Le streghe di Eastwick di Updike è un libro femminista?
Leggere un romanzo pubblicato anni fa con gli occhi di oggi non è sempre il modo migliore per approcciarsi a un’opera: non lo è quando leggiamo i gialli di Agatha Christie (attiva tra gli anni ’20 e i ‘70) e li attacchiamo definendoli razzisti; non lo è quando leggiamo Roald Dahl (attivo dagli anni ’40 ai ‘90) e tacciamo i suoi libri come politicamente scorretti e non adatti alla sensibilità odierna. I
gusti personali sono legittimi ma leggere un romanzo datato e pretendere che in esso siano espressi i valori in cui crediamo oggi ci impedisce di cogliere fino in fondo le sfumature di cui ogni opera è piena.
La lettura di Le Streghe di Eastwick di John Updike, ripubblicato di recente da Sur Edizioni, mi ha portata ad applicare ancora una volta questa contestualizzazione letteraria in quanto il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1984 negli Stati Uniti (l’autore aveva 52 anni), viene considerato dai più come un ottimo esempio di satira femminista, ma sarà davvero così? Questo libro degli anni ’80 è davvero considerabile “femminista”?
La trama del romanzo di Updike
Prima di tutto è doveroso illustrare la trama del romanzo: (presa dal sito di Sur Edizioni) Alexandra, Jane e Sukie sono tre donne divorziate che vivono nella letargica e puritana cittadina di Eastwick. Un normalissimo gruppo di amiche single che si riuniscono il giovedì sera per spettegolare, se non fosse che, da quando si sono liberate dei loro mariti, sono visitate da poteri soprannaturali.
Nulla più che fluttuare in aria, leggere nel pensiero, o evocare un temporale. Sarà l’incontro con l’eccentrico milionario Darryl Van Horne, uomo dai modi volgari ma perversamente magnetico, a scatenare tutta la magia delle tre streghe, innescando una spirale di desiderio, tradimento e vendetta che seminerà lo scompiglio tra i benpensanti di Eastwick. Dal romanzo è stato tratto anche un film con protagoniste Cher, Susan Sarandon e Michelle Pfeiffer.
Le Streghe di Eastwick e la critica alla società borghese delle periferie americane
“Sacrificavano, tutti quanti, il mondo esterno a quello interiore, dichiarando con quella scelta che ogni cosa all’apparenza solida e sostanziale in realtà non era che un sogno, meno importante di una misericordiosa ondata di sensazioni.”
I temi del romanzo sono tanti così come i suoi personaggi: tra tutti spicca la critica alla società borghese perbenista delle cittadine di periferia americane, luoghi costituiti da comunità immobili che, nel bel mezzo di un periodo tumultuoso per le rivendicazioni sociali, si ostinano a restare pietrificate
nel tempo; le tre donne protagoniste della storia vengono guardate con diffidenza dalla città e addirittura additate come streghe, questo perché il loro status di donne divorziate e sessualmente libere le fa apparire agli occhi dei cittadini bigotti come esempi viventi della degenerazione dei costumi. Alexandra, Jane e Sukie hanno personalità distinte ma un filo rosso le tiene
indissolubilmente legate, la loro sorellanza le aiuta a gestire i problemi della vita quotidiana: dopo il divorzio scoprono di possedere poteri magici che durante il matrimonio erano sopiti e si risvegliano una volta che inizia il loro viaggio verso la liberazione dalle costrizioni sociali, i quali le obbligavano ad essere mogli e madri ubbidienti. I giovedì in cui si riuniscono non sembrano niente più di semplici incontri tra amiche ma, in realtà, sono dei sabba in cui entrano in contatto con le loro energie interiori e stringono legami emotivi, come delle vere streghe, epiteto che rivendicano con orgoglio essendo consapevoli del loro potere. Il libro è pieno di “magia femminile”, i poteri delle protagoniste sono
direttamente generati dal loro essere donne consapevoli di dover vivere in un mondo misogino.
Oltre alla critica feroce al bigottismo e alla denuncia alla misoginia, un’altra tematica fondamentale del romanzo è la critica alla manipolazione dell’uomo ai danni delle donne, una manipolazione sottile ma estremamente violenta incarnata dall’unico personaggio maschile attivo di tutta la vicenda: Van Horne è un uomo che Updike presenta come grezzo e quasi disgustoso, tuttavia incanta le protagoniste con parole ampollose e un innaturale carisma. Questo personaggio viscido e meschino in un primo momento sembra essere l’ennesimo strumento delle streghe per il raggiungimento della totale
emancipazione, ma si rivela in ultima istanza una figura maligna, luciferina, desideroso di mettere le tre streghe una contro l’altra e, soprattutto, contro le altre donne della comunità. L’obbiettivo di Van Horne è quello di gestire queste donne e i loro poteri e, per ottenere la loro venerazione, attua atteggiamenti manipolatori che spingono loro a superare i propri limiti: la seduzione dell’uomo porta le streghe ad abbandonarsi a lui e questa continua ricerca del piacere carnale senza freni aumenta l’intensità dei loro poteri ma le rende diffidenti l’una dall’altra, oltre che feroci e vendicative nei confronti delle altre donne della cittadina dalle quali vengono vessate continuamente. Van Horne è l’unico uomo che agisce attivamente nella narrazione, tutti gli altri sono pupazzi in mano alle
protagoniste che più acquisiscono potere più desiderano usarlo per soddisfare i propri desideri.
“Le tre donne […] condividevano silenziosamente la sorellanza di dolore che veniva dall’essere le amanti di quell’uomo oscuro.”
I lati oscuri del potere: donne forti, potenti e malefiche
Il romanzo di John Updike viene associato spesso a ideali femministi che guardano all’empowerment femminile nel senso più spietato del termine: il potere delle donne è legato a doppio filo con la sfera sessuale e con la piena soddisfazione del desiderio; tale potere non è solo magnifico, è anche
estremamente oscuro. Le protagoniste di Le streghe di Eastwick non sono esempi di virtù, sono donne controverse che prendono decisioni mosse dall’istinto: Alexandra, Jane e Sukie ottengono il potere di controllare le azioni degli uomini che seducono e attuano piccole vendette ai danni delle donne della
città, ma le loro azioni diventano via via sempre più crudeli. L’influenza di Van Horne sulle protagoniste le spinge a compiere azioni estreme e incantesimi malvagi senza pensare alle conseguenze, la manipolazione dell’uomo le trascina nella gelosia e nel sospetto e questo indebolisce il loro legame.
“La perfidia era come il cibo: una volta iniziato era difficile fermarsi, lo stomaco si espandeva e ne voleva sempre di più.”
Il romanzo è provocatorio per stessa ammissione dell’autore: Updike, già famoso all’epoca negli Stati Uniti, lo scrisse a seguito di varie critiche che gli vennero mosse per il suo modo di scrivere i personaggi femminili, così pubblicò Le streghe di Eastwick, in cui il punto di vista è quello femminile e tutta l’attenzione si concentra sulle donne. Al tempo riscosse molto successo ma non mancarono le opinioni discordanti: da un lato c’era chi lo elogiava come un romanzo sul potere femminile, dall’altro venne criticato come l’ennesimo libro su donne a cui serve un uomo per diventare più potenti. Il romanzo parla di donne in modo provocatorio e controverso, presentandoci personaggi femminili
scomodi che non ricercano la nostra approvazione né quella della società, ma agiscono senza filtri. In questo romanzo non ci sono donne sottomesse, al contrario sono senza limiti: ninfomani, superficiali in alcuni casi, interessate al piacere in tutti i contesti, e il fattore “Van Horne”, l’agente del caos nella loro tranquillità, le stuzzica, le seduce e le assuefà come una droga, un’ossessione che quando arriva al suo apice le porta alla malvagità.
Di quale femminismo si ammanta Le Streghe di Eastwick di John Updike?
È importante ricordare che il femminismo è un movimento in divenire che non ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Di anno in anno e da un’epoca all’altra è mutato, ha attraversato ad oggi quattro ondate significative che hanno permesso la sua evoluzione, così è passato dall’essere un movimento chiuso destinato solo a una piccola categoria di donne (bianche, benestanti, occidentali) a raggiungere, ai giorni nostri, la sua forma più inclusiva: il femminismo della quarta ondata viene anche chiamato “femminismo intersezionale” in quanto include nella lotta per i diritti delle donne
anche le rivendicazioni delle persone discriminate in base all’etnia e all’orientamento sessuale, e l’attivismo si è spostato anche sui social per diffondere consapevolezza
Negli anni ’80 ci si avviava verso la conclusione della seconda ondata femminista, periodo di grandi vittorie per i diritti delle donne tra cui ricordiamo la sentenza Roe vs. Wade, sentenza storica che ha garantito il diritto all’aborto su tutto il territorio americano. Tra le battaglie di questa ondata si ricorda quella per la contraccezione e per i diritti riproduttivi così come quella per liberare la donna dal suo ruolo sociale di moglie e madre, ma una delle battaglie più sentite e ricordate in quanto estremamente pop è quella per la liberazione sessuale, una delle tematiche centrali del romanzo di Updike. Il romanzo fornisce coordinate precise sul contesto in cui si colloca la vicenda: si tratta di un contesto
borghese, bianco e provinciale, un ambiente bigotto e profondamente ipocrita, e in quanto parti integranti di questo contesto le nostre protagoniste non potranno mai distaccarsene completamente, per quanto possano emanciparsi come donne.
Raccontare le streghe, anche quelle cattive
Il romanzo di Updike cerca di rappresentare una – piccola – parte dell’universo femminile. Quello che non vuole fare è essere un trattato sul femminismo, né un manifesto femminista sulla liberazione delle donne. Tuttavia contiene molti elementi e ideali che possono essere ricondotti a un periodo in cui il
movimento per i diritti delle donne affrontava questioni diverse da quelle odierne, ma senza le quali oggi molti diritti non sarebbero stati ottenuti.
Oggi non si leggono spesso le avventure di protagoniste controverse come Alexandra, Jane e Sukie, questo perché si tende a preferire eroine più “comode” che vendono più facilmente nel mercato editoriale; eppure far finta che tutte le donne siano intrinsecamente buone e agiscano nel nome di ideali più alti ci fornisce un quadro edulcorato della realtà. Essere femminista e credere nei pari diritti non significa credere che le donne non commettano sbagli, piuttosto bisognerebbe ricordare che tutte le persone sono complesse e, com’è giusto scrivere le storie delle streghe buone, è doveroso raccontare anche le ombre delle streghe cattive.
Complimenti Animainrivolta, come al solito nelle tue recensioni dai ai personaggi una vita propria e colori le tue trame stimolando curiosità e interesse