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Gli dei di giada e ombra: il nuovo libro di Silvia Moreno-Garcia

Gli dei di giada e ombra: il nuovo libro di Silvia Moreno-Garcia

Silvia Moreno-Garcia, autrice messicana e canadese d’adozione, torna in Italia con un altro potente romanzo di matrice sud-americana, Gli dei di giada e ombra, uscito il 12 settembre per Oscar Vault (che, come sempre, ringraziamo per la copia). Dopo l’enorme successo di critica ottenuto con Mexican Gothic, che vinse il British Fantasy Society’s 2021 August Derleth Award for Best Horror Novel, Silvia Moreno-Garcia è stata più volte paragonata a grandi personaggi come Guillermo del Toro e Daphne du Maurier. Questo successo si è poi esteso anche a Gli dei di giada e ombra, tanto che il libro è stato candidato al Premio Nebula.

Gli dei di giada e ombra: l’universo mitologico Maya rinasce nei ruggenti anni Venti

[…] le ossa si incastrarono perfettamente tra loro, come i tasselli di un gioco di pazienza. In un istante, le ossa si coprirono di muscoli, svilupparono i tendini. Bastò un altro battito di ciglia perché si coprissero di pelle liscia. Cassiopea non fece in tempo a riprendere fiato o a fare un passo indietro che si ritrovò davanti un uomo alto e nudo.

Siamo nei ruggenti anni Venti e l’era del jazz è arrivata anche in Messico, ma non nello Yucatàn, e di certo non a Uukumil, “un villaggio insignificante dove gli omnibus trainati da muli facevano tappa due volte alla settimana e il sole bruciava i sogni”. Un villaggio dove Casiopea Tun è prigioniera del controllo che il nonno materno esercita su lei e la madre dopo che il padre le ha prematuramente lasciate. Casiopea, che porta il nome di una costellazione e la cui personalità risplende altrettanto luminosa, tanto da guadagnarsi l’odio del cugino Martin e delle zie, è trattata alla stregua di una cameriera. Sembrerebbe una storia alla Cenerentola, se non fosse che tutto cambia non con l’arrivo della Fata Madrina ma quando Casiopea, spinta dalla furia della ribellione, apre un baule misterioso conservato nella camera del nonno.  Ciò che Casiopea libera non è un tesoro nascosto, denaro o gioielli, ma Hun-Kamé, Signore Supremo di Xibalba e dio maya della Morte.

Era di una bellezza innaturale, quello sconosciuto – una bellezza tratteggiata con il fumo e i sogni, convertita in fallibile carne – ma il suo sguardo oscuro era fatto di selce.

Il potere di Hun-Kamé è limitato finché non recupererà la sua collana di giada e alcune parti mancanti del suo corpo: l’occhio sinistro, l’orecchio e l’indice. Sfortunatamente per Casiopea, liberando Hun-Kamé, un frammento d’osso è penetrato nella sua mano, legandola inseparabilmente al dioFino a quando non raggiungerà i suoi pieni poteri, l’esistenza di Hun-Kamé dipende dal potere di Casiopea per sopravvivere. Per il bene di entrambi, devono trovare gli oggetti mancanti, recidere il legame e, infine, detronizzare Vucub-Kamé, dio gemello di Hun-Kamé, che gli tagliò la testa e lo imprigionò nel baule per rubargli il trono. Il viaggio che aspetta Casiopea e Hun-Kamé non è soltanto un viaggio alla scoperta delle terre del Messico del Sud, ma soprattutto un viaggio alla scoperta di se stessi. Qualunque sia l’esito, entrambi torneranno profondamente diversi, nel corpo e nello spirito.

La matrice mitologica alla base del romanzo

“Xibalba può essere un luogo spaventoso, con la Casa dei Pugnali, la Casa dei Pipistrelli e altri strani luoghi, ma la corte dei signori della morte possedeva anche il fascino delle ombre e il luccichio dell’ossidiana, perché la morte è bellezza e terrore allo stesso tempo.”

Gli dei di giada e ombra trae ispirazione dal Popol Vuh , una raccolta di miti e leggende dei vari gruppi etnici che una volta abitarono i regni maya del Guatemala, ma sono molti gli elementi della mitologia maya che si intrecciano nel romanzo. Cuore di questo intreccio è il regno di Xibalba, descritto nel Popol Vuh come una corte al di sotto della superficie terrestre (l’Inframondo), i cui abitanti non è chiaro se siano anime di defunti (nel caso, la descrizione la avvicinerebbe molto all’Ade della mitologia greca) oppure esseri che venerano la morte e che hanno sembianze umane. Nel Popol Vuh, Xibalba è governata da dodici potenti Signori, mentre nel libro di Silvia Moreno-Garcia Signore Supremo di Xibalba è Hun-Kamé, la cui testa venne tagliata dal gemello Vucub-Kamé e da lui imprigionato nel baule affidato a Cirilo, nonno di Casiopea.

Il conflitto tra i fratelli inizia, nel romanzo, quando gli uomini smettono di venerare Xibalba. Vucub-Kamé auspica un ritorno al vecchio stile di vita, quando le preghiere degli uomini scorrevano come fiumi, mentre Hun-Kamé si dimostra disinteressato nei confronti dell’Inframondo, che considera al di fuori della sua giurisdizione. Come ha più volte chiarito la stessa autrice, gli elementi mitologici si fondono con quelli fantastici, quindi il romanzo non deve essere considerato come un testo antropologico. È interessante notare però come l’autrice sia riuscita a mantenere il fascino delle lingue maya (ventinove sono quelle riconosciute e parlate in Messico e nell’America Centrale) pur ricorrendo alla scrittura moderna per la maggior parte delle parole.

Gli dei di giada e ombra: un mito moderno

Su tutti i livelli – descrizioni delle ambientazioni, i dialoghi, i riferimenti storici e mitologici, la psicologia dei personaggi – questa storia vive e respira un’atmosfera da favolaLa scrittura di Silvia Moreno-Garcia è fortemente evocativa ma riesce, tuttavia, a mantenere una distanza emotiva dal lettore, rendendo questo fantasy alla stregua di un potente racconto di altri tempi, immerso nella modernità. È così che Casiopea, la quale, mentre aiuta il Signore Supremo di Xibalba a recuperare le parti mancanti del suo corpo e la sua meravigliosa corona di giada, scopre cosa vuole veramente dalla vita, trasforma un antico racconto in un mito moderno.

Tuttavia, i primi capitoli del libro rimangono abbastanza sottotono. Sì, le dinamiche familiari di Casiopea sono descritte bene e ci danno un’idea di quello che è il background del personaggio, ma presentano un carattere fortemente introduttivo. Si entra nel vivo della storia nel momento in cui Casiopea libera Hun-Kamé, e l’autrice accompagna il lettore in un vorticoso tour del Messico degli anni Venti, attraverso le note jazz, i ricordi della rivoluzione, i riferimenti alle antiche credenze e alla magia. Casiopea e Hun-Kamé iniziano il loro viaggio da Uukumil e arrivano alla “grande città” rurale di Merída – e poi a Veracruz, Città del Messico e Bassa California, di cui l’autrice ci offre una vivida rappresentazione. Una cosa che mi è capitata veramente con pochi libri, e a cui invece Gli dei di giada e ombra va riconosciuto il merito, è la sensazione di riuscire a percepire suoni e odori di tutti i luoghi raggiunti durante la lettura.

Merida, Messico
Mérida, Città in Messico

Silvia Moreno-Garcia in questo senso è sicuramente una maestra. Ma il vero fascino di questo viaggio sta in realtà nel rapporto che si viene a creare tra i due protagonisti. Casiopea è una giovane donna che sta scoprendo il mondo, e allo stesso tempo sta conoscendo se stessa, i suoi desideri e sogni, per la prima volta. Ha una personalità forte, combattiva, che l’ha aiutata a sopravvivere in un villaggio dove il tempo sembra essersi fermato a un’epoca lontana. Hun-Kamé è un dio antico, potente, spietato come lo è la morte; un dio che prima del suo incontro con Casiopea non si è mai soffermato più di tanto sull’Inframondo, le sue regole e sugli esseri umani che lo abitano.  Hun-Kamé sta assorbendo la forza vitale di Casiopea per rimanere in vita e poter trovare così le parti mancanti del suo corpo, ma il processo sta uccidendo la ragazza e rendendo lui sempre meno un dio della morte e sempre più umano. 

“Voglio ballare con te, con una musica dal ritmo velocissimo. Voglio imparare il nome delle stelle. Voglio nuotare nell’oceano di notte. Voglio viaggiare accanto a te in una di quelle automobili e vedere dove finisce la strada.”

Questa non è una storia d'amore: PARTE SPOILER

“[…] Io creo illusioni. È questo il mio dono. Ma non è un’illusione. Ciò che sono io in questo istante qui con te. Capisci? Non saprei dirtelo meglio. Ricordami così, semmai deciderai di ricordarmi.”

Nonostante provengano da due mondi molto diversi e loro stessi siano persone che non hanno praticamente nulla in comune, tra Casiopea e Hun-Kamé nasce un legame di comprensione reciproca molto profondo. I loro viaggi non sono semplicemente quelli di una giovane donna svantaggiata e oppressa che trova il suo posto nel vasto ed emozionante mondo, né la loro è una storia d’amore dove la devozione di una donna mortale redime e salva il cuore di un dio. Come in tutte le fiabe, alla fine l’eroe deve compiere una scelta: agire con egoismo, seguendo i propri desideri, o  agire secondo giustizia. Casiopea, in realtà, non soffre il peso di tale scelta.

Di fronte alla possibilità di avere una versione di Hun-Kamé che ha imparato ad amarla o di perderlo completamente in cambio del mantenimento delle sue promesse e della liberazione di se stessa, di sua cugina e forse di tutto il Messico dai piani di Vucub-Kamé, sceglie la seconda. La scelta di Casiopea è la scelta di una donna che, nonostante il dolore della perdita, vede per sé un futuro pieno di possibilità.

Gli dei di giada e ombra: perché non ho dato 5 stelle (FINE PARTE SPOILER)

Se devo trovare un difetto a questo libro, è sicuramente l’assenza di dinamicità che lo allontana, secondo me, dal genere fantasy e lo avvicina invece molto di più alla fiaba. Anche non considerando i primi capitoli, che sono molto introduttivi, il libro non ha particolari picchi di drammaticità, angoscia o comunque una serie di situazioni che spingono il lettore a preoccuparsi per ciò che potrebbe succedere in seguito. Tutto si risolve in maniera molto semplice e avvicina Gli dei di giada e ombra a quel genere di comfort book che si legge facilmente in un giorno o due, con le pagine che scorrono una dietro l’altra. Oscar Vault, comunque, non sbaglia nemmeno stavolta e mette sul mercato una validissima proposta che accontenta gli avidi lettori di retelling mitologici, gli appassionati di fantasy e i più timidi amanti delle fiabe.

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