Recensione dal Torino Film Festival: The Assessment di Fleur Fortuné
La regista esordiente Fleur Fortuné ha presentato fuori concorso al Torino Film Fest il film distopico The Assessment, con Elizabeth Olsen, Alicia Vikader, Himesh Patel e Minnie Driver. Ai limiti del sadomachismo e della reticenza, il film è un interessantissimo spaccato sulla volontà di diventare genitori e dell’impossibilità di avere un figlio.
Elizabeth Olsen è una madre in attesa di diventarlo
Nel Mondo Vecchio è diventato impossibile respirare. Chi è rimasto lì è destinato a morire in fretta, e infatti è lì che sono reclusi i ribelli. Mia e il marito Aaryan, hanno contribuito alla realizzazione del Nuovo Mondo: lei è una botanica che trova rifugio nella sua serra, lui invece è uno scienziato che ricrea animali domestici virtuali – erano stati sterminati tutti nel Vecchio Mondo. Vivono in una casa circondata dal deserto e dal mare e alla loro vita matrimoniale non manca niente, tranne un figlio. Si iscrivono allora al programma per diventare genitori. Il governo impone la procreazione della specie solo attraverso gestazioni extrauterine. È così che conoscono Virginia, che starà con loro per una settimana per sottoporli a un lungo e complesso colloquio – The Assessment, appunto – per valutare le loro capacità genitoriali.
Il colloquio è un particolare gioco di ruolo: Mia e Aaryan sono i genitori, Virginia è la loro figlia che piange, urla, deve essere imboccata e vuole dormire con mamma e papà. Virginia è una donna, con indosso abiti da scolaretta e lunghe calze bianche ai piedi. Tenta e mette alla prova i genitori, seduce e terrorizza, portando scompiglio nella routine di Mia e Aaryan, esattamente come farebbe l’arrivo di un bambino.
The Assessment non è un manuale per aspiranti genitori
Estraniante e trascendetale, The Assessmentcoinvolge lo spettatore dalle prime immagini. Una bambina cerca di tornare a galla, nuota disperata mentre la madre urla il suo nome dalla riva, quando riemerge – finalmente – la bambina è Elizabeth Olsen. Inizia così The Assessment, immergendo in maniera del tutto improvvisa lo spettatore tra le pareti della casa anni ’70 della coppia e le strane circostanze in cui si ritrovano.
Lontano dalle canoniche tinte grigio-blu del genere distopico, The Assessment è un parco giochi di forme geometriche e colori. Il sole infrange le vetrate colorate e illumina i volti sorridenti e volenterosi degli aspiranti genitori. Virginia invece è sempre colpita da raggi caldi e oscuranti, quasi a mettere in mostra il suo vero aspetto: non c’è niente di chiaro in quello che dice e quello che fa. Non si sa dove inizia la figlia e dove inizia Virginia: fa tutto parte di un test, il colloquio non ha mai fine. Una settimana sotto esame, costante, ogni mossa e ogni parola sono messe a giudizio, sotto il suo occhio scrutatore che guarda in maniera ossessiva da ogni angolo della casa.
La distopia di Fleur Fortuné al Torino Film Fest
Le sfide per diventare genitori si fanno ogni volta più particolari e meticolose, ma anche illogiche. Lo struggimento per la difficoltà degli esercizi richiesti, tende a superare la voglia di diventare genitori, ma è anche ciò che fa da monito alla coppia: se superano la prova diventeranno mamma e papà. Il sogno del Nuovo Mondo sarà coronato.
Ma The Assessment non è un film che educa al diventare genitori, è una distopia psicosessuale in cui i dettagli si mostrano velocemente e fugacemente. Molti sono i buchi di trama e la ricorsività retorica del programma della selezionatrice. Il dramma si realizza attorno all’empatica Elizabeth Olsen e agli sguardi di pericolosa perversione di Alicia Vikander, che portano avanti il film e quel desiderio di maternità, crudele e necessario per mantenerle ancora in vita. Non manca neanche il momento di inquietante risata, il sadomasochismo di Virginia continua anche al momento dei titoli di coda.
Un trio coinvolto in uno psicodramma sessuale e pericoloso: The Assessment
Il trio di attori di The Assessment – Olsen, Vikander e Patel – porta sullo schermo un thriller silenzioso e poco scandalistico nelle immagini, quanto piuttosto nei dialoghi non detti ma tangibili. I notevoli buchi di trama sono compensati, non tanto dalle scene più scioccanti e violente assenti, padrone del genere – non c’è sangue o maschere rivoltanti, ma invece dal suo aspetto così esistenziale ed essenziale, rendendo la volontà di diventare madre e padre un puro desiderio egoistico: il mondo cade a pezzi, attorno a te non c’è altro che il nulla. Nel Vecchio Mondo non si respira, quello Nuovo è un mondo deserto, in cui non c’è differenza tra il libero arbitrio e le scelte di qualcun altro che comanda per te senza che tu abbia modo di controllarlo.