#SquiLibri: Mitomania & somnifobia
Benvenuti con il nuovo e ultimo appuntamento di SquiLibri, la rubrica in cui si affronta la letteratura classica e moderna, analizzando situazioni, autori, autrici e i loro personaggi con un’ottica psicanalitica e cercando di scovarne i disturbi che oggi verrebbero riconosciuti come patologie psichiatriche. Nello scorso articolo abbiamo affrontato Noi siamo infinito di Stephen Chbosky e Chiudo gli occhi e il mondo muore di Francesca Zappia. Oggi tratteremo due tematiche molto particolari, la mitomania e la somnifobia. I titoli di questo appuntamento sono L’avversario di Emmanuel Carrère e La psicologa di B. A. Paris.
Una storia costruita sulle bugie: la mitomania
L’avversario è una storia agghiacciante basata su una vicenda realmente accaduta. L’autore afferma esplicitamente di non avere l’intenzione di esaminare gli eventi che hanno condotto alla tragedia familiare di Jean-Claude Romand, poiché tale compito spetta alle indagini e al processo. Al contrario, l’obiettivo principale di Carrère come scrittore è seguire i pensieri dell’assassino, immergersi nella sua psiche mentre naviga attraverso la sua vita di menzogne. L’autore si propone di seguire Romand nella sua solitudine, contando principalmente sull’aiuto della corrispondenza con lo stesso Romand. Jean-Claude per ben diciott’anni ha vissuto una vita sotto mentite spoglie: il suo nome non era nell’Albo dei medici, gli amici che diceva di aver frequentato non lo conoscevano e gli ospedali dove sosteneva di aver effettuato il tirocinio non sapevano chi fosse. Ma chi è costui? E perché sceglie di terminare la sua vita di menzogne con una strage familiare?
La mente un abisso da scoprire: identità e menzogna dietro l’esistenza di Romand
L’intricata costruzione di vita di Jean-Claude Romand si sgretola in modo magistrale, rivelando ogni finzione tessuta per diciotto anni. Come affrontare la realtà di essere scoperto e ingannato? L’opzione di porre fine a tutto, uccidendo prima gli altri e poi sé stesso, sembra essere l’unica via per evitare lo sguardo giudicante. Tuttavia, Romand sopravvive e affronta la condanna. Non è difficile comprendere la curiosità che ha spinto Emmanuel Carrère a immergersi in questa storia. Allo stesso modo, sono comprensibili le sfide che ha affrontato durante il processo di scrittura. L’attrazione ha spinto Carrère a sondare le ragioni più intime dell’omicida, ma a tratti si è forzato ad allontanarsi, quasi temendo un avvicinamento eccessivo, pericoloso e invasivo. Il lato oscuro di Jean-Claude non viene bypassato dallo scrittore francese, e Carrère rimane imparziale quasi quanto il suo protagonista, che con la sua impassibilità ci fa comprendere quanto sia abissale la mitomania.
Il primo a parlare della mitomania fu Ermest Duprè. Secondo lo studioso, il bugiardo utilizza le bugie per sembrare agli occhi degli altri più interessante o intrigante. Solitamente l’obiettivo principale non è ingannare l’altro ma deformare la realtà a proprio piacimento. Per chi soffre di mitomania la linea sottile tra bugia e realtà si assottiglia. Arriva a credere che ciò che dice della propria vita sia vero, poiché non è in grado di affrontare la realtà. Questo crea un circolo vizioso da cui non riesce a uscire per ritornare sui propri passi.
Le cause della mitomania sono ancora poco delineate in ambito medico, ma numerosi studi individuano alla base del disturbo personalità con un’autostima molto bassa o che hanno subito molti traumi. Ciò porta a considerare la mitomania come un meccanismo di difesa, che tende a rimuovere le esperienze passate negative sostituendole con un presente diverso. La comorbilità del bugiardo patologico prevede anche il disturbo dissociativo dell’identità, trattato in uno dei precedenti appuntamenti di SquiLibri. Il mitomane non intacca solo sé stesso e la sua realtà personale, ma anche quella di chi gli sta intorno. Le principali vittime sono familiari e amici, i quali, scoprendo la sua vera natura, lo manderanno in crisi in quanto non in grado di ammettere le sue bugie.
La mitomania: un disturbo singolare
Innanzitutto, è necessario distinguere il bugiardo patologico da quello compulsivo. La differenza chiave risiede nel fatto che il bugiardo compulsivo non mente con uno scopo specifico, bensì l’atto del mentire è intrinseco alla sua natura. Inoltre, gli porta sollievo. La bugia diventa un’abitudine, un comportamento istintivo poiché gli è più agevole della realtà. In questo contesto, è importante notare che il bugiardo compulsivo non è manipolatore, almeno non intenzionalmente, al contrario del bugiardo patologico. Da vero egoista, quest’ultimo utilizza la menzogna come strumento per raggiungere i propri obiettivi, senza preoccuparsi della psicologia delle persone che lo circondano. La differenza cruciale sta quindi nel fatto che il bugiardo compulsivo usa la menzogna come mezzo per affrontare una realtà che potrebbe gestire, mentre il bugiardo patologico mente sistematicamente per plasmare una realtà conforme ai suoi interessi.
Le caratteristiche fondamentali e che potremmo definire come sintomi del bugiardo patologico sono:
• Si considera superiore agli altri: la sua bugia alimenta questa percezione di superiorità. Ingigantisce i fatti nelle sue storie, mantenendo la verosimiglianza e aggiungendo dettagli per far emergere il proprio eroismo. Presentandosi affascinante e sicuro di sé, il bugiardo patologico spesso mostra tratti narcisisti.
• Abile manipolatore: la realtà emerge quando altera i fatti o le opinioni per mantenere l’attenzione del suo interlocutore. Il bugiardo patologico può ingannare le persone, impedendo loro di notare le sue bugie o inducendole all’imbarazzo nel commentarle.
• Le bugie patologiche diventano per lui una realtà indistinguibile dalla verità: spesso è incapace di discernere tra il vero e il falso. Utilizza le menzogne come mezzo per evitare qualsiasi forma di responsabilità e di giudizio negativo da parte degli altri.
• Non tollera le bugie altrui e farà di tutto per smascherare altri bugiardi patologici: ritiene che solo lui debba avere il diritto di mentire. Infine, crede fermamente nella sua infallibilità e, se costretto, inventerà qualsiasi bugia per mantenere la sua supposta rettitudine.
Per poter comunque affrontare un disturbo psicologico del genere bisogna affidarsi a un professionista del settore. In casi estremi, la persona può divenire pericolosa nel momento in cui la sua realtà immaginaria può essere smascherata come il caso dell’Avversario.
La psicologa di Paris tra segreti e incubi
La psicologa ruota attorno alla coppia di Alice e Leo, che si trasferiscono in un nuovo quartiere per affrontare meglio ciò che ha colpito la donna nel profondo. La narrazione si snoda tra passato e presente, rivelando dettagli che svelano lentamente la verità dietro i segreti di Alice. Paris crea un’atmosfera inquietante, giocando con le percezioni del lettore. Alice scopre qualcosa di oscuro sulla donna che viveva nella sua casa: era una terapista ed è stata assassinata. Alice diventa ossessionata dalla vicenda, tanto da finire a torchiare i vicini per scoprire di più sulla morte della precedente proprietaria. Pista dopo pista, la protagonista si ritrova invischiata in qualcosa di molto più grande di lei, cadendo nella somnifobia.
Somnifobia: paura di dormire
La somnifobia non ha una diagnosi clinica ufficiale poiché spesso associata ad altra condizione clinica. Tuttavia, il termine può essere informalmente attribuito a un soggetto che prova una paura intensa o un’ansia per il sonno o l’atto di addormentarsi. Chi sperimenta la somnifobia tende a collegare lo stato di incoscienza causato dal sonno a situazioni drammatiche e prova timore all’idea di perdere il controllo. Questa paura deriva dalla preoccupazione di impazzire durante il sonno, di subire incidenti mentre si dorme o addirittura di morire.
Le diverse cause da cui può nascere questo disturbo sono:
• Incubi ricorrenti: la paura di sperimentare incubi o sogni spaventosi potrebbe rendere difficile per alcune persone affrontare il momento di andare a letto.
• Disturbi del sonno: chi ha problemi di insonnia o altri disturbi del sonno potrebbe sviluppare una paura associata all’atto di addormentarsi.
• Traumi passati: esperienze traumatiche legate al sonno o a eventi notturni possono portare a una paura generalizzata del riposo notturno.
• Ansia notturna: chi soffre di ansia generale potrebbe sperimentare un aumento dell’ansia prima di andare a dormire.
Le ragioni organiche dello sviluppo della somnifobia non sono ancora completamente comprese, ma diversi studiosi suggeriscono che in alcuni casi il disturbo potrebbe derivare da episodi di insonnia o da altri problemi, come il disturbo da incubi. Quest’ultimo, caratterizzato da incubi ricorrenti che suscitano paura intensa, potrebbe terrorizzare la persona al punto da innescare una vera e propria fobia nei confronti del momento del riposo. Il sonnambulismo è anche una condizione comune tra coloro che soffrono di somnifobia, poiché chi ne è affetto teme di potersi fare male durante uno degli episodi. Altre possibili cause scatenanti potrebbero includere traumi infantili o disturbi da stress post-traumatico. I sintomi tipici di quest’ultima condizione spesso si manifestano durante la notte, il che può contribuire a instillare nella persona la paura di addormentarsi per evitare di rivivere tali esperienze.
#SquiLibri: una rubrica su letteratura e psicologia
Quelli di Jean-Claude e Alice sono solo alcuni dei casi della letteratura con evidenze sia psichiatriche che psicologiche. Ma la letteratura classica e contemporanea ne nascondono centinaia. La rubrica #SquiLibri cerca di indagare le malattie che hanno afflitto scrittori/scrittrici e, a volte, anche i loro personaggi. Si tratta di profili talmente cupi e affascinanti da lasciarci senza fiato! Vi consiglio di iscrivervi alla nostra Newsletter per non perdere nessun aggiornamento e di seguirci anche su Instagram per contenuti extra e piccoli focus sul tema. Con questo ultimo appuntamento di #SquiLibri vi auguro una buona permanenza! Se vi è piaciuto l’articolo, faccelo sapere in un commento.