La figlia del drago di ferro: la recensione
Una cosa si può dire con certezza dell’anno editoriale di Mercurio: è iniziato e finito con il botto. Da Maeve, la loro prima uscita, a La figlia del drago di ferro, il percorso tracciato dalle scelte della nuova casa editrice si è avventurato in misteri, occulto, weird, personaggi strani e voci incorporee. Libri insoliti e non compresi, scrittori emergenti o non più di primo pelo, la bussola Mercurio ha puntato ogni volta a un tesoro nascosto. Ognuno di essi ha fatto discutere, nessuno accolto in maniera unanime dallo stesso lato oscuro al quale sono rivolti questi libri.
Chiude il 2024 La figlia del drago di ferro di Michael Swanwick, precedentemente noto in Italia come Cuore d’Acciaio.
Un incubo steampunk e fantastico
“Sei pronto?” chiese Jane.
“Prima di esistere, ero pronto”.
“Allora andiamo.”
La ragazza del drago di ferro, Michael Westwick
La figlia del drago di ferro è un romanzo steamfantasy pubblicato per la prima volta nel 1993 negli Stati Uniti e in Italia con Fanucci Editore nel 1995. Parte della saga chiamata I draghi del ferro e del fuoco, è ambientato in un mondo distopico parallelo alla nostra Terra, dove creature di ogni tipo e folklore si incrociano in una società brutale e individualista. Dalle primissime pagine si capisce come questo libro sia nato come denuncia sociale: razzismo, turbocapitalismo, violenza e arrivismo sono i pilastri della vita che circonda Jane, la nostra protagonista. Non è un’eroina, non è una cattiva, è una vittima del sistema che non la riconosce come ingranaggio del proprio funzionamento:
Jane è umana, una changeling, finita per malvagità altrui in un mondo al quale non appartiene. E la sua sopravvivenza è dettata dalla legge di una giungla di ferro e cemento: divora, o vieni divorato. Il nostro primo sguardo sulla vita di Jane si apre su quella che è stata l’unica infanzia che ricorda: è una bambina lavoratrice, una schiava, in una fabbrica di draghi di ferro, gigantesche macchine da guerra senzienti.
La produzione è spinta al massimo, per una guerra costante contro l’ignoto: è più importante la distruzione che la vittoria su un nemico invisibile. La gabbia di Jane è abitata da altri bambini spaventati quanto crudeli, con sete di vendetta e libertà che li spinge ad azioni estreme. La debolezza di Jane è anche il suo asso nella manica: solo coloro con sangue umano nelle proprie vene possono essere i piloti dei Draghi. Una vita libera è a un battito di ali e un rombo di motore di distanza. Peccato che dall’altro lato del muro della fabbrica quella che l’attende è una serie di sfide, bruttezze e cattiverie senza fine. Una sfilza di sfortunati eventi che la segue nella sua migrazione alla ricerca di sé stessa, tra tradimenti e ingegni.
Jane non si troverà mai. Sarà guidata da persone sempre più onniscienti di lei, da una Dea che usa il destino come un flagello, un drago dipendente dalla sua collaborazione che la odia visceralmente tanto quanto la necessita. L’amore nella vita della ragazza è distorto, e dalle molte facce, ma pur sempre presente e schiacciante. Angosciante nella sua tossicità, è l’unica luce nel buio in cui la protagonista si scapicolla con le poche scelte che le vengono autonomamente lasciate fare. O quelle di cui le viene data l’impressione di poter ancora, in qualche modo, davvero influenzare.
Nichilismo ed esistenzialismo, un romanzo filosofico
“Che cosa significa tutto ciò?”
“È un rischio della professione”. La donna lucertola si strinse nelle spalle. Aveva il corpo pesante e i suoi movimenti erano fiacchi. “Si comincia leggendo libri, e si finisce per amarli”.
La ragazza del drago di ferro, Michael Westwick
Da Schopenhauer a Nietzsche, con una punta di Kierkegaard per la paranoia che circonda le scelte dei personaggi: un esistenzialismo nichilista è alla base del romanzo, a tratti imbeccante filosofia più che fantastico. Nonostante le lezioni (gratuite) di filosofia e i salti temporali e di scenografia continui, è una storia scorrevole. Anzi, vorticosamente galoppante, dove il lettore viene proiettato verso un climax che sembra continuamente imminente, una scalata senza tregua, verso una fine violenta che muore nel proprio trionfo (per restare nelle citazioni di un certo livello).
Una lettura indelebile
Come forse si sarà capito, è stata una delle mie letture preferite dell’ultimo periodo, se non dell’ultimo anno. Qualche critica si può comunque muovere: è un libro figlio del suo tempo. Questo significa che la rappresentazione femminile e del corpo della donna sono iper-sessualizzati. Si scorgono i profili di critica anche dietro questa componente della storia, ma non sufficientemente emergenti per rompere con quella che è una narrazione tipica degli anni ’90 da parte di un uomo. È inoltre un libro che parla di temi e “cose brutte”. Il linguaggio è brusco, spietato, non solo la pillola non viene indorata, ma viene fatta ingoiare a forza. Potrebbe dunque non essere adatto a tutti, ma sicuramente una lettura del genere lascia il segno.
Distopico, dirompente e attuale, La figlia del drago di ferro è un libro da scoprire, una scossa elettrica per superare il blocco del lettore o anche solo per aprire una finestra su una società gemella alla nostra, con quel fantastico che rende il mostruoso più digeribile. E io sono a mani giunte a chiedere il proseguimento, con la speranza che Mercurio ci porti anche I draghi di Babele.