L’Occhio del Gufo di Andrea Butini, la recensione
L’Occhio del Gufo, pubblicato da Mondadori nella collana Oscar Vault il 10 ottobre 2023, è il primo capitolo della trilogia d’esordio di Andrea Butini, la Trilogia del Sole Pallido. Tra sangue, sbudellamenti e colpi di spada, Butini ci trascina in un mondo dark fantasy (non sai cos’è il dark fantasy? Dai un’occhiata alla nostra Bussola Letteraria!) dove la morte è sempre dietro l’angolo e la speranza è difficile da trovare. Le streghe di questo blog hanno avuto l’occasione di leggere il primo romanzo della trilogia durante il mese di aprile con il gruppo di lettura ufficiale di Strega in Biblioteca “Letture della Congrega”: unisciti a noi per le prossime letture!
L'occhio del Gufo: la trama di un dark fantasy in piena regola!
Rokthan è un misero villaggio sui monti, immerso nelle foreste, isolato dai
grandi centri abitati. Ma sotto le fronde degli alberi qualcosa di malvagio si
sta muovendo: gli animali hanno iniziato a sparire e diventa sempre più
difficile per il cacciatore Sorin trovare delle prede. Una preoccupazione più
grande però grava su di lui: da qualche tempo suo figlio Jas è preda di crisi
di violenza, durante le quali attacca le persone che lo circondano indiscriminatamente. Come se non bastasse, una serie di omicidi colpisce il borgo, tutti collegati alla comparsa di un vecchio che si fa chiamare il Maestro. Il capitano Swain è costretto a chiedere l’aiuto di Neth Roven, il conciliatore locale, un uomo ormai al limite, che dopo la morte della moglie ha cercato più volte di
suicidarsi. Dalla capitale Vanhorn intanto stanno arrivando le truppe dei pacificatori, guidate dalla algida Shai Thu’Rei, membro delle Casate mandata alla ricerca di un prezioso manufatto, l’Occhio del Gufo.
La terra puzza di sangue.
Marciamo in ranghi ridotti, stremati e feriti, verso l’ennesima battaglia.
Mi chiedo quale sia lo scopo di questa guerra.
Va avanti da troppo tempo, per rammentarlo.
Forse neppure gli uomini che uccideremo domani sapranno perché sono morti.
Tra uno stile di scrittura originale e una narrazione multi-pov
La narrazione corale di L’Occhio del Gufo salta da un passato pieno di sangue e morte, descritto da enigmatiche frasi di un narratore che non conosciamo, a un
presente altrettanto oscuro e senza speranza. Perché il mondo descritto da Butini è sporco, marcio, dove la pietà non trova spazio. Fin dal primo capitolo, ambientato in una squallida locanda, capiamo che la sopraffazione e la violenza sono le forze trainanti della storia, storia in cui soltanto i più forti possono cavarsela.
I POV (punti di vista) alternati tra i vari personaggi ci permettono di entrare meglio nella mente di ognuno dei protagonisti, capire le loro motivazioni, i loro dubbi. Quelli di L’Occhio del Gufo sono personaggi grigi, non mossi da grandi ideali di giustizia, ma dalle loro personalissime ragioni: Sorin vuole trovare una spiegazione alla malattia del figlio, Shai Thu’Rei riscattarsi agli occhi del padre e salire nei ranghi delle Casate. Ognuno di loro è mosso da una ragione personale, ma Butini riesce a gestire bene l’intreccio e, nell’arco di una sola giornata, riesce a far convergere tutte queste linee narrative.
Un sistema magico accattivante
Il punto di forza di questa trilogia è il sistema magico: Rokthan è un villaggio come tanti, dove la magia non ha spazio nelle vite delle persone, se non nel credo del Cerchio di Luce, una sorta di paradiso/ricompensa nell’aldilà. La
deleomanzia, una dote innata riservata solo ai membri delle Casate, è una
magia che richiede un costo non indifferente a chi la pratica: per utilizzarla
bisogna rinunciare a qualcosa, per avere in cambio un potenziamento delle proprie capacità fisiche. Una magia non banale, che rimane avvolta nel mistero, perché, almeno nel primo volume, non ci viene esattamente spiegato che cosa è necessario sacrificare per padroneggiarla.
Il worldbuilding è costruito con cura: abbiamo il villaggio, abbiamo la
foresta, una capitale lontana… ma l’autore non si perde in lunghe spiegazioni. Butini ti fa sentire Rokthan, ti fa sentire i suoi vicoli bui, la locanda, le case abbandonate. La foresta è viva, palpita e hai la sensazione che qualcosa ti stia spiando da sotto le fronde. Vengono accennati paesi remoti, ognuno con le proprie caratteristiche, come i caldi deserti degli Oasaar, le paludi del mhawashi, le gelide piane dove abitano le terribili guerrriere khyuuti: un mondo vasto al di là dei confini del villaggio, che ci viene mostrato attraverso i dialoghi tra i personaggi, soprattutto grazie alla donne al seguito di Shai.
La cura dello stile di scrittura di Andrea Butini
Lo stile di scrittura di Andrea Butini è pulito, anche se in alcuni punti pecca di ridondanza, con lunghe descrizioni che rallentano il ritmo della narrazione. Aggiunge a volte troppi dettagli: i personaggi in alcuni momenti non sono mai fermi, sono presi da continui tic, muovono le mani, alzano le spalle. Un
movimento continuo che può risultare pesante. Ma nel complesso Butini scrive con cura e dovizia di particolari: le descrizioni delle scene di lotta sono ben organizzate, il combattimento è dinamico senza essere caotico e il passaggio di prospettiva da un personaggio all’altro è sempre netto e particolareggiato, fornendo al lettore un panel di caratteri e personalità iper-riconoscibili.
Vale la pena iniziare la Trilogia del Sole Pallido?
Insomma, L’Occhio del Gufo è un ottimo esordio, e finalmente anche
nella scena italiana il dark fantasy non è più relegato a una scena minore,
ma sta acquistando una spazio sempre più ampio. Andrea Butini ha la
capacità di conquistare i propri lettori, trascinarli in un mondo pieno di
malvagità e morte, da dove forse non vorresti davvero uscire.