Hunger Games: la ballata dell’usignolo e del serpente – la recensione
Siamo tornati nell’arena: i giochi più crudeli e immorali di sempre sono tornati. Anzi sono appena cominciati: è in sala il film Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, il film prequel della saga distopica che ci ha fatto emozionare con la sua leggendaria protagonista Katniss Everdeen.
Il film Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente riporta in sala i tributi otto anni dopo l’uscita di Hunger Games – Il canto della Rivolta parte 2, ma questa volta il ritorno a Panem è diverso: torniamo indietro nel tempo, appena dopo i famosi Giorni Bui e assistiamo ai decimi Hunger Games, quelli di Lucy Gray e del suo mentore: Coriolanus Snow, futuro crudele Presidente di Panem.
L'origin villain story di Coriolanus Snow
Il film Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente è il prequel della saga che già conosciamo bene, ma che ci permette di ampliare le nostre conoscenze rivelandoci l’origin story del Presidente Snow, il villain principale della saga. Nella trilogia Coriolanus Snow è ormai anziano, ma mantiene ben lucido il suo spietato carisma e le sue risate malefiche nel vedere dei ragazzini uccidersi per puro spettacolo. Un personaggio terrificante, privo di morale e profondamente vendicativo che conosciamo meglio nel nuovo film prequel, tratto dal libro di Suzanne Collins uscito nel 2020 e diretto ancora una volta dal regista Francis Lawrence, che conosciamo e apprezziamo per la sua straordinaria capacità di realizzare adattamenti cinematografici esemplari.
In questo nuovo film della saga abbiamo modo di scoprire cosa ha reso Corio – soprannome quasi carino e in netta contrapposizione con il personaggio – una persona così subdola e priva di pietà. Cosa è successo al bel ragazzo biondo che voleva risanare la sua famiglia, la stirpe degli Snow? La risposta sono i decimi Hunger Games, quelli che vedono per la prima volta la figura del mentore affiancata a quella del disgraziato tributo. Il mentore degno di nota di questa edizione è proprio Coriolanus Snow, giovane speranzoso di Capitol City, che è bilico tra il dare spettacolo e mostrare il suo lato più flebile e umano. Il suo tributo è Lucy Gray, direttamente dal distretto 12, che non manca mai di caparbia esuberanza e senso di rivolta. Gli Hunger Games nel mentre stanno perdendo interesse nel pubblico: non ci sono più spettatori, probabilmente per una questione morale, ma Coriolanus Snow capisce che per attirare pubblico è necessario fare spettacolo, fare appassionare gli spettatori ai tributi e vede in Lucy Gray una speranza.
La sua dedizione però viene messa a dura prova dal suo stesso tributo: che si stia innamorando di Lucy? In La Ballata dell’usignolo e del serpente abbiamo modo di assistere alla realizzazione del personaggio sadico: è sorprendente il suo repentino cambio di rotta ma del resto ci ha insegnato proprio lui che “sono le cose che amiamo di più a distruggerci”.
Tornare nell'arena degli Hunger Games e conoscerne i lati più oscuri
Il rientro nell’arena, che viene mostrata nella sua forma primordiale, è l’occasione per curiosare nella nascita del villain della saga: Tom Blyth incarna il giovane studente modello Snow, dal vigoroso ciuffo biondo che non manca di elargire premurosi sorrisi mentre cerca di ritrovare il prestigio della sua stirpe. La sua famiglia dopo la Guerra è caduta in disgrazia, perdendo l’influenza su Capitol City, ma insieme alla cugina Tigris e alla Signora Nonna, maschera le apparenze e ambisce a risorgere come futuro Presidente di Panem.
Francis Lawrence dietro la macchina da presa, tiene a rispondere ad una delle domande cruciali dell’esistenzialismo: si nasce o si diventa cattivi? Domanda che sempre più spesso ritroviamo nei recenti prodotti pop – penso subito ai numerosi documentari sui serial killer degli ultimi anni e tutti quei film che raccontano le storie di svariati antieroi. Il regista si spreme anche per cercare le risposte ad altre domande: quanto la natura dell’essere umano può essere contaminata? Fino a che punto siamo disposti a spingerci per raggiungere i nostri obiettivi? Alcune delle possibili risposte a queste curiose e intelligenti domande le ritroviamo proprio nel film Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente.
Anni di attesa ripagati con il film La ballata dell'usignolo e del serpente
Sono fan della saga di Hunger Games dai suoi albori e quando è stato annunciato il prequel della saga ero piuttosto elettrizzata, poi è arrivato lo scetticismo: era davvero necessario scrivere del giovane Presidente Snow? Personalmente avrei voluto leggere degli Hunger Games di Haymitch o di Finnick, ma dovendomi accontentare di altro ho stretto i denti e mi sono permessa di conoscere il giovane Corionalus e il suo tributo Lucy Gray. A conti fatti, ho fatto bene, anche se la mia richiesta rimane ancora valida nel caso Suzanne Collins ci stesse leggendo. Ammetto però che il libro La ballata dell’usignolo e del serpente non mi aveva convinto al 100%, qualcosa continuava a farmi storcere il naso, ma il film di Francis Lawrence, arrivato dopo otto anni dall’ultima volta che ho visto Panem al cinema, è stata una piacevolissima sorpresa, un bel ritorno a casa. Gli anni di attesa sono stati ripagati da un film che intrattiene, scorre bene e non pesa affatto, nonostante le 2 ore e 40 minuti. Un sequestro di persona godibile e strabiliante, che si costituisce di una buona dose di fan service e easter eggs che fanno sorridere i fan di Hunger Games.
Il nuovo cast è riuscito a far risplendere il degrado di Capitol City, sviscerarla e rivelarne il suo aspetto più sadico e crudele, mostrandoci non più le vittime degli Hunger Games ma i suoi artefici: Casca Highbottom, Peter Dinklage, è il decano che ha osato pensare alla migliore punizione per i distretti, la Dottoressa Gaul, una spaventosa Viola Davis, che mostra sentimenti d’affetto solo per sperimentare torture e sacrificare i suoi ostacoli. E ovviamente non mancano i mentori, le prime guide dei tributi che sono i migliori studenti della Capitol City Academy, in gara tra di loro per vincere un premio prestigioso.
Ovviamente il personaggio più spettacolare a cui vanno tutti gli applausi è proprio quello di Coriolanus Snow, interpretato da Tom Blyth, che porta sulle spalle un ruolo detestato dal pubblico, che ne conosce già i pensieri e le sorti. Diviso tra ciò che è moralmente giusto e ciò che invece è abituato a fare, mente e cuore di Snow sono in bilico ma mai distanti tra loro tanto da confondere lo spettatore in maniera caparbia: anche nei suoi istanti più sentimentali, non manca mai la sua arguzia, il suo doppio fine. Dietro gli apparenti sorrisi genuini, si nasconde un ragazzo che scruta e osserva tutto quello che lo circonda e agisce per un unico scopo: il suo. Coriolanus Snow, in La ballata dell’usignolo e del serpente, mostra tutto il suo egoismo e spirito di stratega qua solo agli inizi.
Un nuovo capitolo, un nuovo stile
Totalmente diverso dall’Hunger Games che conosciamo, questa volta il rientro nell’arena è accompagnato da un protagonista per cui non si riesce a simpatizzare del tutto. Non ci sono ghiandaie imitatrici per cui tifare, Snow è un serpente che cambia lentamente pelle fino a vestirsi del suo cappotto finale, algido e senza remore.
Il nuovo film di Lawrence, gioca su un altro aspetto fondamentale: il titolo. Chi è il serpente e chi l’usignolo? Corretto pensare che Snow sia la serpe e Lucy invece l’usignolo? Il film La ballata dell’usignolo e del serpente, che abbiamo detto vuole indagare sulla vera essenza dell’uomo mostrandocelo in situazioni estreme, rivelandone sfumature e sfaccettature crudeli e immorali, non mostra infatti solo la storia del giovane Snow, ma l’affianca a quella di Lucy Gray: impavida e sfacciata canterina del distretto 12, interpretata da Rachel Zegler, che unisce in sè l’innocente ingegno di poche protagoniste del genere distopico, e non solo. La sua leggiadra innocenza non è da confondere con fiducia cieca nel prossimo. Anche lei è una scaltra osservatrice, cura i dettagli e le parole che pronuncia, con o senza chitarra alla mano. Il volto innocente di Zegler è la cornice perfetta per mostrare la tiepida forma di ribellione di Lucy Gray, che affronta con lacrime e rabbia il suo destino dentro e fuori l’arena.
Non ci sono più gli sfortunati amanti degli Hunger Games
A differenza della trilogia principale, il film prequel non racconta una love story. Quella di La ballata dell’usignolo e del serpente è solo un‘origin villain story, non c’è spazio per i sentimenti puri, ma solo per quelli di strategia e d’occasione.
La complicità e la chimica professionale tra Zegler e Blyth rendono la visione filmica piacevole e speranzosa anche agli occhi più romantici, ma sappiamo che non si tratta di una storia d’amore a lieto fine. Gli spettatori del film vengono ingannati di rivedere un’altra coppia di sfortunati amanti noti ai fan di Hunger Games, ma l’inganno questa volta ricade in primis sui personaggi stessi che si illudono a vicenda di poter non essere chi sono. Corio e Lucy si lasciano illudere dalle loro stesse parole: lui che salva lei, perchè lei ha salvato lui. Poi realizzano di non potersi fidare l’uno dell’altro. Quello che è successo nell’arena, non rimane nell’arena – qua non c’è nessuna regola del Fight Club – ma continua a ripercuotersi e a tornare violentemente nella loro illusoria vita insieme. Eppure è proprio la loro relazione platonica e quasi tossica a mantenere alta l’attenzione al film La ballata dell’usignolo e del serpente, in particolare nella terza parte del girato – il film ripercorre perfettamente la struttura narrativa del libro -che altrimenti risulterebbe debole e ripetitivo.
La ballata dell'usignolo e del serpente racconta l'ascesa della crudeltà umana
Se con Hunger Games, la prima trilogia, avevamo visto una violenza forte, nota e ben instaurata, nel film La ballata dell’usignolo e del serpente, ne vediamo una ancora in crescita. Si dibatte se gli Hunger Games, qui giunti alla loro decima edizione, siano la giusta punizione per i distretti. In che modo dei giochi così crudeli, assicurano la sicurezza di Panem? Questo il motivo per cui esistono gli Hunger Games, per proteggere Panem – meglio ancora Capitol City in unico luogo – e nel film questa cosa è molto chiara. Non si combatte la violenza, ma se ne genera altra. Sono pochi i personaggi che provano a resuscitare un misero senza di pietà e invece cadono vittime della totale assenza. Gli Hunger Games questa volta vengono mostrati come puro e mero spettacolo: i tributi sono esposti allo zoo come bestie, i bambini di Capitol City sono curiosi di conoscerli e non manca occasione per mostrare come la fortuna non sarà a loro favore. In La ballata dell’usignolo e del serpente vediamo la crudeltà diventare spettacolo, fare audience, e soprattutto si osserva da vicino la mente terrificante che rende carnefici le sue stesse vittime. Nessuno si salva dalla crudeltà dei giochi, tutti ne soffrono ma tutti agiscono per la realizzazione vincente di questi, la violenza è parte integrante degli abitanti di Capitol City: non ci sono ancora ribelli in città, ma vivono tutti nei distretti pronti a tornare all’attacco.
Hunger Games sembra mostrare il futuro, invece è più attuale di quanto si possa pensare: il nostro rapporto con la violenza e la guerra è tristemente simile a quello di Panem. Sembra quasi che il film La ballata dell’usignolo e del serpente voglia urlarci la storia del villain che è intrinseco dentro ognuno di noi.