La donna del tenente francese: un classico vittoriano postmoderno
Quando ho aperto La donna del tenente francese, due erano le cose che sapevo: che sarebbe stata la storia di un’amore tormentato, forse non corrisposto, e che avrebbe avuto molteplici finali, perlomeno due. Ignoravo chi fosse l’autore (John Fowles) e soprattutto quando l’avesse scritto (fine degli anni Sessanta). Poi, a nemmeno un quarto del libro, lo sbalordimento per la svolta metanarrativa. La donna del tenente francese mi si rivelava come candidato perfetto per Voci dalla letteratura, perché sotto una cassa toracica vittoriana batte un cuore innegabilmente novecentesco. Ma visto che Fowles ci tiene tanto a rompere le convenzioni, ho deciso che la sua Sarah Woodruff avrebbe seguito Eugénie Grandet. La donna del tenente francese è un classico che lotta per non esserlo e che lo è diventato proprio per questo.
Una trama da romanzo vittoriano
Lyme Regis, 1867. Un uomo e una donna si tengono stretti l’un l’altra mentre passeggiano ostacolati dal vento sotto l’occhio vigile di un osservatore invisibile. Poco lontano, alla punta estrema del frangiflutti, una figura nera se ne sta immobile nel caos della tempesta crescente. Le vesti le si agitano intorno indemoniate, ma rimane ferma immobile, gli occhi che scrutano l’orizzonte. La mettiamo a fuoco: è una donna; peggio, la punta di diamante che spacca Giano Bifronte, l’ago fisso di una bilancia impazzita. Già questo possiamo intuire dal modo in cui Sarah Woodruff si volta verso Charles (il giovane di cui sopra)… e non lo vede. Sarah non lo guarda, ma è come se lo avesse trapassato da parte e a parte.
Anche l’uomo dal telescopio sarebbe stato però completamente disorientato dall’altra figura presente su quel cupo molo ricurvo. Stava sulla punta estrema e sembrava appoggiarsi a una vecchia canna di cannone rivolta all’insù e utilizzata come bitta. I suoi vestiti erano neri. Il vento li agitava, ma la figura rimaneva immobile e continuava a guardare il mare, più come un vivente monumento agli annegati, come il personaggio di un mito, che come un appropriato frammento di una qualunque giornata in provincia.
La donna del tenente francese, John Fowles
Da questo incontro Charles Smithson ne esce impressionato, è vero, però fa presto a mettere da parte la fantomatica “donna del tenente francese”. D’altronde, si trova a Lyme Regis per stare accanto alla cara Ernestina, e darsi alla ricerca dei fossili di cui è tanto appassionato. Questo è quello che si ripete. Di Sarah, Charles non si libera e non vuole liberarsene, non dopo la visione di lei dormiente nella boscaglia di Ware Commons. Vederla così serena e libera, dalla cuffia come dai giudizi altrui, gli risveglia il ricordo di certe donne parigine. Il momento in cui gli occhi della “povera Tragedia”, di nuovo, lo trafiggono segna un prima e un dopo nella vita di Charles. Rappresentano l’inizio della fine, l’attimo “in cui si era perduta l’intera epoca vittoriana. E non è detto che avesse imboccato il sentiero sbagliato”.
Una coppia di giovani pieni di belle speranze, una cittadina sul mare bloccata nel tempo e nei pregiudizi, una fallen woman che minaccia la stabilità e la pace di entrambe, l’attaccamento al passato: nei primi capitoli della Donna del tenente francese c’è tutto ciò che abbiamo imparato ad associare all’età vittoriana. Bene, Fowles è qui per farvi cambiare idea.
Charles, gentiluomo in via d’estinzione
Fowles ci presenta Charles come futuro baronetto che campa di rendita, paleontologo per diletto, promesso sposo della figlia di un commerciante. È la perfetta incarnazione dell’uomo vittoriano per come lo conosciamo. In altre parole, un inconcludente che corteggia l’inettitudine. Prima di dedicarsi alla paleontologia, ha infatti cercato uno scopo nelle sale universitarie di Cambridge per poi rimbalzare dalla navata di una chiesa ai bordelli di Parigi. Una carriera in Parlamento era pure da escludersi, vista l’assenza di una reale passione politica. Il motivo della sua pigrizia? Il confronto con i grandi del passato da cui si sente schiacciato. Da qui alla paralisi il passo sarebbe stato breve se in lui non si fosse celato un potenziale dormiente di modernità, e la progressiva conoscenza di Sarah lo porta alla luce.
Per quasi tutti gli inglesi del suo tempo questa intuizione della vera natura di Sarah sarebbe stata repellente, e anche Charles ne fu vagamente disgustato, o almeno turbato; ma mentre quelli, per una di quelle terribili equazioni che si verificano per ordine del super-io, avrebbero considerato Sarah in certo qual modo responsabile di essere nata così come era, lui la pensava diversamente. E per questo possiamo ringraziare i suoi hobby scientifici. Il darwinismo, come avevano capito i suoi avversari più sagaci, apriva le cateratte a qualcosa di assai più grave di un’insidia alla versione biblica delle origini dell’uomo; le sue implicazioni più profonde portavano al determinismo e al comportamentismo, cioè a filosofie che riducono la moralità a ipocrisia e il dovere a un cappello di paglia nell’uragano.
La donna del tenente francese, John Fowles
Per rinascere come uomo moderno ed essere “il più adatto” a sopravvivere, come così spesso si definisce, Charles deve liberarsi dagli spettri degli antenati, combattere la tendenza della sua epoca a fossilizzarsi e abbracciare il disordine. Ci saranno occasioni in cui Charles prenderà a due mani il giogo della tradizione per spezzarlo, altri in cui rimpiangerà di non sentirne più al collo la confortante stretta. Gli costerà ciò che è più caro a un vittoriano, la sua respectability, ammettere di essere attratto da Sarah e dalla sua libertà contorta.
Fossili, questioni di classe e desideri repressi
John Fowles ha reso La donna del tenente francese lo specchio impietoso di un’epoca piena di contraddizioni e sull’orlo del precipizio evolutivo. Proprio in questo periodo, la superficie granitica della società vittoriana trema sotto le scosse delle prime lotte di classe e dell’ascesa della borghesia. Rimarcano i mutamenti in corso epigrafi tratte dal Capitale di Marx, ne incarnano le varie facce personaggi come Sam e Mary, domestici stanchi di essere “sottoposti di”, e come Ernestina, costretta nelle sue origini di figlia di commerciante. Fowles ci presenta la borghesia come una creatura curiosa, allo stesso tempo fiera e insoddisfatta di sé, sprezzante dell’aristocrazia, che la disprezza a sua volta, e invidiosa del suo prestigio.
Charles l’attiro a se e la baciò sulla fronte, ma non si lasciò ingannare. Una megera e una timida possono avere lo stesso aspetto, ma non sono la stessa cosa; benché egli non riuscisse a trovare la parola adatta per definire il modo in cui Ernestina aveva accolto quella scandalosa e sgradevole notizia, pensava a qualcosa come “indegno di una signora”. […] Forse era proprio questo il punto: essa non aveva compreso che un gentiluomo non avrebbe mai potuto manifestare la rabbia che lei gli attribuiva. In quei primi minuti c’era stato in Ernestina qualcosa che gli aveva ricordato anche troppo la figlia del mercante in tessuti; una persona che aveva avuto la peggio in un affare e non aveva quella imperturbabilità tradizionale, quel bell’atteggiamento dell’aristocratico che non permette ai contrattempi dell’esistenza di intaccare il suo consueto stile.
La donna del tenente francese, John Fowles
E poi c’è il sesso. Con La donna del tenente francese Fowles vuole dimostrare quanto la respectability fosse un concetto vuoto e profondamente ipocrita e come, per molti, fosse una conveniente facciata. Il rigore morale e l’austerità non erano che un diversivo dall’ossessione vittoriana per il sesso e la sessualità. A questo punto, dopo averne detto pesto e corna, Fowles ribalta il discorso sul proverbiale pudore vittoriano: e se il rifiuto della carne non fosse così negativo e servisse, piuttosto, ad accrescere il piacere? Anche riconoscendo che le cose stiano in questo modo, era “l’esercito di femmine ferite” che riempiva le città di provincia a pagare per “la purezza maschile universale”.
“Chi è Sarah? Da quali ombre proviene?”
Se Ernestina è l’Angel in the House, Sarah è la Fallen Woman da cui Charles deve essere salvato. Se Ernestina è il simbolo della verginità femminile idolatrata dal vittorianesimo, Sarah è quello della carne violata, del desiderio sporco e irrefrenabile (della rappresentazione della sessualità in letteratura ne abbiamo parlato in una puntata dedicata del nostro podcast). Perché credete che la chiamino “la donna (leggasi: puttana) del tenente francese”? Per una donna che si è data a un uomo al di fuori del matrimonio, la strada è quella dell’outcast sociale. Ed è qui che Sarah trova la sua libertà.
Fowles ci dice che due sono le disgrazie di Sarah: la prima è quel “cervello elettronico in cuore” che le permette di vedere le persone per come realmente sono; la seconda è la sua istruzione. Sarah è rimasta bloccata a metà in quel movimento ascensionale intrapreso da tanti della sua classe: troppo educata e raffinata per i suoi pari, troppo umile per essere considerata da chi le sta immediatamente sopra. Lei stessa riconosce di essere flagellata da desideri e aspirazioni che non dovrebbe avere. In questo scenario, l’unico modo che Sarah trova per essere libera è un’uscita brusca, disonorevole. Vuole che la società la rigetti, che la espella come si fa con una malattia. E Charles, diviso com’è fra carne e intelletto, dovere e ragione, non può che idolatrarla come si fa con una santa e cercare di raggiungerla nell’abisso in cui, sirena, vive.
«L’ho fatto per non poter più essere la stessa. L’ho fatto perché la gente dovesse additarmi, dovesse dire, oh ecco che passa la puttana del tenente francese, sì, diciamola questa parola. Perché sapessero che ho sofferto e soffro come tanti altri in ogni città e villaggio di questo paese. […] A volte ho quasi pietà per loro. Mi sembra di avere una libertà che esse non possono comprendere. Non c’è insulto né rimprovero che possa ancora toccarmi. Perché mi sono messa volontariamente oltre la loro portata. Non sono più nulla. Non sono quasi più umana. Sono la puttana del tenente francese.»
La donna del tenente francese, John Fowles
Cosa rimane della Donna del tenente francese?
Per rispondere alla domanda: un’opera che, con tutti i suoi limiti e tutte le contestualizzazioni del caso, ci consegna un enigma senza tempo. Con buona pace di Charles, è Sarah la protagonista del romanzo. È dedicato a lei il titolo, lei è il motore del cambiamento di Charles, rappresentante di un’intera epoca. Questo la mette al servizio della trama, certo, la rende uno strumento fatto e finito con un poco di coscienza. Ma non dimentichiamo che Sarah è sempre colta di spalle, indecifrabile, inconoscibile persino per il narratore, figurarsi per il resto dei personaggi. Raramente prende la parola, spesso viene narrata da altri, e li lascia fare perché non le interessa essere compresa, non deve esserlo. Voglio vedere in Sarah Woodruff una personaggia che buca la pagina, che cerca di sfuggire persino allo sguardo limitante del suo autore.
Siamo alla conclusione e io ho taciuto su un’aspetto centrale della Donna del tenente francese. Avevo qui pronte le mie citazioni, ben tre, per illustrare il carattere metanarrativo del romanzo. Avrei scritto di come Fowles (o l’autore-come-narratore) rompa la finzione narrativa con commenti anacronistici o incursioni nel futuro dei personaggi; del perché la libertà non sia un tema astratto ma costitutivo dello spazio narrativo. Ho deciso di non elaborare oltre. Non farò come Fowles, che offre ben tre finali fra cui scegliere. Che siate voi a scrivere il resto di questa recensione. Io mi congedo.