Furore: l’attualità della grande Letteratura
Simbolo indiscusso della letteratura americana, Furore è un romanzo incredibile pubblicato a New York nel 1939 e scritto John Steinbeck. L’autore (1902-1968) fu un grande scrittore di racconti, novelle, romanzi e nel 1962 vincitore del premio Nobel per la letteratura. L’ispirazione per la scrittura di Furore nasce da un articolo che Steinbeck lesse casualmente su un quotidiano, in cui si parlava della condizione di tantissimi contadini costretti a un esodo crudelissimo dalle loro terre verso la California, alla ricerca di nuove e migliori condizioni di lavoro. La scrittura fu rapidissima: il romanzo vide la luce solo cinque mesi dopo. Nel 1940 Furore venne coraggiosamente proposto in Italia da Valentino Bompiani andando contro la censura fascista e riuscendo ad ottenere, solo molti anni più tardi, la prima edizione integrale con una nuova traduzione in grado di mostrarne l’assoluta attualità.
La trama di Furore: una moderna Odissea
La trama racconta le vicende della famiglia Joad, che in seguito alla grande crisi del ’29, si ritrova sfrattata della terra in cui vive e della casa, costretta a una lunghissima marcia che dall’Oklahoma la porterà fino alla California lungo la Route 66, insieme a tantissimi altri americani in cerca di un luogo in cui ricominciare. Furore è un romanzo di viaggio, una narrazione degli spazi aperti tipica della narrativa americana classica di ispirazione western ma è anche il racconto epico dell’uomo che si erge contro le ingiustizie. Il viaggio dei Joad inizia dalla loro fattoria e finisce in California, passando attraverso vari stati degli USA e muovendosi su un vecchio autocarro usato. Percorrendo la Nazionale, i protagonisti incontrano tanti altri personaggi con cui intrecciano rapporti e legami, perdono membri della famiglia e, una volta arrivati a destinazione, dovranno fare i conti con le proprie aspettative, rendendosi conto che la California non è la Terra Promessa che immaginano: trovare lavoro risulta sempre più complicato e le disgrazie si succederanno portando la famiglia alla distruzione.
L'inconfondibile stile di Steinbeck
La narrazione offre diversi flashback che chiariscono episodi della vita dei Joad. Il narratore, esterno e onnisciente, interviene offrendo commenti personali sia in merito ai personaggi, sia in merito agli avvenimenti. La focalizzazione è talvolta interna, talvolta zero. Le atmosfere di Furore sono cariche di amarezza e difficoltà, di sogni, fughe, momenti di calma apparente. Il ritmo non risulta mai troppo lento. Il lettore è portato a voler procedere nella lettura e conoscere le vicende dei Joad, che ad ogni pagina si fanno sempre più umani e vividi. Lo stile di Steinbeck riesce a delineare i dettagli più piccoli: il sole cocente, lo spazio spaventoso del deserto, una tartaruga che procede lenta sulla strada polverosa, la paura che si trasforma in sudore e lacrime. Il lessico è altamente musicale, caratterizzato da frequenti ripetizioni che ritmano il racconto tanto da far apprezzare una lettura a voce alta.
“I trattori arrivavano dalle strade e per i campi, grandi animali che avanzavano come insetti, dotati dell’incredibile forza degli insetti. […] Trattori diesel che da fermi tossicchiavano, appena messi in marcia tuonavano, e infine si assestavano su un borbottio sordo. […] Il trattorista non poteva controllarlo: avanzava dritto nel cuore della campagna, infilzando dozzine di fattorie per poi tornare indietro in linea retta, senza deviare mai. Per deviare bastava tirare una leva, ma la mano del trattorista non poteva tirarla, perché il mostro che aveva costruito il trattore, il mostro che aveva mandato il trattore, era riuscito a penetrare nelle mani del trattorista, nel suo cervello e nei suoi muscoli, lo aveva bendato e imbavagliato.”
Steinbeck tiene separati i fatti dal commento e, tramite accorgimenti tipici della narrativa moderna, da Jane Austen a Flaubert in poi, spezza sistematicamente lo scorrere del racconto e alterna capitoli di grande profondità ad altri in cui fa il punto degli avvenimenti, adottando il modo di ragionare e il lessico dei personaggi. Arrivati in California i Joad si scoprono stranieri in patria. Scoprono che potenzialmente la ricchezza esiste e sarebbe accessibile a tutti se l’industrializzazione dell’agricoltura, con le sue macchine e i suoi trattori, non si fosse manifestata al pari di una forza demoniaca. Dietro tale forza stanno le banche che intervengono a spezzare quell’equilibrio composto da uomo e terra per incrementare la produzione a dismisura.
“La terra è feconda, i filari sono ordinati, i tronchi sono robusti, la frutta matura. E i bambini affetti da pellagra devono morire perché da un’arancia non si riesce a cavare profitto. E i coroner devono scrivere sui certificati “morto per denutrizione” perché il cibo deve marcire […] e, a tal proposito, per rimandare al significato del titolo originale dell’opera The Grapes of Wrath: “Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.”
Uno sguardo sui personaggi
I personaggi sono senza dubbio uno dei punti salienti di Furore. Il primo membro che viene presentato sin dal prime pagine è Tom, un ragazzo appena uscito di prigione che tenta di ricongiungersi con la sua famiglia dopo quattro anni. Tom di base è un “buono” nonostante la possibilità di violenti scatti d’ira. Nel corso del romanzo dimostrerà diverse volte di saper prendere delle buone decisioni per il futuro della sua famiglia. Abbiamo poi la figura di Casy, non un membro della famiglia ma un ex predicatore che ha smarrito la fede e decide di unirsi ai Joad alla ricerca di nuove possibilità ma anche di significati spirituali più alti. Si tratta di un personaggio particolare ed enigmatico ma capace di grande umanità e profondità. Procedendo conosciamo il padre e la madre di Tom, indicati sempre come Pa’ e Ma’, i nonni, i fratelli e le sorelle. Tra tutte queste figure quella che si mostra come pilastro della famiglia è senza dubbio la madre di questi figli, che senza arrendersi mai continua a trascinare tutti a destinazione, incoraggiandoli e cercando di preservare l’unità del nucleo familiare nel bene e nel male: “sembrava sapere che se lei avesse vacillato, l’intera famiglia avrebbe tremato, e che se un giorno si fosse trovata a cedere o a disperare davvero, l’intera famiglia sarebbe crollata, avrebbe smarrito la volontà di funzionare”
Il personaggio di Ma’ è di una potenza senza precedenti, è l’emblema della resistenza, il collante della famiglia. Proseguendo incontriamo anche il personaggio di Rosasharn, la figlia femmina, più grande dei Joad, che sin dalle prime pagine sappiamo essere sposata con Connie e incinta di pochi mesi. Nel corso del romanzo le scene con protagonista Rose si fanno sempre più intime e cariche di significato fino al culmine della pagina finale. Nel momento in cui un membro della famiglia se ne va’ o decide di allontanarsi si avverte immediatamente un senso di vuoto, come un intero a cui vengono sottratti dei pezzi. Il lettore è fortemente partecipe, le vicende vissute dai personaggi sono le nostre vicende, la famiglia e la disperazione sono le nostre e nel momento in cui si arriva all’ultima pagina è complicato distaccarsi per lasciare i protagonisti in balìa di un futuro incerto, affamati e spaventati.
Furore si fa critica al Tempo e alla Società
Furore muove un’aspra critica di questo tempo duro dell’America e incoraggi il lettore a riflettere sulla propria contemporaneità, puntando il dito contro le figure avide che costringevano famiglie di disperati a spostarsi per chilometri e chilometri, prima ingannati e poi costretti a lavorare per pochi centesimi. È un libro di protesta contro l’inumanità dell’uomo, ma non deve essere considerato come la premessa di un progetto politico. Superate le vicissitudini di vittime e carnefici resta il mito della frontiera, del West, a cui possiamo aggiungere la presenza di uno spirito comunitario spontaneo in grado di tenere unita la famiglia umana. Steinbeck è quindi tra quegli autori che, in tempi difficili, è ancora capace di indicare la strada della speranza. È uno scrittore ma è anche un uomo in grado di andare dritto alla parte più intima della nostra persona, in aperta contrapposizione con chi sosteneva che i buoni sentimenti non fanno letteratura.
Quando la narrativa incontra cinema e musica
Furore è stato in grado di ispirare anche la narrativa cinematografica, quando John Ford ne trasse un film con Jane Darwell nel ruolo della madre e un giovanissimo Henry Fonda nella parte di Tom Joad, e successivamente anche la narrativa musicale con l’album di Bruce Springsteen The ghost of Tom Joad. Le canzoni del disco di Springsteen raccontano storie con un inizio e una fine, spesso amara, pienamente nel solco della lirica narrativizzata. L’amarezza di queste storie non dipende dal punto di vista dell’autore ma dagli eventi, che Springsteen narra in modo oggettivo, dando voce ai suoi personaggi e lasciandoli liberi di elaborare il loro destino. La maggior parte di queste storie sono ambientate nel sud ovest americano e alcune affrontano il tema scottante della frontiera, in particolar modo quella tra la California e il Messico dove si consumano destini tragici, lontani da quello che era il sogno americano.
Dietro la canzone di Springsteen si cela però anche il testo di The Ballad of Tom Joad di Woody Guthrie, a sua volta ispirata al film di Ford. Tom Joad è un po’ un mito dell’immaginario americano ma nelle varie declinazioni tale mito tende a trasformarsi. In Steinbeck, prima del grande finale, Tom Joad dice “siamo tutti una grande anima”. Il film di Ford si chiude con le parole di Tom. Nella ballata di Guthrie Tom dice “tutti potremmo essere una grande anima”, mettendo l’affermazione al condizionale in quanto occorre fare delle cose per far sì che le parole del romanzo e del film si realizzino. A conclusione di tutto, Springsteen trasforma Tom: a distanza di tanti anni, quell’auspicio presente nel romanzo non si è ancora realizzato, Tom non è più qualcuno che parla direttamente ma diventa un fantasma che aleggia su un Paese sempre più afflitto.