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Il Famiglio, la recensione dell’ultimo libro di Leigh Bardugo

Il Famiglio, la recensione dell’ultimo libro di Leigh Bardugo

Uscito l’11 giugno 2024 per Mondadori, Il Famiglio è l’ultima opera partorita dalla mente di Leigh Bardugo, autrice ormai consacrata nel panorama letterario fantasy grazie alle sue pubblicazioni di grandissimo successo. Nel 2012 usciva il primo romanzo della sua trilogia d’esodio Tenebre e Ossa, un fantasy Young Adult dalle tinte classiche che tuttavia ha saputo stupire e convincere molte lettrici e lettori di quegli anni, iniziando la saga del GrishaVerse. Da Tenebre e Ossa Netflix ha anche tratto una sfortunata serie TV, chiusa in due stagioni, che purtroppo ha deluso molto i fan: perciò approfitto dello spazio per suggerirvi, qualora la serie vi avesse bloccato da approcciare l’autrice dei romanzi, di non confondere la paglia con la seta. Perché stavolta c’è da dirlo: il prodotto letterario supera nettamente quello televisivo. 

La consacrazione arriva nel 2015 con l’uscita del primo volume della sua dilogia più fortunata, Sei di Corvi, ambientata nello stesso universo narrativo di Tenebre e Ossa ma distanziandovisi nettamente per temi e stile di scrittura. La storia di Kaz Brekker e dei Bastardi del Barile ha fatto centro, confermandosi come una delle dilogie per giovani adulti più intriganti e potenti scritte negli ultimi dieci anni. Tra una raccolta di racconti e la pubblicazione di una seconda dilogia sempre ambientata nel GrishaVerse, Bardugo si è poi gettata a capofitto nel progetto dedicato al personaggio di Alex Stern, una trilogia New Adult, di cui per ora abbiamo solo i primi due volumi, La nona casa e Hell Bent, ambientata in una Yale piena di segreti e misteri esoterici. Di La nona casa ne parliamo approfonditamente in una recensione che potete leggere cliccando qui e non potevamo non raccontarvi qualcosa anche sul suo proseguo: potete leggere la recensione di Hell Bent cliccando qui. 

L'arrivo super atteso di Il Famiglio

Il Famiglio, arrivato in Italia con la traduzione di Roberta Verde, è la sua ultima fatica: un romanzo stand alone ambientato nella Spagna a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Una storia d’amore, un romanzo storico e un fantasy al contempo, presentato in un evento organizzato da Mondadori per i fan italiani al Teatro Manzoni di Milano, durante il quale l’autrice ha anche rivelato che c’è la possibilità che vedremo la storia di Il Famiglio anche sul piccolo schermo. La sottoscritta ha avuto l’immenso piacere di parteciparvi e di ottenere così la sua copia autografata, letta in un un baleno per consegnarvi oggi una recensione pericolosa. Leigh Bardugo è, infatti, nell’Olimpo delle mie autrici preferite e il terrore di rimanere delusa dalla sua ultima pubblicazione era presente tanto quanto l’euforia di potermi beare di nuovo della sua penna. Dove mi avrà condotto, dunque, Il Famiglio? Tra le fauci della delusione o tra le calorose braccia dell’entusiasmo?

Di cosa parla Il Famiglio?

Luzia Cotato è una sguattera che serve in casa di Marius e Valentina Ordoño, membri ormai decaduti dell’alta società spagnola. Luzia all’apparenza è una ragazza scialba e silenziosa, ma il suo anonimato è perfetto come maschera per i suoi tanti segreti. Segreti che, se svelati, la porterebbero davanti alla Santa Inquisizione, che domina come uno spettro le menti terrorizzate degli spagnoli. Luzia è infatti una conversa, un’ebrea che si finge cattolica per non destare il sospetto del Tribunale. Orfana, ha come unica parente l’affascinante zia, amante di uomini potenti e pericolosi. Ed è solo con la donna che Luzia può parlare della sua vera fede e dell’altro segreto che si tiene stretto: la sua magia. Una magia domestica, banale, che l’aiuta ad accendere il fuoco e a far lievitare il pane, ma che, quando verrà scoperta dalla sua padrona, verrà sfruttata per attirare ospiti illustri in casa Ordoño. Valentina vorrebbe solo ospitare salotti eleganti e riconquistare un briciolo di considerazione, ma non sa che esibendo la sua sguattera darà inizio ad una catena di eventi che porteranno Luzia ad essere la candidata perfetta per un torneo indetto da Antonio Pérez, ex segretario di Filippo II pronto a tutto pur di riconquistare la fiducia del re, alla ricerca di persone in grado di compiere miracoli. 

Ma in una Spagna oppressa dal potere della Chiesa e dal fumo dei roghi quanto è labile il confine tra santità ed eresia? 

Le prese la mano nella sua. « Ho sbagliato quando ti ho detto di temere gli uomini e la loro ambizione » le mormorò nell’orecchio. « Non avere paura di niente, Luzia Cotado, e diventerai più grande di tutti loro. Ora canta per me».

Intrighi di corte e formule magiche che mescolano lingue, fedi e culture lontane. Una Spagna segnata dalla sconfitta dell’Invincibile Armada e dalla minaccia della Riforma Protestante. In Il Famiglio Leigh Bardugo dà sfogo alla sua immensa passione per la Storia, dipingendo un quadro rinascimentale in cui la grande Madrid e l’oscura Toledo si intrecciano alle piccole vite di sguattere e famiglie disgraziate. A coronare questo climax di tensione e pericolo c’è una storia d’amore dal sapore impossibile e tragico tra Luzia e Guillén Santángel, il misterioso servo dell’uomo sotto la cui protezione Luzia verrà presentata ad Antonio Pérez come fautrice di miracoli. 

Il Famiglio: tra la fiction storica e la fiaba oscura

Il Famiglio mescola moltissimi elementi che, insieme, risuonano come in una musica perfettamente armonica. Se è la Storia ad interessarvi, quella di un paese europeo che stava scavalcando il Rinascimento nella disperazione della crisi economica, della guerra contro l’Inghilterra e del sanguinoso fanatismo cattolico, Leigh Bardugo saprà accontentarvi senza appesantire la narrazione e senza uscire dai binari di quello che è a tutti gli effetti un fantasy romance. Eppure mi stranisce imbavagliare Il Famiglio in un confine tra generi troppo definiti, perché a rendere questa storia unica e totalizzante è il modo in cui Leigh Bardugo decide di raccontarcela. 

Ormai padrona di una penna che sa essere forte e raffinata allo stesso tempo, Leigh Bardugo sceglie di raccontare la storia di Luzia e Santángel tramite una terza persona ammaliatrice; un narratore esterno onnisciente che, proprio come quello delle fiabe, pare tessere le fila del destino dei nostri protagonisti. E, proprio come nelle fiabe, anche ne Il Famiglio domina la presenza inevitabile della Fortuna. Nonostante gli indizi resi palesi sin dall’incipit del romanzo che questa sarà una storia tragica, la lettrice o il lettore non potranno che proseguire nella lettura dei capitoli chiedendosi quale sarà la prossima mossa di questa danza tortuosa e inevitabile. Sta in questo la forza di Il Famiglio: è un libro capace di catturarci con ogni suo singolo elemento, anche quello in apparenza più banale, e di tenerci in sospeso, senza fiato. Così ci sentiamo inebriati dall’odore dei fiori d’arancio, riempiti dalla magia di Luzia, stregati dai sentimenti complicati di Santángel, terrorizzati dalla sola lontana prospettiva che il setting del romanzo si sposti improvvisamente da Madrid a Toledo, dove ha sede il Tribunale dell’Inquisizione. La Storia entra così nella storia e ci rende partecipi di una fiabesca vicenda immortale che, tuttavia, ha luoghi e tempi ben precisi

L'elemento fantasy: come Il Famiglio fa prosperare la magia e nascere le streghe

Centrale ne Il Famiglio è ovviamente la magia di Luzia. Lo abbiamo detto all’inizio di questo articolo: si tratta di una magia che in principio percepiamo come innocua, casalinga, addomesticata. Ma perché è così che la sua stessa padrona si sente. Leigh Bardugo, che nel fantasy ormai ci sguazza da un po’, ha colto e perfettamente plasmato l’idea tanto semplice quanto affascinante di usare i poteri magici di un personaggio per descriverne l’interiorità. La magia di Luzia si dimostra essere lo specchio della sua anima, della percezione che ha di sé, della sua ambizione e del fuoco che le brucia dentro. Quello di Luzia, seppur breve, è un percorso intenso, fatto di picchi e di scalate, in cui al centro riconosciamo sentimenti comunemente considerati negativi: il vizio, l’ambizione, la vendetta, la rabbia. Cos’hanno in comune questi elementi? Sono la somma di ciò che ci rende umani. E il concetto di umanità ha un gran peso in questo libro.

«Sei ancora la bambina che pensava che la città piangesse per lei. L’ambizione ti distruggerà, Luzia.» 

«Forse» ammise Luzia. «Ma che sia la mia ambizione e non la mia paura a decidere il mio destino.» 

 

La magia di Luzia e la sua lotta contro il terrore di essere accusata di eresia ci fanno comprendere come Leigh Bardugo abbia colto perfettamente l’impossibilità di istituzioni come l’Inquisizione Spagnola di sopravvivere. Come può prosperare qualcosa che nega l’essenza stessa dell’essere umano? Come può essere giusto qualcosa che imbavaglia i sogni, le identità, i difetti connaturati a uomini e donne? La forza di Luzia Cotado emerge proprio nel momento in cui la ragazza smette di essere ciò che tutti si aspettano che sia ed inizia ad essere ciò che vuole realmente diventare. Una sguattera si presuppone debba stare zitta, accogliere gli schiaffi del proprio padrone, essere stupida e ignorante, illetterata e molle. Tutti vedono e percepiscono Luzia come una sguattera e nessuno si pone il dubbio che oltre quel ruolo ci possa essere una persona. Tutti tranne Santángel. 

Una storia d'amore che profuma d'arancio e immortalità

Luzia è bramosa, intelligente, conosce il latino oltre alla ricetta del pane, è vogliosa di attenzioni come qualunque altra donna, è forte e arrogante. E sono queste caratteristiche a renderla così vitale, essenziale, preziosa per una creatura come Santángel, immortale, prigioniera, circondata solo da persone che suppongono di conoscerlo per il suo ruolo e non per quello che è davvero. La storia tra Luzia e Santángel commuove per la sua essenzialità, per la sua inevitabilità. Proprio come gli amori più antichi, anche il loro nasce da una scintilla di comprensione: il simile che guarda il simile e trova una via d’uscita dalla sua miseria. I protagonisti di Il Famiglio non si scambiano promesse d’amore, né poesie, né frasi fatte. Loro si limitano a bruciare silenziosamente l’uno per l’altra, combattendo ogni volta contro un destino impossibile e allo stesso tempo meraviglioso ed inevitabile. Ad accomunarli sono la brama di libertà, la negazione di qualsiasi ipocrisia, la capacità di vedere oltre quello che le persone si aspettano dalla realtà, sfuggendo così alla realtà stessa. 

 

Che fosse giunto a rispettare quella donna, che gli piacesse perfino, era comprensibile, anche se era un peso indesiderato considerato ciò che doveva fare. Ma che dovesse desiderarla, che dovesse andargli in confusione il cervello solo perché lei aveva parlato del piacere di un bagno caldo? Era inaccettabile. Proprio quel mattino, quando Luzia aveva detto che l’impazienza avrebbe potuto farle perdere la testa, la mente di lui era stata assalita dall’idea di avvolgersi una ciocca dei suoi capelli intorno a un dito, per poi lasciarla andare e guardarla rimbalzare riformando il ricciolo. Perdere la testa. Un semplice modo di dire poteva farlo impazzire. Gli si era conficcato nella mente come una spina, infettandolo come una sorta di febbre, il pensiero di Luzia Cotado che perdeva la testa.

Il Famiglio diventerà la vostra prossima ossessione oppure non vi piacerà affatto: non ci sono vie di mezzo!

Leggendo Il Famiglio mi sono ritrovata davanti un romanzo che sfugge dalla gogna dell’indifferenza. Nessuna opera può dirsi felice di essere detestata, ma il disprezzo, nell’arte, è sicuramente più ben voluto dell’apatia. Ebbene, l’ultimo romanzo di Leigh Bardugo a mio parere difficilmente entrerà nelle sue grinfie, perché mi risulta difficile vederlo accostato ad aggettivi come “carino” o a recensioni da due stelle e mezzo. Il Famiglio per me si conquista il prossimo titolo di ossessione, perché so che difficilmente questa storia uscirà dalla mia testa. La considero un’opera d’arte, per il modo in cui è stato scritto, per la storia che ha scelto di raccontare, per i significati su cui mi ha fatto riflettere lungo la strada: se fosse appeso in un museo non avrei nulla da ridire, tranne che sarebbe difficile leggerlo appeso a una parte. 

Appena terminato ne volevo ancora e l’idea che non avrei più incontrato Luzia mi terrorizzava e avviliva. Chiudendo la pagina mi sono sentita dire “e adesso?”, perché è così che ci sentiamo quando concludiamo una storia talmente bella da essere diventata parte di noi: persi, destabilizzati, privi di orientamento. Leigh Bardugo è riuscita ancora una volta, proprio come aveva fatto anni fa con Sei di Corvi, a ricordarmi perché leggere sia una delle occupazioni più incredibili che si possano cercare. Nelle orecchie sento ancora la voce determinata di Luzia, nelle narici il profumo d’aranceto della sua magia e nel cuore il palpitante desiderio di intraprendere una nuova avventura in compagnia di una sguattera e di un principe maledetto. 

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