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The Witch’s Heart: la storia di Angrboda

The Witch’s Heart: la storia di Angrboda

In questi ultimi anni il genere dei retelling mitologici è letteralmente esploso, portando centinaia di autrici e autori a cimentarsi con i personaggi della mitologia per trarne storie rivisitate e adeguare uno sguardo contemporaneo a voci ormai lontanissime nel tempo. Da questa “moda” ne sono usciti capolavori, come Circe di Madeline Miller, libri mediocri oppure veri e propri buchi nell’acqua. Oscar Vault porta in Italia il 21 febbraio The Witch’s Heart, scritto da Genevieve Gornichec, un retelling norreno che ha come protagonista Angrboda, moglie di Loki e madre dei mostri che scateneranno il Ragnarok. Come si classifica questo retelling? Sarà l’ennesimo passo falso da aggiungere alla valanga di cose già sentite o ha effettivamente una storia da raccontare?

Chi è Angrboda?

Facciamo un passo indietro. The Witch’s Heart non ha come protagonista un personaggio universalmente noto, come può essere la Circe dell’Odissea o la Elena dell’Iliade. Innanzitutto non ci muoviamo nell’ormai fagocitata mitologia greca, ma nel pantheon norreno, capeggiato da Odino. Angrboda, come Circe, è una strega, ovvero una donna capace di praticare la magia, chiamata seid. L’interesse di Odino nei confronti di questa donna è dovuto alle sue doti di veggente: il seid, infatti, permette ad Angrboda di attingere alla conoscenza assoluta, un tipo di conoscenza che permette la visione del futuro. Come ogni strega che si rispetti, Angrboda verrà bruciata tre volte su un rogo, poiché si rifiuterà di rivelare ad Odino il futuro degli déi e di insegnargli a praticare il seid, un’arte troppo pericolosa. 

I miti e le leggende che hanno Angrboda come protagonista sono praticamente inesistenti. Ella compare come personaggio chiave di moltissimi aspetti della mitologia norrena, ma la sua è più una presenza di contorno all’interno delle narrazioni vere e proprie. Le antiche fonti ce la presentano come una strega capace di mutare aspetto in una vecchia, che abita una caverna oscura nella Foresta di Ferro, luogo ai confini dei Nove Mondi, situato nella terra dei giganti. Angrboda è infatti una gigantessa e il suo ruolo nella mitologia, come spesso accade alle figure femminili, è relegato a quello di moglie di Loki e di madre di Hel, Fenrir e Jormungandr, rispettivamente la regina degli Inferi, il lupo che divorò Odino nel Ragnarok e il serpente abissale che circonda l’intero mondo. 

Ma la storia di Genevieve Gornichec vuole raccontarci qualcosa di più su questa straordinaria figura, una delle più enigmatiche della mitologia norrena. The Witch’s Heart infatti ripercorre tutta la vita di una personaggia chiave del destino degli déi, intrisa di magia, superstizione e profezie. 

Da strega bruciata a madre di mostri

Le fonti che ci raccontano la storia di Angrboda fanno pensare ad un personaggio inquietante, spaventoso e sicuramente lontano dal nostro senso di empatia. Angrboda è una strega bruciata tre volte sulla pira, privata del proprio cuore, rimasto mezzo cotto tra le ceneri. Il suo nome significa “portatrice di sventure”, vive in una grotta in una foresta brulla e isolata, partorisce tre esseri mostruosi e prevede la fine del mondo. L’incredibile astuzia letteraria di Gornichec sta proprio nel fatto che l’autrice è riuscita, vista la scarsità delle fonti, a raccogliere tutti questi elementi canonicamente negativi e a raccontarci una storia piena di umanità, ingiustizia e amore. 

The Witch’s Heart vi piacerà sicuramente se tra le vostre letture avete amato Circe di Madeline Miller. Entrambi i libri parlano di due donne tremendamente sole, ma che in questa loro solitudine trovano la forza di andare avanti e di resistere a qualsiasi angheria. Aguzzini delle streghe sono gli déi, uomini potenti e crudeli, opportunisti e traditori. La vita di Angrboda è una grande parabola femminile che racconta la storia di una donna privata di tutto, persino del suo stesso cuore, che le verrà restituito dall’uomo che sarà, infine, la sua rovina. Due grandi temi, infatti, permeano il romanzo: l’inganno e la maternità

Il primo tema, l’inganno, attraversa tutte le fasi della vita di Angrboda. La donna è una potente maga e la sua magia è tra le più pericolose, poiché rivela una conoscenza che nessun essere vivente dovrebbe possedere. Il suo dono è una maledizione che le ha portato via tutto e che lei stessa il più delle volte rinnega, proprio perché strumento manipolatorio nelle mani degli uomini. L’unico desiderio di Angrboda è rimanere sola, in pace, al sicuro, in un luogo remoto dove solo la natura le può fare da compagna. La felicità per Angrboda non può coincidere con la compagnia, poiché chiunque sarà sempre pronto ad approfittarsi di lei. In questo scenario così complesso è calzante e distruttiva la presenza di Loki, dio dell’inganno, che si innamorerà della Strega di Ferro, restituendole il cuore mezzo cotto dal fuoco della sua pira. 

Loki è un personaggio che forse tutti conosciamo grazie all’iconico villain Marvel, decisamente distaccato dalla sua versione originale. L’autrice nel romanzo ci fa riscoprire la vera natura di questo personaggio intrigante, subdolo, eppure migliore di tutti gli altri déi. Loki è infatti il dio più umano e con cui meglio riusciamo ad empatizzare. Ma una cosa viene fuori dalla scrittura di Gornichec: gli déi rappresentano delle specifiche caratteristiche della natura umana e nessuno di loro può distaccarsi troppo dal loro ruolo preimpostato. Quindi può essere il dio dell’inganno in grado di amare sinceramente? Con questa attenta premessa, affatto scontata, riusciamo a leggere con più chiarezza le scelte e le azioni di un Loki autentico, personaggio sfaccettato, ma pur sempre ben inserito in una tabella catalizzante di caratteristiche e profetiche azioni. 

Una maternità non convenzionale

La mitologia norrena ci dice che Angrboda e Loki avranno tre figli, definiti “mostri” dagli altri déi poiché dissimili da tutte le altre creature. Il tema della maternità viene quindi affrontato in una chiave non convenzionale, poiché i figli di Angrboda verranno immediatamente bollati come diversi e, quindi, destinati all’eliminazione. I personaggi di Hel, Fenrir e Jormungandr vengono invece ampiamente approfonditi dall’autrice, che ce li fa conoscere dai primi vagiti fino al compimento del loro inevitabile destino. Questa descrizione così accurata serve come pretesto per far riflettere il lettore e la lettrice su una delle tematiche più presenti nella letteratura: chi è brutto dentro e chi è brutto a veder? (citazione da Il gobbo di Notre Dame, spero apprezzerete, fan dei cartoni Disney). Ancora una volta veniamo a patti con il fatto che nessuno nasce malvagio e che è il mondo, il contesto sociale in cui viviamo, le nostre esperienze a renderci ciò che siamo. Il Ragnarok, la fine degli déi, è in fin dei conti un enorme presa per i fondelli nei confronti delle sue vittime: sono stati i mostri a generare la fine del mondo o sono state le crudeltà degli déi a rendere quelle creature mostri pronti a decretare la loro fine? 

The Witch’s Heart vuole porre sotto la luce di una lampadina che il destino, per quanto possa essere predetto, è in realtà determinato dalla natura dei suoi stessi protagonisti, i quali, pur di non abbandonare i loro ruoli, condannano loro stessi alla fine. La dogmatica concezione del mondo è propria di chi si spaventa facilmente di fronte alla diversità, da chi scaglia la prima pietra, specialmente se il bersaglio è soverchiato dal pregiudizio. Probabilmente se gli déi fossero stati di più larghe vedute, più aperti alla diversità e meno inclini alla violenza verso chi è diverso da loro, avrebbero scampato la loro apocalisse. Una vecchia retorica che non smette mai di essere attuale. Un vecchio errore in cui l’umanità non cesserà mai di inciampare. 

Un retelling che mi ha sorpresa

Sarà per il fascino della sua protagonista, sarà per il debole che provo nei confronti di Loki, questo libro mi ha decisamente convinta. Genevieve Gornichec è qui al suo esordio letterario e già dimostra di avere una padronanza della scrittura incredibilmente matura. The Witch’s Heart è un libro ben costruito, solido, con personaggi sfaccettati e che dona una visione della mitologia norrena ampia e attualissima. L’unica red fleg che mi sento di segnalarvi è la lentezza: il romanzo conta circa 380 pagine e scorre abbastanza lentamente. Non è una lentezza noiosa, ma secondo me necessaria allo sviluppo di una trama molto concentrata sull’essenza della protagonista. Mi sento di ripetere che se avete amato Circe di Madeline Miller questo libro non potrà non piacervi: la prosa è profonda, la protagonista ha molti tratti comuni a quella omerica e in entrambi i casi si legge di donne sole con se stesse. L’introspezione è quindi necessaria. Se amate la mitologia norrena non posso che consigliarvi di leggere la storia di Angrboda e farci sapere nei commenti cosa ne pensate della versione di The Witch’s Heart. Inoltre questo è il primo retelling che affronta la figura mitologica della Strega di Ferro, quindi è un’opera da non lasciarsi sfuggire! 

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