OPINIONISTA
#SquiLibri: sindrome di Alice, melancolia e vampirismo clinico

#SquiLibri: sindrome di Alice, melancolia e vampirismo clinico

In degli anni in cui la psicologia non nasceva come scienza, i romanzi dei vari scrittori del tempo trattarono diverse patologie che ora ritroviamo all’interno del DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). La figura dell’alienista nasce prima della scoperta della psicoanalisi di Freud e la mente umana appariva come una nebulosa ignota tutta da scoprire. Primi fra tutti gli alienisti concentrarono le loro ricerche in ambito psicologico e psichiatrico, fino a formare le figure professionali che conosciamo oggi. La nascita della psicologia va di pari passo con la letteratura del tempo: lo scrittore o la scrittrice, attraverso i propri romanzi, tratta vere e proprie turbe mentali o semplicemente, attraverso le parole, esplica la propria sofferenza psichica.    Questa introduzione preannuncia ciò che andrete ad affrontare leggendo il primo articolo di quella che sarà #SquiLibri, una rubrica curata da me, Sabrina Caracciolo, laureata in Scienze e tecniche di psicologia cognitiva e specializzanda in Psicologia clinica e della salute nel ciclo della vita, su Strega in biblioteca, dove cercherò di svelare le menti degli scrittori/ici e dei loro personaggi, appartenenti ad un passato letterario in cui i disturbi della mente umana erano un mondo invisibile, eppure assai presente.. E, chissà, potreste anche scoprire qualche chicca sulla psicologia e sulla psichiatria.

Alice nel Paese delle Meraviglie e la "sindrome di Alice"

L’opera di Caroll è sicuramente una delle opere più chiacchierate degli ultimi tempi. Alice viene rimpicciolita, allargata, confusa e spesso non riuscirà a rispondere alle proprie domande interiori. La protagonista è una semplice bambina di sette anni, alla scoperta di sé stessa e di ciò che le riserva il mondo. Esistono diverse chiavi interpretative psicologiche dei vari personaggi che lo stesso Caroll ci presenta e, ad ognuno di essi, possiamo affiancare una sfaccettatura differente dell’opera. La dimensione onirica creata dall’autore ci trasporta verso ingenite situazioni da vivere attraverso la piccola Alice, la quale rappresenta per eccellenza l’infanzia a tutto tondo. Varie sono le situazioni da vivere attraverso le pagine di questo romanzo così controverso, le interpretazioni lo sono altrettanto. 

Partiamo raccontando un po’ il suo autore. Dai diari di Lewis Carroll emerge che egli soffriva di gravi emicranie, con sintomi simili a quelli descritti nel suo romanzo addosso alla protagonista. L’autore trasse così l’ispirazione per narrare la sua patologia, ma anche per dare un senso a ciò che provava. Ciò portò a dare un nome a una psicopatologia proprio come l’omonimo libro di Caroll. La sindrome di “Alice” non è l’unica del libro. In Alice nel Paese delle Meraviglie, la balbuzie del Dodo può essere considerata una parodia di Carroll stesso? La pazzia del Cappellaio Matto aveva un fattore biologico o ambientale?

La sindrome di “Alice Nel Paese delle Meraviglie” (AIWS) è una psicopatologia neurologica caratterizzata da una sintomatologia invalidante, che insorge principalmente nella prima infanzia. È stata scoperta in pazienti con successiva infezione da mononucleosi infettiva. Ma perché stato scelto proprio questo nome per definire la patologia? La sintomatologia che arreca sembra ricordare molto il romanzo di Caroll. Infatti, i pazienti riferiscono di avere una visione alterata del proprio corpo (es. parti del proprio corpo più grandi rispetto alle altre), anche la percezione degli oggetti all’interno della stanza è alterata (es. sono percepiti come più piccoli o più grandi) e spesso l’individuo perde lo scorrere del tempo e la percezione diviene molto labile o frenetica (così come accade al Bianconiglio del romanzo). Spesso i pazienti possono avere delle forti allucinazioni arrivando a vedere elementi che non esistono o a percepire in modo erroneo situazioni. L’alterazione della percezione non è limitata alla vista, ma si estende alla percezione auditiva e tattile. Sembra quasi che l’autore abbia voluto descrivere per vie traverse la patologia, che al tempo non era riconosciuta in campo medico psichiatrico.

I dolori del giovane Werther e la sua melancolia

Il romanzo di Goethe costituisce uno dei capolavori di romanzi epistolari più conosciuti, svolta così la sua immissione nella letteratura del tempo. L’autore stesso s’ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto, ricostruisce così, attraverso delle epistole indirizzate all’amata donna, il romanzo più conosciuto di sempre. Ma non è tutto oro ciò che luccica: il protagonista del romanzo culminerà la sua sofferenza con il suicidio. Si constatò successivamente che Goethe trasponesse attraverso l’animo di Werther la sua melancolia, una trasposizione diretta di vita all’interno della letteratura del tempo. Il capolavoro goethiano è incentrato sulle irrefrenabili angosce d’un giovane borghese, dove l’eroe si contrappone sia alle convenzioni sociali dominanti e alla natura stessa dell’uomo. A seguito dell’inevitabile sconfitta, la melancolia prevale sull’eroe romantico, il quale trova conforto non più nell’ardente e non corrisposto amore, ma al metter fine alla sua sofferenza attraverso il suicidio. Quell’amore dilaniante squarcia l’animo del protagonista, ma anche del lettore, e lo riduce a brandelli, spingendosi fino alla vanificazione dell’esistenza.

 All’inizio il disturbo depressivo maggiore era denominato melancolia. Spesso si sovrapponevano sintomi depressivi e umori scuri, nonostante entrambi facciano parte della stessa medaglia. Questo disturbo del tono deflesso dell’umore diventa tale quando intacca la quotidianità del soggetto e non è giustificato da altra situazione (es. lutto, divorzio, separazione, ecc.). La sintomatologia del disturbo depressivo è pervasiva e invalidante per il soggetto. Il soggetto affetto presenta: anedonia, disturbo del sonno, aumento o diminuzione del peso corporeo, pensieri suicidari e sentimenti perenni di autosvalutazione. Ne I dolori del giovane Werther, il protagonista arriva all’atto estremo poiché stremato dall’amore e dalla melanconia nel suo petto. Ogni giorno, con lentezza, ciò che più lo tormenta lo trascina nelle tenebre, il suo animo puro diviene cupo e privo di quella forza che un tempo lo contraddistingueva. 

Qualche informazione sul libro: è sicuramente uno dei casi letterari che creò più scalpore; non solo per la denuncia sociale che Goethe intaccava, ma anche per la messa a nudo di una condizione patologica al tempo sconosciuta. Successivamente all’uscita del volume, in quegli anni, vi fu un incremento dei suicidi poiché la metafora goethiana non fu realmente compresa. Attualmente, con l’avanzare della medicina e della concretizzazione di una patologia così silente quanto devastante, la sensibilizzazione diviene quasi necessaria per chi sta accanto a noi. Il disturbo depressivo maggiore colpisce centinaia di persone. Conduce chi n’è affetto a vivere in un baratro dove la luce diviene sempre via via più fioca, ma sta a lui stesso cercare la via della speranza e salvezza, ovviamente con aiuto medico affianco.

Dracula e il vampirismo clinico

Il Dracula di Bram Stoker è offuscato dalla fitta nebbia dei pregiudizi letterari, come se all’interno delle pagine si celasse uno dei peggiori mostri mai messi al mondo. L’opera di Stoker affonda le sue radici nella figura di Vlad III di Valacchia (l’Impalatore). Il gotico e le atmosfere horror create dall’autore ammaliano il lettore e lo trasportano verso il vampiro. Questa figura per anni, se non per decenni, terrorizzò la popolazione (la quale, molto superstiziosa, praticava difese anti-vampiro, come appendere aglio alle porte e conservare acqua santa in casa). Il Conte creato dalla penna di Stoker è considerato un eroe antivittoriano poiché conduce una vita ricca di vizi, è un aristocratico decadente ma soprattutto non si uniforma alle regole sociali del tempo. Stoker descrive il Conte con modi antichi ed eleganti, che rappresentano i vizi della società del tempo, e agisce seguendo gli impulsi più animaleschi. Nel corso dei secoli, la figura del vampiro diviene estremizzata e stereotipata, da “bevitore di sangue” a “uomo con la pelle brillantinata” (fan di Twilight non linciatemi). Ma ciò che Dracula scatenò come caso letterario non è solo la paura del vampiro ma anche ciò che alcune persone compivano per proprio diletto: ovvero il vampirismo clinico.

Il vampirismo clinico (o sindrome di Renfield) è una parafilia caratterizzata dall’eccitamento sessuale associato all’ingerire o vedere sangue. Questa tipologia di disturbo è spesso caratterizzata dalla convinzione del soggetto di essere un vampiro con la necessità di nutrirsi. Informazione interessante: tale disturbo viene anche chiamato con il termine “sindrome di Renfield”, che deriva da Richard Noll sulla base di R.M. Renfield, personaggio del romanzo Dracula di Bram Stoker, il quale, detenuto nel manicomio del Dr. John Seward, è un mangiatore compulsivo di uccelli, mosche e ragni al fine di prosciugare la loro forza vitale.

Alcuni pazienti affetti dalla patologia negano la connotazione erotica e si soffermano sulla convinzione che debbano nutrirsi col sangue per la loro natura vampiresca. Tale patologia è maggiormente frequente negli uomini e si suddivide in quattro fasi:
• Infanzia: dove il soggetto scopre per puro caso l’eccitazione verso il sangue.
• Autovampirismo: il soggetto che ne soffre si autoinfligge delle ferite per poter soddisfare la sua “fame”.
• Zoophagia: incomincia a bere il sangue degli animali, spesso quelli domestici poiché sono quelli più accessibili.
• Vampirismo Clinico: la fase più avanzata della sindrome e che caratterizza la patologia in questione, in cui l’individuo vuole mangiare il sangue di altri esseri umani, ottenendolo sia in modo lecito che criminale.
La sintomatologia è forte e pervasiva, attualmente non si sanno ancora le cause reali di tale patologia. Nella pratica psicanalitica si pensa che ciò sia dovuto a dei traumi in età infantile. Nella storia della cronaca nera vi sono molte figure famose affette dal vampirismo clinico: la Contessa sanguinaria, il vampiro di Hannover e anche uno dei primi serial killer studiati da Cesare Lombroso: il Vampiro della Bergamasca.

#SquiLibri: una rubrica su letteratura e psicologia

Quelli di Alice, Werther e Dracula sono solo tre casi di personaggi che rispecchiano delle malattie psicologiche realmente esistenti, ma la letteratura classica nasconde centinaia di esempi simili. La rubrica #SquiLibri cercherà di indagare i più interessanti, le malattie che hanno afflitto scrittori, scrittrici e, di conseguenza, i loro personaggi che ancora oggi amiamo leggere. Si tratta spesso di profili talmente torbidi ed affascinanti da lasciarci senza fiato! Vi consiglio, quindi, di iscrivervi alla nostra News Letter per non perdere gli aggiornamenti della rubrica e si seguirci su Instagram per contenuti extra e piccoli focus sul tema. Di quali romanzi vi piacerebbe sentir parlare nella prossima puntata di #SquiLibri? Faccelo sapere con un commento!

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