Barbieheimer: cosa significa e cosa dice su di noi?
Quest’estate moltissime persone in tutto il mondo (purtroppo non noi in Italia) hanno avuto modo di vivere uno dei fenomeni più memorabile degli ultimi anni per quanto riguarda l’universo cinematografico, ovvero l’uscita nello stesso giorno, il 21 luglio, di Barbie di Greta Gerwig e Oppenheimer di Christopher Nolan. Di entrambi i film abbiamo già avuto modo di parlare nelle loro recensioni dedicate (che potete leggere cliccando sui rispettivi titoli dei film sopracitati), ma non abbiamo ancora accennato a cosa ha portato l’uscita in contemporanea di queste due pellicole chiacchieratissime: il fenomeno Barbieheimer. Di cosa si tratta? Da dov’è nato? Ma soprattutto, cosa significa veramente?
Che cos'è il fenomeno "Barbieheimer"?
In molti paesi del mondo, come gli Stati Uniti, il 21 luglio nelle sale cinematografiche c’è stata occasione di staccare biglietti per due film estremamente chiacchierati ma anche estremamente diversi: Barbie, il pazzo pazzo film in rosa di Greta Gerwig sulla bambola più rivoluzionaria di sempre, e Oppenheimer, il nuovo film-mattone da tre ore di Christopher Nolan sul papà della bomba atomica. Capirete da voi che si tratta di pellicole che, come minimo, hanno estetiche diametralmente opposte, e proprio per questo i fan si sono divertiti a combinarle insieme, scatenando i social con il fenomeno Barbieheimer. Nata inizialmente come una polemica (sui social? Che sorpresa!), per lo più indagata su Twitter, il fenomeno Barbieheimer contrapponeva le persone che consideravano più importante andare a vedere il biophic di Nolan sul fisico Robert Oppenheimer e quelle che invece ritenevano più “giusto” sostenere un film femminista come quello di Gerwig. Polemiche sterili, penseranno i più svegli, visto che ognuno si va a vedere al cinema quello che vuole: ma la polemica non si è fermata qui e, anzi, è stata presa sotto esame da moltissimi economisti e sociologi. Inoltre ha creato una vera e propria ondata di contenuti sul mondo dell’internet, come trailer, grafiche, meme, persino magliette e altri gadget.
Dal punto di vista sociale si è deciso di indagare gli incassi dell’uno e dell’altro film per capire effettivamente se fosse più consistente il numero di spettatori e spettatrici attratti da un cinema “evasivo” e favolistico, come quello proposto dalla Barbie Stereotipo di Margot Robbie, oppure da un cinema più crudo e realistico come quello incarnato dall’Oppenheimer di Cillian Murphy. Ovviamente a vincere, con 1 miliardo di dollari d’incasso, è stato Barbie, ma era facile aspettarselo, considerando il tipo di pellicola (molto più attrattiva per un certo tipo di pubblico rispetto al film di Nolan) e la sua vittoriosa (ed estenuante) campagna pubblicitaria.
E qui entrano in gioco gli economisti. Nolan, inizialmente, aveva sollevato delle lamentele riguardo l’uscita in contemporanea delle due pellicole, temendo che l’una avrebbe divorato gli incassi dell’altra. Ma la stessa Warner Bros ha rassicurato Nolan, vedendocela lunga nel sostenere che invece i film si sarebbero dati man forte a vicenda, spronando molte più persone ad andare al cinema proprio per la diversità dei due prodotti. E in effetti questo ragionamento ha funzionato! Perché, se Barbie stava facendo centro anche solo con la sua campagna promozionale, Oppenheimer, oltre ad avere la nomea di “l’ultimo film di Nolan”, ha beneficiato del fenomeno Barbieheimer, che ha portato al cinema tantissime persone che di Nolan probabilmente non avevano ancora visto nessun film! Tutto pur di uscire da una sala in tulle rosa e glitter, volare a cambiarsi, ed entrare nella sala successiva in giacca e cravatta neri.
Chiacchiere su entrambi i film: fondate o depistanti?
Il fenomeno Barbieheimer ha, ovviamente, fatto centro anche con me, nonostante sia da anni una fan di Christopher Nolan. Dico che “ha fatto centro” perché per me le cose fanno centro nel momento in cui mi fanno dire: qui qualcuno sta cercando di fregarci tutti. Ed è effettivamente quello che è successo. Barbie e Oppenheimer, oltre ad essere due film molto belli, sono accomunati dalle chiacchiere che hanno generato. Chiacchiere che, la maggior parte delle volte (mi capirete, se avete visto i film), risultano a dir poco insignificanti per i tipi di film che intendono commentare. Ma andiamo con ordine. Cosa è stato detto di Barbie?
“Un film triste, tossico, dove i rapporti di genere sono rovinati”. “Distorto manifesto del Partito Femminista”. Barbie è stato definito un film “troppo rosa“, troppo “femminista”, troppo “contro i maschi“, troppo “pop”, troppo “consumistico”… Chi definisce Barbie un film “contro i maschi” secondo me dovrebbe riandare al cinema, riguardare la pellicola con più attenzione e poi riconsiderare le sue parole, ma a parte questo le critiche mosse al film sono abbastanza diversificate e assolutamente accettabili all’interno di un dibattito politico e culturale sul “fenomeno” Barbie. Il problema arriva nel momento in cui milioni di testate giornalistiche e commenti sui social guardano al film soltanto tramite un occhio estetico. ” Questo film è troppo rosa“: ma non mi pare che così tante persone si siano lamentate dell’ultimo film di Batman con Robert Pattinson, commentandolo come “troppo nero”. Barbie è rosa esattamente quanto Batman è nero e mi sembra assurdo star qui a spendere parole su affermazioni tanto inutili. Peccato che queste affermazioni inutili sono tante, troppe, e spesso hanno soffocato il reale dibattito che andrebbe condotto sulla pellicola: cos’ha da insegnarci il film di Barbie? Perché in così tante persone l’hanno trovato banale e didascalico ma ancora più persone hanno totalmente frainteso il suo significato? Tutte queste domande si potrebbero discutere anche con una persona che non ha visto il film, ma che ha solo udito i suoi dialoghi. Per capire l’importanza delle tematiche trattate da Barbie basterebbe ascoltare il film.
Passiamo allo step successivo. Cosa si è detto su Oppenheimer?
“Le scene della bomba atomica sono state realizzate senza CGI!”. “Scene di sesso scandalose!”. “Il seno di Florence Pugh è troppo piccolo!”. “Florench Pugh è troppo grassa per fare delle scene di nudo”. “Tutte quelle scene della bomba atomica sono impressionanti”. Tralasciando i commenti più offensivi a Pugh, che meriterebbero un articolo a parte pieno di imprecazioni da parte della nostra redazione, moltissime parole sull’opera di Nolan sono state spese, anche qui, su questioni estetiche. Mi dispiace deludere i più attratti dalla piromania, ma nel film Oppenheimer non sono presenti tutte queste scene di esplosioni della bomba atomica di cui tanto si è parlato. Ce n’è una, fatta estremamente bene, ma che, vi assicuro, terrorizza molto meno della conversazione che Robert Oppenheimer ha con il presidente Truman.
Oppenheimer è un film molto più di parola che di sguardo. Non devo certamente essere io a dirvi che Nolan è un regista incredibile e che ogni frame del film è meraviglioso, ma vi assicuro che, chiudendo gli occhi e ascoltando, i brividi arrivano lo stesso. Oppenheimer è un film che terrorizza non per le scene della bomba atomica, ma per tutto il resto: il pensiero politico che ha portato alla scelta di costruire la bomba; la maledetta guerra terminata con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki e quella iniziata con lo stesso episodio; il narcisismo di Oppenheimer che ha portato alla nascita di un’arma di distruzione di massa; i sensi di colpa del protagonista; il dibattito scientifico che ancora oggi non è stato risolto. Tutte queste cose, statene certi, si capiscono anche ad occhi chiusi. Anche qui, basterebbe ascoltare.
Cosa ci insegna il fenomeno "Barbieheimer"?
La mia opinione è che il fenomeno Barbieheimer sia stato costruito a tavolino da qualcuno che ci conosce molto bene. Di fatto si tratta di un evento mediatico che mette al centro l’estetica di entrambi i film e sviluppa una guerra “stupidamente intellettuale” tra i fan i Gerwig e i fan di Nolan. Ma se solo si oltrepassasse lo sguardo e si accendesse l’udito ci renderemmo conto che Barbie e Oppenheimer sono film che, tramite effetti visivi incredibili, ci raccontano due storie orribili. Entrambi ci parlano di dolore, tristezza, conflitto, dramma sociale.
Barbie non è forse un film che punta la lampadina contro la disparità di genere, l’oppressione dei ruoli “donna” e “uomo”, l’inutile conflittualità uomo-donna? Non è forse un film che denuncia le stesse cose per cui è stato criticato? Perché a me pare che quasi tutte le persone che hanno visto Barbie, per poi parlarne online, non lo abbiano visto fino alla fine. Che non abbiano capito che il messaggio dato da Gerwig è: le Barbie a Barbieland hanno fatto esattamente ciò che gli uomini hanno fatto per secoli alle donne nel mondo reale e, nel momento in cui il potere è andato nelle mani dei Ken, i Ken hanno replicato lo stesso modello tossico. Ma il film non termina con le Barbie che riprendono il potere e fanno tornare tutto com’era prima. Il film termina con il dialogo tra entrambe le parti e la costruzione di qualcosa di nuovo, magari migliore.
Allo stesso modo, Oppenheimer è un film che non parla solo della bomba atomica e che non punta lo sguardo su quanto faccia paura la bomba atomica in sé, mediante scene incredibilmente potenti su esplosioni e nubi tossiche. No. Le scene incredibilmente potenti di Oppenheimer sono quelle silenziose, come i primi piani di Murphy o le battute di alcuni personaggi, come Einstein e Truman. La denuncia nei confronti della politica americana è il fulcro di Oppenheimer, ma è più comodo per una testata giornalistica parlare degli effetti speciali. Perché? Perché il tema affrontato da Nolan è ancora una difficilissima patata bollente che mai si raffredderà. Facile prendersela con il corpo di un’attrice invece di affrontare il fatto che Oppenheimer è un film che non ha saputo gestire i suoi personaggi femminili, che ha restituito due macchiette di donne, stereotipate fino al midollo, salvate solo dalle interpretazioni magistrali (anche se limitate dalla sceneggiatura) di Pugh e Blunt. Facile parlare della bomba atomica se si vuole analizzare solo quanto sia stato bravo Nolan a ricrearne l’effetto visivo.
Tutto è molto più facile quando ci affidiamo alla vista invece che all’udito e alla nostra capacità di vedere oltre l’immagine. “Barbieheimer” cavalca l’onda nella nostra disattenzione e lucra sulla superficialità con cui ormai, quelle rare volte, andiamo al cinema.