Poster Girl, il ruggente ritorno di Veronica Roth
Nel 2011, più di dieci anni fa, Veronica Roth scrisse la saga di Divergent, un distopico Young Adult (nato quando ancora questa larga divisione tra libri per ragazzi e libri per adulti non era così marcata) che è presto diventato un best seller mondiale. Con la storia di Tris e Quattro, Veronica Roth è andata a fare compagnia a Suzanne Collins, Cassandra Clare e Stephenie Meyer in quell’olimpo letterario che dal 2005 al 2015 ha tirato fuori dal cilindro tantissime saghe per giovani adulti (e non solo) con cui la sottoscritta è cresciuta negli anni di medie e scuole superiori. Trascinando la saga di Divergent fino al 2014, con l’uscita di uno spin off incentrato sul personaggio di Quattro, Veronica Roth ha poi dato alle librerie altri lavori, come I predestinati (2016) e La profezia dei prescelti (2020), che, tuttavia, non si sono minimamente avvicinati al clamore che fece la sua saga d’esordio. Nel 2023 Mondadori ha portato in Italia l’ultimo lavoro dell’autrice, Poster Girl, un altro distopico che si sta facendo vedere parecchio sui social: forse non raggiungerà la portata mediatica di Divergent, ma come libro Poster Girl ha effettivamente valore?
Ringrazio Mondadori per avermi permesso di leggere il libro in anteprima e Evaluna (@unalibraiaincorsia) per aver organizzato il Review Party di cui questa recensione fa parte.
Poster Girl, un distopico concreto e ritmato
Sonya è stata rinchiusa nell’Apertura, insieme a tanti altri traditori, una volta che la Delegazione è caduta per mano di un gruppo di insorti, i quali hanno dato vita ad un nuovo governo, il Triunvirato, ponendo fine ad un’epoca in cui ogni comportamento umano era severamente controllato e giudicato. La caduta della dittatura morale della Delegazione ha fatto molti prigionieri e Sonya è una di loro: figlia di un’importante famiglia amica della Delegazione, Sonya ha prestato il suo volto per una campagna propagandistica che l’ha resa ostile al Triunvirato e a tutte quelle persone che si sono ribellate al controllo della Delegazione. La sua vita sembra destinata alla costrizione eterna all’interno di una prigione-quartiere dove il cibo scarseggia e dove non esistono regole, finché non le viene offerta una possibilità. Alexander Price, controverso amico di famiglia e ora impiegato presso gli uffici del Triunvirato, bussa alla porta di Sonya e le chiede di trovare una ragazza scomparsa. Se riuscirà a riportare la giovane donna alla sua famiglia, Sonya sarà libera. Ma una missione apparentemente impossibile per una ragazza che non vede il “nuovo mondo” da più di dieci anni si rivelerà un’occasione per indagare su misteri e bugie che Sonya non si sarebbe mai immaginata. Tra inganni, nemici, amici inaspettati e rivelazioni, Sonya riuscirà a tornare libera? Riuscirà a trovare una ragazza scomparsa da più di un decennio? Ma soprattutto, riuscirà a scendere a patti con il suo passato?
“Solo perché non stai commettendo un crimine ora, andando dove vai, vedendo chi vedi, non significa che un altro governo, un altro gruppo di persone con un’altra serie di priorità, non verrà a chiamarti criminale, un giorno.”
Un mistery distopico che ci racconta il potere della menzogna
Avendo letto Divergent, conosco la familiarità di Veronica Roth con il genere della distopia. Genere che l’autrice fa navigare quasi sempre in una direzione etico-morale molto interessante. In Divergent veniva indagata una società all’interno della quale ogni persona aveva un definito ruolo all’interno della comunità, in cui una personalità poliedrica non era ammessa perché distaccata da uno schema che imponeva al singolo di avere solo limitate caratteristiche. In Poster Girl vediamo invece un mondo futuristico in cui per anni le persone hanno convissuto con un Impianto incastonato nel loro cervello che premiava o puniva, tramite l’assegnazione di un punteggio, qualsiasi azione compiessero. Attraversare sulle strisce: 10 punti. Fischiettare in metro: meno 10 punti. All’interno di questo sistema valutativo, le persone pian piano hanno dimenticato quali sono i loro desideri e quali quelli che la Delegazione impone loro di avere.
Con una certa organizzazione strutturale, Veronica Roth in Poster Girl riesce a mettere perfettamente a fuoco questi dilemmi morali, i quali conducono il lettore o la lettrice attraverso un labirinto di considerazioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. All’interno del romanzo, nonostante non ci venga mostrato nulla della Delegazione, organo governativo che ormai non esiste più, capiamo perfettamente le differenze tra una forma di potere precedente, schietta nella sua brutalità, e una forma di governo presente, ipocrita e apparentemente liberatoria. Poster Girl assume quindi l’aspetto di un libro strutturato su più livelli di approfondimento psicologico: può essere letto come un mystery ambientato in un mondo futuro, dove la protagonista ha a che fare con un’indagine; oppure può essere letto come un libro di fantascienza dalle tinte introspettive. Sta al lettore o alla lettrice spingersi in fondo, fino a scovare il più alto numero di domande da porsi sul tipo di mondo che vediamo rappresentato.
Una scrittura che fatica ad ingranare
Poster Girl inizialmente faceva fatica a farsi leggere: già all’interno della saga di Divergent avevo notato, al tempo, dei problemi nella scrittura di Roth che mi portavano ad arrancare con la lettura. Mentre nel primo libro di Divergent avevo percepito che la trama scorresse velocemente, per poi subire un assestamento alla fine del secondo volume e all’inizio del terzo, in Poster Girl l’effetto è stato l’opposto: il romanzo fatica ad ingranare, per poi riprendersi man mano che la trama prosegue. In un romanzo decisamente più breve di Divergent, Veronica Roth riesce a gestire meglio una trama ben definita, che ha un inizio e una fine, nonostante lasci qui e là spunti per ipotetici spin off. Grazie alla brevità del romanzo mi sono anche potuta rendere conto della caratteristica narrativa propria dell’autrice che mi ha fatto in più punti faticare con la lettura: nonostante io ami i libri descrittivi, Veronica Roth tende a riempire i capitoli iniziali di Poster Girl con descrizioni passive, che non tolgono né danno nulla alla trama o alla costruzione di un world building. Si tratta di momenti morti che annoiano l’occhio, ma che dopo qualche capitolo tendono a diminuire drasticamente, sostituiti dal susseguirsi ritmato della trama.
Poster Girl è un libro che consiglierei?
Nonostante qualche piccola defaillance iniziale, Poster Girl è un romanzo che mi ha intrattenuta con una trama abbastanza originale e ritmata e che mi ha reso possibile un ragionamento approfondito su questioni morali che il libro affronta in maniera ben strutturata. Non è certamente un capolavoro del genere, ma se siete appassionati di distopia e vi va di intrattenervi con un libro breve, dinamico e nel suo insieme ben riuscito, Poster Girl è quello che fa per voi. L’unica pecca che mi sento di sottolineare per quanto riguarda l’assetto della trama è che Roth avrebbe potuto rendere gli avvenimenti legati alla missione di Sonya più eclatanti, più coinvolgenti da un punto di vista generale. La missione di Sonya intrattiene e ti spinge a continuare, ma purtroppo non ti lascia mai davvero con il fiato sospeso, né ci sono plot twist che ti fanno saltare dalla sedia. Forse, in questo senso, si poteva fare di più. Ma Poster Girl resta un romanzo assolutamente piacevole e una bella scoperta per chi non ha mai letto nulla della sua storica autrice.