La scuola per le buone madri: l’esordio di Jessamine Chan
Il 9 maggio è uscito in Italia, nella collana Oscar Fabula di Oscar Mondadori, che ringraziamo per la copia, La scuola per le buone madri (titolo originale, The School for Good Mothers), romanzo d’esordio di Jessamine Chan divenuto in poco tempo caso letterario a livello internazionale. Sulla scia del romanzo di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella, il successo ottenuto da La scuola per le buone madri è stato tale che, recentemente, Jessica Chastain ne ha acquisito i diritti per lavorare a una serie tv con la sua casa di produzione Freckle Films.
Se lo Stato valutasse la vostra condotta di madri, passereste il test?
“Una madre è sempre gentile. Una madre dà sempre. Una madre non cade mai a pezzi. Una madre è il cuscinetto tra suo figlio e il mondo crudele.”
Se lo Stato potesse valutare la vostra condotta di madri, passereste il test?
Frida ha avuto una brutta giornata, una di quelle giornate in cui niente sembra andare per il verso giusto, una brutta giornata tipo tra le brutte giornate che le madri single come lei conoscono fin troppo bene. Harriet, la sua bambina di poco più di un anno, ha deciso di non collaborare. Frida è stremata dalla mancanza di sonno, suo e di Harriet, da un lavoro che la logora mentalmente privandola di tempo ed energie, che non sembra valere tutti i sacrifici che lei e i suoi genitori hanno fatto, dalle incombenze che sono arrivate dopo che Gust, suo marito, l’ha lasciata per una ragazza molto più giovane di lei.
Frida ha solo bisogno di un caffè e di recuperare un fascicolo che ha dimenticato in ufficio. Forse ha bisogno di un po’ di sole sulla faccia, le braccia libere, la mente sgombra. Frida è andata a prendere quel caffè, ha recuperato il fascicolo. Sono passate due ore e mezzo da quando è uscita di casa senza Harriet, più che sufficienti perché il pianto della bambina allarmi i vicini, abbastanza perché il Tribunale della famiglia la accusi di negligenza e abbandono e la spedisca in una scuola di rieducazione genitoriale.
“Chi la proteggerà, adesso? Spera che il giudice del tribunale della famiglia abbia dei sentimenti, che il giudice, se non ha figli, abbia almeno un gatto o un cane, qualcosa con un’anima e un volto, che abbia provato amore incondizionato in vita sua, che sappia cos’è il rimpianto.”
Davanti alla prospettiva che venga loro tolta la potestà genitoriale, le madri devono dimostrare allo Stato di poter riscoprire il loro istinto materno, di poter essere ancora salvate.
“Sono una cattiva madre, ma sto imparando ad essere buona.”
La scuola per le buone madri: distopia e denuncia sociale
“Ciò che non riesce a spiegare, che non vuole ammettere, che non è sicura di ricordare bene, è il piacere improvviso che ha provato quando ha chiuso la porta ed è salita nella macchina che l’ha portata via dalla sua mente e dal suo corpo e dalla casa e dalla bambina.”
La scuola per le buone madri è un romanzo distopico che, con atteggiamento fortemente provocatorio e ironico, denuncia tutto l’insieme di aspettative che, da sempre, gravano sulla figura delle madri. Nell’immaginario collettivo, il concetto di madre è quello che forse si avvicina di più all’immagine del supereroe. Le “buone madri” sono esseri infallibili, instancabili quando si tratta di destreggiarsi tra la cura della casa, il lavoro, gli impegni scolastici, sportivi e sociali dei propri figli. Le “buone madri” sanno elencarti i nomi di tutte le maestre dei loro figli, quelli delle madri dei loro compagnetti, arrivano puntuali ai colloqui e si assicurano che i figli svolgano tutti i compiti. Ma soprattutto, una “buona madre” ha sempre saputo di volerlo essere, ha sempre sentito quel richiamo naturale che tutti conosciamo che “istinto materno” e riconosce da lontano chi, invece, fa eccezione.
“Pensava che diventare madre avrebbe significato entrare a far parte di una comunità, ma le madri che ha incontrato sono machine come sorelle di confraternite nuove di zecca, una squadra speciale autonomista che si attiene a una durissima linea materna”
Nell’universo narrativo creato da Jessamine Chan, quest’aura di perfezione, che aleggia sopra la figura delle madri come una pesantissima spada di Damocle, viene abbattuta. La scuola per buone madri dove Frida viene spedita senza troppe cerimonie pullula di madri che, come lei, hanno fallito agli occhi della società. Una madre ha sculacciato il proprio bambino al supermercato ed è stata denunciata dalla vicina di corsia. Una ragazza madre non ha saputo difendere il proprio figlio dalle violenze del suo fidanzato, un’altra lo ha lasciato chiuso in auto mentre faceva la spesa. Una madre chiudeva i suoi sei figli in un buco quando disubbidivano.
Nella scuola seguono sedute di psicoterapia, mentre i contatti con il mondo esterno, salvo qualche rara eccezione in cui viene loro permesso di telefonare i propri figli, sono proibiti. Niente cellulare, niente foto, niente telefonate ai genitori, qualunque relazione amorosa viene scoraggiata. Al fine di rieducarle, alle madri vengono assegnate delle bambole hi-tech dotate di un’intelligenza tale da renderle quasi del tutto identiche a dei bambini veri. I loro successi e i loro fallimenti determineranno la decisione finale del Tribunale in merito ai loro diritti genitoriali.
“La solitudine è una forma di narcisismo. Una madre che è in armonia con suo figlio, che comprende il suo posto nella vita del bambino e il suo ruolo nella società, non è mai sola. Quando si prende cura del proprio figlio tutti i suoi bisogni sono soddisfatti.”
La scuola per le buone madri mette su carta l’immagine distorta che abbiamo del ruolo di madre e pone al lettore una serie di domande. Perché pretendiamo così tanto dalle madri e invece ci accontentiamo del minimo indispensabile dai padri? Ci perdoneranno mai per gli errori commessi? Sarà un lavoro di anni o di tutta una vita? Se lo Stato ci mettesse sotto esame, quanti di noi passerebbero il test?
L’importanza della salute mentale nei neo-genitori: perché nessuno ne parla?
Ansia, stress e sensi di colpa, fino alla depressione post-partum: sono questi i fattori che più spesso si nascondo dietro un presunto atteggiamento negligente da parte di un genitore nei confronti del proprio figlio. Secondo la Maternal Mental Health Alliance (MMHA) , associazione no-profit britannica il cui focus sono le madri e il loro accesso alla salute mentale, 1 donna su 5 sviluppa un problema di salute mentale durante la gravidanza o durante i primi anni del bambino. Il rischio è aumentato durante la pandemia da SARS COVID 19.
Un dato che si conferma anche in Italia, dove la Fondazione ONDA (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna) osserva che tra il 50% e l’80% delle mamme soffre della cosiddetta “baby blues”, una forma depressione con sintomi lievi. Secondo i dati raccolti dal Ministero della Salute, il 7-12% delle donne soffre di depressione post-partum durante il primo anno di vita del bambino. I dati rischiano di aumentare a causa dell’assenza di una disponibilità economica tale da permette ai genitori di accedere alla terapia psicologica. In Italia, sono circa 3,5 milioni le persone con disturbi psichici diagnosticati che non possono fare ricorso alla terapia.
Un romanzo d’esordio da non perdere
La donna è sempre stata sotto i riflettori di una platea giudicante, ancora più spietata se la donna diventa madre o se, al contrario, decide di non diventarlo. La società riconosce il bagaglio di responsabilità che grava sulle spalle delle madri, addirittura pretende che se ne facciano carico da sole, ma non dà loro gli strumenti perché possano portare avanti questo compito in serenità. Lo stile di Jessamine Chan è uno stile asciutto, privo di esagerazioni, va dritto al punto toccando le corde giuste perché il lettore si ponga certe domande e provi a immaginarsi questo mondo non così dissimile da quello in cui viviamo, dopotutto. La scuola per le buone madri è un esordio letterario che non ha i sapori dell’esordio, ma che rivela una maturità linguistica e concettuale che sicuramente in futuro darà vita ad altri romanzi di successo.