I simboli della paura: tra mostri e altri terrori
Quali sono i mostri che dominano non solo i nostri incubi, ma anche i contenuti cinematografici e seriali da cui siamo circondati? Gli stessi su cui sono stati scritti numerosissimi libri e storie che ci fanno più paura? Durante il periodo di Halloween, siamo circondati da consigli riguardanti determinate figure che tornano sempre, come quella della strega, dei licantropi o altri animali antropomorfizzati, dei non-morti, tra cui ritroviamo vampiri, zombie e fantasmi.
Vi siete mai chiesti perché, nei racconti di diverse culture, compaiano spesso queste stesse figure inquietanti? Magari presentando qualche differenza, queste entità fanno parte delle narrazioni folkloristiche di molte culture presenti in tutto il mondo. Antropologicamente parlando, che cosa rappresentano queste creature? E dal punto di vista psicologico? Perché questi individui popolano ancora le storie del terrore, dopo secoli dalla loro prima comparsa? E perché continuano a suscitarci ancora tanta paura?
L'emozione della sopravvivenza: la paura
L’emozione della paura coinvolge una struttura cerebrale in particolare: l’amigdala. Nel processo evolutivo, la paura riveste una grande importanza, perché più di qualsiasi altra emozione svolge un ruolo fondamentale per la sopravvivenza. Ma la paura è un’emozione che suscita, in tempi odierni, anche grandi sofferenza, procurando preoccupazioni, angoscia e in casi patologici anche sintomi come attacchi di panico e fobie. La paura ha una forte influenza sull’attenzione e porta ad un’attivazione fisiologica che ci induce a scappare o a immobilizzarci per non farci notare. Ma quali sono le paure che entrano in gioco quando parliamo di figure come quelle menzionate pocanzi?
Si potrebbe riassumere il tutto con la paura di ciò che non si conosce, o la paura della morte, ma queste paure racchiudono dei significati più profondi e vengono rappresentate simbolicamente da entità specifiche, con caratteristiche proprie tramandate negli anni. Quando si parla di folklore e storie tramandate, è necessario citare la psicoanalisi, in particolare il lavoro di Carl Gustav Jung. Secondo lo psicanalista, gli esseri umani possiedono un “inconscio collettivo”, innato e contenente delle rappresentazioni comuni ad ogni individuo, al cui interno sono strutturate delle figure, non immagini innate, ma derivanti da una facoltà innata di formare immagini, che Jung chiama “archetipi“. L’archetipo rappresenta un mediatore tra istinto e immagine, mondo e individuo, ed è una rappresentazione comune di un concetto. Per la psicologia analitica, le nostre paure più comuni e le rappresentazioni letteraria che sono nate per raccontarle, si sono sviluppate a partire da basi comuni a tutti gli uomini, ossia, dagli archetipi.
Analizziamo le figure che negli hanno continuato a rappresentare gli emblemi delle più grandi paure dell’essere umano.
Il non-morto: la paura della morte che prende vita
Ad oggi i non morti, non più morti o morti viventi, vengono rappresentati, dal cinema e dalla letteratura, come cadaveri rianimati per mezzo di forze oscure o a causa di epidemie che riportano in vita i cadaveri che hanno contratto la malattia. Si presentano solitamente come automi privi di intelletto, corpi parzialmente consumati dalla putrefazione e preda dei propri istinti, che si trascinano in cerca di corpi vivi da cacciare (e digerire). Solitamente sono inseriti in contesti che presentano malattie e lotte per la sopravvivenza della specie ormai in decadimento, sempre in gruppo, mai come singoli.
Quali sono, quindi, le paure incarnate da questi esseri? Sicuramente è la morte uno dei nemici che gli zombie rappresentano (essendo un essere morto, questa era abbastanza facile), ma non solo. Lo zombie è la perfetta via di mezzo tra qualcosa che riconosciamo, un corpo umano, e qualcosa che non conosciamo e assolutamente inspiegabile, ossia qualcosa che sia nel mezzo tra la vita e la morte. Incarna in sé diverse paure umane: è la manifestazione simbolica di un popolo straniero che attenta alla vita della società in cui siamo, sterminando chiunque blocchi il loro avanzare, senza discriminazioni. Inoltre solitamente ci ritroviamo, nelle varie produzioni che parlano di queste entità, in situazioni di sopravvivenza in cui un’epidemia ha generato il nemico da combattere.
Malattia, cannibalismo, straniero pericoloso e morte, il tutto in una raffigurazione purulenta e inquietante. Qualcosa che prima era e ora non è più. Al di là di questa poco necessaria rappresentazione decisamente disgusta, le varie narrazioni tendono a prendere sempre la stessa direzione: unirsi contro un nemico comune. Lo zombie, nella sua forma attuale, è probabilmente il più giovane dei mostri più comuni perché nasce da paure più attuali, quella di epidemie e di estinzione della specie. Come lettura che ha come protagonisti gli zombie, noi della Redazione di Strega in Biblioteca vi consigliamo il divertentissimo Zombie Friendly di Giulia Reverberi (trovate la nostra recensione cliccando qui!)
Il Vampiro: tra paura e desiderio
Non è facile risalire alla nascita della figura del vampiro, ma la superstizione popolare di questa figura così legata alla morte prese vita nel medioevo, nonostante la sua origine derivi già dall’antichità greca e romana. In Occidente prese piede un’isteria collettiva nei confronti di defunti rianimati che ritornavano in vita per tormentare i vivi, mostri dotati di una fisicità e che facevano ammalare gli uomini, diffondendo malattie. Questa figura fu particolarmente importante in letteratura ed uno dei primi che diede vita alla figura del vampiro simile a quella che conosciamo oggi fu John Polidori, con il suo testo “Il Vampiro”, che parlava di un attraente straniero che riusciva ad ammaliare e soggiogare gli altri per cibarsi della loro linfa vitale.
Inutile dire che la rappresentazione metaforica del “succhiasangue”, ispirato alla figura di Byron, non rimase poi così tanto metaforica negli anni successivi. Diversi autori continuarono a parlare di questa affascinante creatura con caratteristiche simili a quelle che ad oggi conosciamo, come ad esempio Bram Stoker con il suo “Dracula”, oppure Sheridan Le Fanu con “Carmilla”, associando sempre più dettagli a questo essere. Ancora oggi questa figura viene arricchita di particolari, ma due sono le caratteristiche attualmente immancabili del vampiro odierno: la sete di sangue e il fascino ammaliante, perfetto per trarre in inganno le proprie vittime.
Dietro a questa figura possiamo scorgere temi relativi a paure collettive. Il vampiro è un essere senza vita, ma vivo, che si nutre di sangue di altri esseri umani, caratteristica solitamente associata a figure demoniache. Torna il contrasto tra vita e morte ed anche in questo caso la figura del vampiro rappresenta la paura da parte dei vivi nei confronti della morte, di un possibile ritorno e quindi di un negato ingresso alla vita ultraterrena. Inoltre, va sottolineato che il fascino della figura che si nutre di sangue, rappresentata nell’antichità con sembianze per lo più femminili, ha un collegamento diretto con la sfera sessuale.
Il vampiro rappresenta quindi la sessualità, la fame di sangue che è facilmente associabile a quella del desiderio, il potere dell’altro-amante che conquista l’amato e la dimensione di attività/passività nella relazione sessuale, da una parte chi agisce e dall’altra chi non reagisce, inerme, al risucchio della propria linfa vitale. Non ci stupiscono più le rappresentazioni estremamente sensuali dei vampiri, vero? Tra personaggi come Lestat, Damon Salvatore ed Edward Cullen, sono sicura che molti lettori e lettrici non staranno pensando per la prima volta al vampiro in questi termini. Se avete voglia di approcciare la figura del vampiro in campo saggistico, il consiglio della redazione è quello di recuperare il saggio di Gabriella Giliberti Love song for a vampire, in uscita il 31 ottobre 2023.
La licantropia: l'istinto che non può essere controllato
Il licantropo, o lupo mannaro, secondo la leggenda, sarebbe un essere umano condannato da una maledizione, ereditaria solitamente, che lo porta a trasformarsi in bestia durante il periodo di luna piena. Ma questa trasformazione, in altre culture, si manifesta in altre forme, come quella di un orso o di una volpe. Con il termine “licantropia clinica”, nella storia delle malattie psichiatriche, si faceva riferimento ad una particolare condizione psichiatrica per cui i pazienti una volta al mese assumessero atteggiamenti animaleschi, durante il momento della luna piena.
Il lupo conserva un forte legame con il nostro immaginario, rappresenta un simbolo ambivalente. Così simile all’animale più vicino all’uomo, il cane, ma così distante nella sua vera natura, poiché simbolo di forza, intelligenza. Un animale tanto idealizzato quanto temuto, che ha dato vita a numerose leggende durante il periodo dell’Alto medioevo.
Cosa rappresenta l’uomo-lupo? Così come molte metamorfosi all’interno di miti e racconti, la trasformazione da umano ad altro, porta fuori la vera natura di colui che si trasforma. Il lupo rappresenta forza, aggressività, rabbia ed istinto. Seppur contenute nella forma umana, le proprie tendenze istintive hanno libero sfogo nella forma animale. La paura di lasciar andare la propria vera natura ed i propri sentimenti reali si manifestano nella figura affascinante dell’uomo-lupo, vittima di sé stesso e dei propri impulsi. Anche qui il rimando immediato è, oltre che all’aggressività, alla sessualità.
La strega: la paura del femminile
Il personaggio più complesso tra quelli trattati, e chissà perché il nostro preferito, è quello della strega. Solitamente rappresentata da una figura anziana, saggia, solitaria e particolarmente legata alla natura, è una rappresentazione innegabilmente femminile, l’opposto dell’idealizzazione estetica della donna, nelle prime raffigurazioni.
La strega, per la psicanalisi Junghiana, rappresenterebbe le pulsioni istintive, il rimosso dall’inconscio, la proiezione personificata della parte inconscia femminile della psiche maschile, interpretandone la parte più oscura, anche detta ombra. È inoltre la personificazione della grande madre, un personaggio archetipico ambivalente e citato continuamente all’interno delle fiabe. Metamorfica e selvaggia, terribile e amorevole al tempo stesso, strega e madrina si ostacolano e si rispecchiano, proiettando due versioni opposte della stessa entità.
È sicuramente il personaggio che meriterebbe più spazio e con una storia più lunga da narrare, sia per la sua simbologia psicologica, che per la sua importanza all’interno delle fiabe e dei racconti folkloristici, oltre che per la sua importanza dal punto di vista storico e per ciò che ha rappresentato. L’unico che prende vita fin dall’antica Grecia, dai miti dedicati a figure come Circe e Medea, per poi arrivare alla descrizione di una donna demoniaca, Lilith, fino alla Baba Jaga di origine russa. Dalla caccia alle streghe alle diagnosi di isteria, la strega è la manifestazione più diretta della paura nei confronti del femminile, che sia madre, megera o tentatrice o parte del sé inconscio. Come lettura sul tema vi consigliamo il saggio di Silvia Federici Calibano e la strega.
[…] questi sono gli attori che si muovono sul palco di Absinthe, creature soprannaturali che incarnano le peggiori paure dell’umanità e che qui, in maniera analoga a titoli come The Vampire Daries, troviamo in un contesto a noi […]