaggio, è davvero impossibile credere di cavarsela con quattro dialoghi sussurrati e tre sguardi confabulatori. Il pubblico ha, infatti, due precedenti troppo ingombranti a cui guardare: Il trono di spade e il suo cugino più giovane House of the dragon. Nei romanzi di Martin e poi nella serie, il gioco politico viene portato all’estremo ed è talmente ben strutturato che in una puntata composta solo da dialoghi fatti intorno ad un tavolo lo spettatore non può fare a meno di tremare e sussultare ad ogni sopracciglio alzato. Le parti di trama politica di The Witcher sono talmente deboli che viene solo voglia di aprire Instagram e scrollare il feed finché non si torna all’azione vera e propria. Questo è un grave problema di scrittura che non può essere sottovalutato.
La seconda parte della terza stagione merita un abbonamento?
Domanda non facile. Se dovessi parlare razionalmente direi: no. Ma il raziocinio vale poco quando si parla di Henry Cavill. La prima parte della terza stagione, lo devo ammettere, mi ha lasciata un po’ con il fiato sospeso e non vedo l’ora di scoprire come chiuderanno baracca. Tralasciando i commenti sull’ultima puntata (quella del ballo che si ripete praticamente TUTTA UGUALE alla precedente, meno che per qualche colpo di scena, perché forse il montatore si era addormentato), questa terza stagione sarà l’ultima in cui vedremo Henry Cavill vestire la parrucca bionda di Geralt di Rivia, che verrà passata nelle mani (sapienti?) di Liam Hemsworth, più famoso per essere il fratello di Thor, l’ex fidanzato di Miley Cyrius e il personaggio più odiato della saga di Hunger Games che per la sua fama di attore brillante.
Tralasciando il fatto che il paragone con Henry “Cavillone” nazionale non lo regge nessuno, ma io fatico veramente a comprendere il senso di queste scelte. Perché cambiare attore ad un personaggio ormai entrato nella cultura pop con un volto così riconoscibile? Davvero Netflix non è consapevole del fatto che The Witcher sta in piedi solo perché noi poveri mortali bramiamo la vista di Henry Cavill con l’armatura? Henry Cavill ha deciso di abbandonare il progetto Netflix perché deluso dal fatto che la serie sia stata così irrispettosa nei confronti dell’opera letteraria da cui deriva, di cui l’attore è un grande fan. O almeno questo è quello che ha detto Henry Cavill pubblicamente, da buon nerd booktoker che è. Da qui la decisione di mandare comunque avanti la serie ma con un altro attore, il povero Liam, che si ritrova con addosso un ruolo non facile e che, neanche iniziate le effettive riprese, già l’ha ricoperto di malelingue. In questi casi, secondo il mio modesto parere, le produzioni farebbero molta più bella figura a chiudere la storyline del vecchio personaggio e iniziarne una nuova. Tanto, che la serie TV The Witcher non abbia nulla a che fare con i libri di Andrzej Sapkowski era chiaro da un bel po’. A questo punto fate una quarta stagione in cui Geralt si sta godendo la vita ammazzando mostri e sbaciucchiandosi con Yennefer e in cui la storia si sposta su un altro personaggio (perché no, interpretato da Liam Hemsworth).