Lavinia di Ursula K. Le Guin, la recensione
Vincitrice di cinque premi Hugo, sei premi Nebula, e, fra gli altri, del National Book Award, il più prestigioso riconoscimento dell’editoria statunitense, Ursula K. Le Guin è una delle autrici più prestigiose della narrativa contemporanea e di certo non ha bisogno di particolari presentazioni. Nel 2003 è stata infatti insignita del titolo di Grand Master, riconoscimento in precedenza assegnato ad autori come Isaac Asimov. Le Guin si è distinta in particolare nel campo della narrativa fantascientifica, con romanzi quali La mano sinistra del buio, che racconta di un pianeta in cui gli abitanti assumono caratteristiche di entrambi i sessi nei periodi riproduttivi, e I reietti dell’altro pianeta.
Il 7 novembre del 2023 Oscar Vault ha regalato ai suoi lettori Lavinia, romanzo in cui l’autrice propone una rilettura in chiave femminista degli ultimi sei libri dell’Eneide virgiliana. Il libro ha ottenuto fin da subito un enorme successo di pubblico e di critica, tanto da vincere il Premio Locus nel 2009.
“Sono un puntino di luce sulla superficie del mare, il bagliore fioco della stella della sera. Vivo e fremo. Sempre che io abbia mai vissuto; oppure sono un’ala silenziosa nel vento, una voce senza corpo nella selva Albunea.”
Lavinia: la leggendaria sposa di Enea
“Come Elena di Sparta, ho causato una guerra.”
Lavinia è l’unica figlia del re Latino. I suoi fratelli sono morti prematuramente, causando una profonda ferita che non si è mai completamente rimarginata. Con la madre ha un rapporto burrascoso che la porta spesso ad allontanarsi dalla Reggia per rifugiarsi nella selva Albunea, il luogo dove il padre si reca per consultare l’antico oracolo, compiere sacrifici agli dei e dove si dedica alla contemplazione. Per tutta la sua vita Lavinia ripercorrerà i passi che fin da bambina l’hanno condotta alla selva Albunea, l’unico luogo in cui non sente paura, ma solo conforto. Lavinia è destinata a diventare regina ed è corteggiata da molti pretendenti. Primo fra tutti Turno di Ardea, nipote della madre Amata.
Come Elena di Troia, ha causato una guerra. Ma mentre Elena l’ha causata abbandonando il marito per fuggire a Troia con il giovane principe Paride, Lavinia l’ha causata rifiutando qualsiasi pretendente per inseguire la strada tracciata per lei dagli dei. Lavinia è infatti destinata a diventare la moglie di Enea, giunto in Italia in cerca della terra promessa in cui fondare il suo regno.
"Non mi ha dato altro che un nome"
“Non mi ha permesso di dire una parola. Devo prendermela da sola. Mi ha dato una vita lunga, ma ristretta. Ho bisogno di spazio, ho bisogno di aria.”
In questo romanzo, Ursula K. Le Guin dà voce proprio all’ultima moglie del grande Enea, quella che, pur avendolo vissuto per soli tre anni, l’ha amato di un amore talmente struggente da sfidare tutto ciò che ha tentato di frapporsi tra lei e il suo destino. Nell’Eneide Lavinia non parla, è una mera comparsa in un mondo dove solo le gesta degli uomini vengono ricordate dai posteri. Ursula K. Le Guin le dona una voce che risuona potente nelle pagine che raccontano un mondo in cui i Penati, gli dei familiari e il focolare, regnano sovrani. Lavinia è una donna forte, profondamente legata alla sua terra e alle sue tradizioni, perfettamente cosciente dei doveri e delle aspettative che gravano sulle sue spalle. È proprio il fatto che la storia sia raccontata da lei in prima persona e che nel raccontarla si rivolga direttamente al lettore, come fosse un racconto sussurrato davanti al focolare, qualcosa di intimo da custodire, che conferisce a questa lettura tutta un’altra dimensione.
“So che non mi ha dato altro che gote rosse e poco carattere. So che ha raccontato che ho inveito e ho strappato i miei riccioli d’oro alla morte di mia madre. […] In verità non mi ha dato altro che un nome, e io l’ho riempito con me stessa.”
Lavinia parla con il poeta che le ha dato la vita, ma non la voce. Parlando con Virgilio, che le appare come una visione onirica, in uno stato in cui la sua anima si trova in una dimensione al confine tra la vita e la morte, Lavinia apprende ciò che il poeta le ha riservato. Guance da nubile, un silenzio che non viene mai infranto, capelli biondi, un matrimonio destinato a durare a malapena tre anni. Ma apprende anche che Virgilio il poema non l’ha mai terminato, o forse sì, e allora decide di riempire con un’intera vita un nome che altrimenti rimarrebbe tale.
“Eppure la mia parte, la vita che mi ha dato nel poema, è così noiosa, se non per quel momento in cui i miei capelli prendono fuoco, così priva di colori, se non quando le mie guance nubili si infiammano come avorio chiazzato di porpora, così convenzionale che non lo posso più tollerare.”
Meraviglioso momento simbolico quello in cui i suoi capelli prendono fuoco, le fiamme lambiscono tutto il suo corpo ma non la bruciano. Solo l’orlo della veste viene leggermente bruciacchiato, mentre sul capo è cinta da una corona di flebili fiamme. Lavinia sa perfettamente che sposerà Enea, sa che il suo regno durerà tre anni e sa che se sceglierà di andare incontro a questo destino la pace così faticosamente raggiunta sarà brutalmente interrotta dalla guerra. Lavinia sa cosa gli dei le hanno riservato e sceglie di andare incontro a questo suo destino, con la certezza di essere nel giusto. Il suo è un percorso travagliato che percorre con serenità, non senza toccare con mano il dolore promesso ma portandone il peso sulle spalle con grande dignità.
Perché leggere Lavinia
Per quanto il retelling mitologico sia diventato un genere molto popolare nel panorama letterario di questi ultimi anni, sorprendentemente non sono tanti i romanzi che riescono veramente a distinguersi. Con una scrittura tanto poetica quanto emozionante, Ursula K. Le Guin dipinge un quadro assai realistico di un mondo antico, quello che immediatamente precede la fondazione di Roma e in cui realtà e mito si intrecciano.
“«Hai un lato crudele, Lavinia»
«Non penso. Forse vorrei averlo. Forse avrò bisogno di essere crudele.»”
Nonostante nella postfazione l’autrice descriva questo romanzo come “un’offerta d’amore a Virgilio”, ciò che traspare è molto diverso. Le Guin non prende semplicemente la storia della Lavinia virgiliana e ci mette una pezza qua e là dove la storia manca di sviluppo. No: la riempie di significato, le dona una voce che sa farsi sentire al di sopra di quella degli uomini che hanno tentato di zittirla (Virgilio per primo), le dà una storia che mette in secondo piano quella del grande Enea. Lavinia ha amato Enea di un amore totalizzante, ma così come ha amato la sua terra e il suo popolo con lo stesso intenso sentimento in quanto figlia del re e figlia della selva sacra. La Lavinia di Ursula K. Le Guin ha finalmente una storia, una voce e un epilogo e un modo per raccontarlo. Se avete amato la Circe di Madeline Miller o la Amara del lupanare di Pompei di Elodie Harper, Lavinia è una lettura che saprà altrettanto conquistarvi.