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Redemptor: l’attesissimo sequel di Raybearer

Redemptor: l’attesissimo sequel di Raybearer

Jordan Ifueko è diventata ormai un’autrice consolidata nel panorama letterario del fantasy young adult, tanto che Netflix ha già in cantiere una serie tv basata proprio su Raybearer, il suo fantasy d’esordioIl 24 ottobre è uscito in Italia nella collana Lainya di Fazi Editore Redemptor, libro che chiude questa magnifica dilogia di successo.

Imperatrice e Sovrana Redentrice: la lotta di Tarisai

“Voglio vivere perché la vita…merita di essere vissuta. Perché, fino a quando sarà possibile immaginare un mondo migliore, dovremmo restare vivi per vederlo.”

Raybearer” ci aveva conquistato con la storia di Tarisai, una dei dodici Unti del concilio del principe ereditario Ekundayo, successore al trono dell’Impero Arit. Tarisai cresce nel lussureggiante regno di Swana, in completo isolamento nella dimora della madre Lady, una donna potente e temuta, per poi partecipare al torneo che la porterà a legarsi al Concilio del Raggio del principe. Redemptor riprende la storia esattamente là dove si era interrotta, con Tarisai divisa dalle responsabilità di essere al contempo Imperatrice e l’ultima Redentrice da sacrificare agli abiku, spiriti dell’Oltretomba, per porre finire al sacrificio dei bambini di Songland. Tarisai ha due anni per ungere il proprio Concilio del Raggio prima della sua discesa negli Inferi.

In un regno sempre più instabile in cui le ingiustizie non trovano pace, e in cui le rivolte dei poveri, guidate da un personaggio misterioso chiamato “il Coccodrillo”, minacciano di distruggere il sistema nobiliare dalle fondamenta, Tarisai si sente sola nonostante l’amore dei suoi fratelli e delle sue sorelle di concilio. Chi prima, chi dopo, tutti lasciano la capitale per tornare nei propri regni per proteggerli dalla minaccia degli abiku, i quali hanno in serbo mille stratagemmi per spingere Tarisai ad affrontare il prima possibile la discesa negli Inferi e rinunciare del tutto alla sua vita. Oppressa dal senso di colpa e da visioni di fantasmi e demoni, Tarisai si isola sempre di più, tormentata dalla necessità di poter fare di più, sempre di più. Fino a quando non riuscirà a farsi amare dai re e dalle regine dei regni Arit, Tarisai è determinata a restituire potere e voce ai più deboli.

Lutto e senso di colpa, diversità e disabilità: i temi cardine della dilogia di Jordan Ifueko

Non confondere il senso di colpa con la convinzione. Il senso di colpa è egocentrico e conduce soltanto all’ossessione distruttiva. Mentre la convinzione apporta equilibrio, il senso di uno scopo al di là di se stessi.”

È chiaro fin da subito che il cuore pulsante di questo volume conclusivo è il viaggio di Tarisai nei meandri più oscuri della sua mente. Quelli in cui non si sente degna di essere Signora del Raggio; in cui non ha fatto di più per salvare i bambini redentori venuti prima di lei; in cui il suo struggersi per una madre che non è stata ciò di cui lei aveva bisogno ha portato alla morte di tante persone. Nessuna persona da sola, seppur sacrificandosi, può porre rimedio alla morte di migliaia di bambini o allo sfruttamento dei poveri da parte della nobiltà. Ma Tarisai sente, manipolata dagli abiku, di avere il dovere di farlo. Anche se significa affrontare le tredici Morti e non tornare dai propri cari.

“Se una persona riesca a capire l’altra completamente – dal suo dolore più profondo al suo pensiero più fugace – penso che non possano fare a meno di amarsi. […] Quando accogli la storia di un altro come fosse la tua, non è diverso dall’amare te stesso.”

L’amore è sempre stato il filo conduttore all’interno di questa serie, ma in Redemptor viene sviscerato e analizzato nelle sue molteplici sfaccettature. Ma cosa significa “amare” qualcuno? Quali parti di te dovresti mostrare per riuscire a conquistare un amore incondizionato? Di certo non la bambina che, trovandosi di fronte per la prima volta il suo principe, la persona che avrebbe dovuto proteggere per tutta la vita, sente il desiderio bruciante di ucciderlo. E sicuramente non la giovane donna che ha tradito una persona che aveva fiducia in lei pur di raccogliere quelle poche briciole di affetto che Lady le aveva promesso. Gli interrogativi di Tarisai sono un’ovvia risposta ai traumi vissuti ed è fin troppo semplice mettersi nei suoi panni.

“Non ti è dato scegliere il motivo per cui le persone ti amano. Ma quello che fai con l’amore che ricevi…ed è una scelta che fai tutti i giorni.”

Ifueko dimostra di comprendere che il percorso di guarigione non è una strada semplice e priva di ostacoli. E che quando una persona arriva ad amarne un’altra è proprio perché l’ha scelta nonostante i suoi lati oscuri.

Altri temi cardine del libro sono quelli della diversità e della disabilità, che l’autrice dimostra di saper trattare con estrema sensibilità. Per esempio, le conversazioni tra Tarisai e Dayo sulla genitorialità: Dayo non prova alcun piacere nel sesso, Tarisai non crede di desiderare dei figli. Ho trovato di una delicatezza disarmante la rappresentazione di alcuni personaggi caratterizzati da disabilità, come Da Seo, moglie della principessa Min Ja, che per salvare l’amata perse l’uso delle mani; oppure Adukeh, la giovane akorin di Tarisai, una ragazzina sanguemisto balbuziente donatale dai nobili per schernirla, che invece l’Imperatrice prende sotto la sua ala come fosse una figlia. In un’ultima battuta, un po’ sullo sfondo, la Ifueko inserisce anche il tema della lotta generazionale tra sovrani che non sono pronti a lasciare andare le vecchie tradizioni e una giovane Imperatrice decisa a fermare la ruota del sistema, con qualche conversazione dai toni femministi che, francamente, non guasta mai.

«E se mettono in giro la voce che sono una strega?»

«Sei una donna che governa alla pari con un uomo. Ti daranno sempre della strega.»

Naturalmente, non mancano i preziosi riferimenti al folklore delle terre dell’Africa Occidentale, tra lo svolazzare dei tessuti ricamati che ricordano le terre in cui l’Impero è suddiviso, le maschere, gli dei e gli abitanti dell’Oltremondo. La cultura, ma soprattutto il senso di appartenenza ad essa, rimane un tema imprenscindibile di questa serie.

Redemptor è un libro impossibile da mettere giù

Spesso, soprattutto quando si tratta di serie fantasy, esiste una cosa chiamata “sindrome da secondo libro”, che si presenta quando questo non supera le aspettative che la lettura del primo volume aveva creato. Ecco, non è sicuramente il caso di RedemptorSe Raybearer mi aveva inizialmente conquistato con una prosa evocativa e poetica,  mentre l’interesse per la storia è nato più gradualmente, Redemptor è stato fin da subito impossibile da mettere giù proprio per la storia, che si è arricchita di una moltitudine di nuovi personaggi, seppure la maggior parte di essi non svolga un ruolo attivo nella narrazione e si perda un po’ nel dimenticatoio. I personaggi più presenti accanto a Tarisai sono Dayo e Sanjeet, che abbiamo imparato ad amare già in Raybearer, mentre tra i nuovi spicca tra tutti la principessa Min Ja di Songland, verso la quale Tarisai prova al contempo timore e profonda ammirazione.

Seppur la parte finale cada un po’ nel tranello della risoluzione fin troppo semplice, il libro è disseminato di colpi di scena e ti tiene con il fiato sospeso fino all’ultimo. Nonostante con Redemptor la storia di Tarisai abbia trovato una giusta conclusione, non nego che vorrei ci fosse un terzo libro in cantiere, perché mi sono affezionata parecchio al mondo di Ifueko e spero che in futuro decida di esplorarlo ancora. In attesa che Netflix si decida a passare alla fase di pre-produzione della serie, vi consigliamo fortemente di recuperare questa dilogia fantasy perché ne vale assolutamente la pena.

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