OPINIONISTA
Bussola letteraria: guida alla fantascienza

Bussola letteraria: guida alla fantascienza

La fantascienza è, senza ombra di dubbio, il genere letterario che meglio riflette e interpreta il suo tempo, sfruttando le conoscenze e le preoccupazioni del presente e proiettandole in un futuro più o meno possibile. Secondo il critico americano Darko Suvin, la fantascienza è “la letteratura dello straniamento cognitivo”: presenta mondi e realtà differenti da quelle che conosciamo ma che si fondano su basi scientifiche plausibili. Il cuore di questo genere è quello che Suvin definisce novum”, ovvero una novità strana che rompe la nostra percezione del consueto. Così si fanno strada nelle narrazioni elementi e soggetti possibili, spesso terrificanti per la coscienza umana: intelligenze artificiali che si ribellano, robot che rovesciano l’ordine gerarchico, razze aliene – spesso superiori – pronte a minacciare il nostro fragile equilibrio umano.

Brevissima storia della fantascienza: madri, padri e profeti

Era una notte buia e tempestosa e una giovane ragazza appena diciottenne scrive per scommessa e per gioco un racconto che influenzerà non solo il resto della sua vita ma che la incoronerà, secoli dopo, come madre della fantascienza. Mary Shelley col suo Frankenstein mette nero su bianco una profonda critica all’arroganza scientifica e al mito del progresso incontrollato. Il novum di Mary Shelley è sicuramente rappresentato dalla presenza del mostro, che affianca questo nuovo proto-genere, appunto la fantascienza, al gotico già presente nel periodo, portando al limite da una parte le implicazioni galvaniche e dall’altra la morale umana.

Qualche decennio dopo si affaccia nel panorama fantascientifico un nome che tutti almeno una volta nella vita abbiamo letto o sentito: Jules Verne, quello che a me piace chiamare il profeta della fantascienza. A differenza di Mary Shelley, il cui punto di vista è essenzialmente pessimistico e il fine quello di mettere in guardia l’uomo dalla sua stessa brama di scoperte e potere, le opere di Verne si distinguono per una visione ottimistica del progresso umano. I suoi romanzi anticipano invenzioni e tecnologie che vedranno la luce solo decenni o addirittura secoli dopo, e per questo parliamo di “fantascienza profetica”. Giusto per fare qualche esempio e citare qualche opera, Verne in Ventimila leghe sotto i mari, esplorando gli abissi oceanici con il Nautilus del Capitano Nemo, non fa che anticipare lo sviluppo dei moderni sommergibili. Così come in Dalla Terra alla Luna, in cui immagina un viaggio spaziale attraverso una gigantesca capsula lanciata da un cannone, non fa che anticipare i concetti che avrebbero ispirato le missioni spaziali moderne.

Alla fine dell’Ottocento, il genere si sviluppa ulteriormente con H.G. Wells e, come scrivono Angela Bernardoni e Andrea Viscusi in Fantascienza, Storia delle storie del futuro: “Wells si sposta sulla critica sociale e spesso le sue storie si possono leggere come cautionary tale. Senza perdersi in dettagli tecnici sul funzionamento della sua macchina del tempo o il mezzo di propulsione usato dai marziani per raggiungere la Terra, H.G. Wells è riuscito, in cinquant’anni di pubblicazioni, a gettare le basi di molti tropi della fantascienza che ancora oggi godono di ottima fama e vengono esplorati e rielaborati da autorə contemporaneə. Per citare le sue opere più famose, dal 1895 al 1898 Wells pubblica La macchina del tempo, L’isola del Dottor Moreau, L’uomo invisibile e La guerra dei mondi, codificando e archetipizzando i viaggi nel tempo, lo scienziato folle, figlio del vecchio Frankenstein ma con una maggiore consapevolezza scientifica e tecnologica, e l’invasione aliena.”

I colossi del genere

Prima di addentrarci nelle diramazioni infinite del genere, è doveroso rendere omaggio a quelle opere che hanno definito i confini e l’essenza stessa della fantascienza, diventando veri e propri pilastri del genere. Primo tra tutti non si può non citare Dune di Frank Herbert, riscoperto recentemente anche grazie alla serie di film diretti e co-prodotti da Denis Villeneuveil. Scritto negli anni ’60 del secolo scorso e ambientato in un futuro lontano su un pianeta desertico chiamato Arrakis, il romanzo affronta temi universali come l’ecologia, i giochi di potere della politica e la religione. Una lettura perfetta per avvicinarsi al genere.

“Un tempo gli uomini dedicavano il proprio pensiero alle macchine, nella speranza che esse li avrebbero liberati. Ma questo consentì ad altri uomini di servirsi delle macchine per renderli schiavi.”

Frank Herbert, Dune

Impossibile non citare Isaac Asimov, che nella sua serie della Fondazione ha introdotto le celebri Tre Leggi della Robotica, ormai fondamentali e quasi canoniche per il genere tanto quanto per la realtà: un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno; un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto con la Prima Legge; un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. Della saga Fondazione è stata prodotta una serie TV disponibile su Apple TV. 

Proprio di robot preferisce parlare Philip K. Dick, pur rendendo la narrazione in qualche modo intima e allo stesso tempo destabilizzante. Conosciutissimo è ormai il film Blade Runner, tratto dal suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? in cui mette in discussione tanto la realtà quanto l’identità dell’uomo in un mondo che viaggia su un treno senza fermate verso la distruzione totale. Se invece vogliamo spostarci in uno dei luoghi preferiti della fantascienza, lo spazio infinito, uno dei primi nomi che viene in mente è quello di Arthur C. Clarke, che col suo 2001: Odissea nello spazio, ha definitivamente portato il genere verso una dimensione cosmica. Il libro viene sviluppato in parallelo col film di Kubrick e si fa portatore non soltanto di una visione realistica – almeno per le conoscenze del tempo – dei viaggi spaziali, ma pone anche domande su quale sia il posto dell’uomo nell’Universo.

Un futuro dopo la fine: il post-apocalittico

Il novum di cui parla Suvin si inserisce anche nei sottogeneri della fantascienza, in cui la visione pessimista del futuro è la protagonista indiscussa: la narrativa post-apocalittica e la distopia. Per quanto riguarda quest’ultima, la redazione ha già approfondito con un articolo dedicato al tema. La narrativa post-apocalittica, invece, si è evoluta da temi di progresso tecnologico e scientifico verso un’esplorazione più oscura delle conseguenze del loro abuso o fallimento e si concentra, quindi, sulle rovine di quel progresso: mondi devastati da guerre nucleari, pandemie, catastrofi climatiche o collassi sociali.  

Ciò che il romanzo post-apocalittico mette in risalto è come il male stesso si sia ormai incarnato negli uomini e di conseguenza un tema ricorrente è quello della completa deriva morale dell’uomo. Quando la società crolla si spezzano le catene morali che tengono a freno la ferocia dell’essere umano. Riprendendo il celebre motto del filosofo inglese Hobbes, homo homini lupus, l’egoismo umano emerge come la minaccia più insidiosa. In questo caos, i protagonisti di queste storie sono spesso persone che riescono a restare umane, mantenendo un briciolo di morale in un mondo che ha perso ogni riferimento. La narrativa post-apocalittica mette in discussione l’intero sistema di valori che caratterizzava il mondo prima della catastrofe. In un ambiente ormai irriconoscibile, l’uomo perde il senso della propria identità e si avvicina pericolosamente a una condizione primitiva che rappresenta ciò da cui aveva cercato di emanciparsi.

A metà del secolo scorso si fa strada nelle librerie Io sono leggenda di Richard Matheson, da cui è tratto l’omonimo film del 2007 diretto da Francis Lawrence. Ambientato in un mondo devastato da un’epidemia che ha trasformato la maggior parte della popolazione in creature simili a vampiri, il romanzo segue Robert Neville, l’ultimo uomo apparentemente sano sulla Terra. La storia racconta di come Neville combatta non solo contro le creature, ma anche contro la solitudine e la crescente disperazione. La sua lotta per la sopravvivenza lo porta a riflettere sulla natura dell’umanità, sull’alienazione e sulla possibilità di redenzione in un mondo che sembra ormai irrimediabilmente perduto. Altro titolo che ormai è diventato un classico del genere è La strada di Cormac McCarthy, romanzo degli inizi del nuovo millennio che racconta la storia di un padre e di un figlio mentre attraversano un mondo devastato da un evento apocalittico mai del tutto specificato. Nella storia l’anarchia regna sovrana e le poche persone che i protagonisti incontrano per la strada segnano e sottolineano sempre di più l’imbarbarimento dell’essere umano.

Tecnologia ribelle: il cyberpunk

Negli anni ’80, tra sesso droga e rock’n’roll si fa strada nella fantascienza la corrente letteraria conosciuta come cyberpunk. Sicuramente il più anarchico tra i sottogeneri del multiverso sci-fi, il cyberpunk concentra le sue narrazioni in città sovraffollate e iper-tecnologiche, dominate da megacorporazioni che lasciano poco spazio alla libertà individuale. Questa corrente è probabilmente vicina di casa della distopia, ma il focus è diverso: i personaggi sono hacker, mercenari, ma la loro caratteristica principale è, prima di tutto, essere degli outsider che cercano di sopravvivere in mezzo a realtà virtuali, cyberimpianti e una società che sembra aver perso la bussola.

Capostipite del genere è il Neuromante di William Gibson, ambientato in un futuro dove la rete globale, il cyberspazio – che è il nostro “banalissimo” internet, ma ai tempi era un concetto rivoluzionario – è diventata un elemento centrale della vita quotidiana. Il romanzo segue Case, un hacker caduto in disgrazia in una missione intricata e pericolosa e dipinge un mondo cupo, affrontando temi come l’alienazione dell’individuo in una società iper-tecnologica, il controllo esercitato dalle megacorporazioni e le implicazioni etiche del progresso scientifico.

Come salvare il futuro: la climate fiction

La climate fiction è una corrente letteraria nata nel nuovo millennio, pur avendo nel secolo precedente dei romanzi che appartengono al genere fantascientifico che oggi potrebbero essere considerati dei proto-testi. Essendo un fenomeno molto recente, i critici sono ancora divisi nel definirlo un sottogenere della fantascienza o un genere a sé stante. Personalmente, mi inserisco nella fazione che lo considera un sottogenere e per questo motivo mi prendo la libertà di inserirlo in questo articolo.

Uno dei temi centrali della climate fiction è il contrasto tra il capitalismo e la necessità di un cambiamento verso la sostenibilità ambientale, riflettendo sulla vulnerabilità del nostro pianeta e delle sue forme di vita. La climate fiction pone l’accento non solo sull’essere umano, ma anche su animali e piante e per questo sfida le convinzioni tradizionali che pongono l’uomo come essenza dominante, destinato a governare il resto del pianeta. Questo nuovo sottogenere invita il lettore a riconsiderare il suo rapporto con l’ambiente, affrontando direttamente le implicazioni dei cambiamenti climatici e il comportamento umano che ha condotto a questa crisi. La cli-fi sfida l’idea di un uomo superiore e propone una visione più equilibrata, in cui l’uomo è parte integrante di un sistema naturale che va rispettato e compreso.

In questo contesto si inserisce perfettamente la trilogia fantascientico-weird di Jeff Vandermeer, Southern reach trilogy, in italiano La trilogia dell’Area X. La saga esplora un’area misteriosa e incontaminata – l’Area X, appunto – dove la natura ha subito trasformazioni radicali e incontrollabili, quasi come se la Terra stessa stesse reagendo agli abusi perpetrati per anni dagli esseri umani. In questo paesaggio alieno, la natura si rivela ostile e imprevedibile, e così la penna di Vandermeer interpreta simbolicamente i cambiamenti climatici e ambientali causati dalle azioni dell’uomo. La Trilogia dell’Area X va oltre il semplice conflitto tra l’uomo e la natura: è un viaggio alla scoperta di una nuova realtà, quella in cui la natura non è più succube e passiva ma agente attivo e reattivo. La storia di Vandermeer invita chi legge a interrogarsi sulle conseguenze impreviste delle azioni dell’uomo sull’ambiente e su come l’essere umano potrebbe trovarsi di fronte a un mondo che non riesce più a comprendere, proprio come nel cuore delle crisi ecologiche attuali.

Incontrare gli alieni in accappatoio: la fantascienza umoristica

Oltre ai robot assassini, alle creature aliene pronte a sterminarci e allo spazio profondo che inghiottisce ogni forma di vita si perda in esso (in pratica, è tutto letale), c’è un ramo della fantascienza che si fa portatore di una magica missione: far ridereLa fantascienza umoristica rimodella quegli archetipi e simboli che si sono standardizzati nel genere e li capovolge. Picco più alto di questo tipo di narrativa è Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams. Qui gli alieni sono nocivi agli esseri umani come potrebbe esserlo un amico un po’ irritante, un tizio che cammina piano davanti a te sul marciapiede, una persona che mastica rumorosamente: fastidiosi, ma tutto sommato potrebbe andare peggio. Douglas Adams con il suo humor inglese crea un viaggio spaziale tanto spettacolare quanto spassoso, sfruttando le scoperte scientifiche attuali e aggiungendo quel pizzico di buffa assurdità che le rende possibili tanto quanto improbabili. Questa trilogia in cinque atti si prende poco sul serio e fa lo stesso con molti principi della società odierna. D’altronde, se dalla mente di Adams può uscirne fuori un pesce che permette di parlare tutte le lingue del mondo, un’intera razza aliena che è nota per le sue terribili poesie e un motore ad improbabilità infinita, sicuramente qualche frecciatina al capitalismo non manca nella sua faretra.

Le donne hanno una stanza tutta per sé in cui scrivere di fantascienza?

Sicuramente si sarà notato, nel corso della lettura di questo articolo, la mancanza di nomi femminili nel panorama fantascientifico. Paradossale, se si pensa che è stata proprio la penna di una donna a dare una delle prime spinte importanti al genere. La triste verità è che le materie scientifiche e la scienza più in generale, ambiente in cui era necessario un certo tipo di logica che secoli fa mai si sarebbe pensato di abbinare ad una presenza femminile, ha reso la partecipazione delle donne a questo tipo di narrativa estremamente sporadico se non del tutto assente per molti, troppi, decenni.

Bisogna arrivare alla seconda metà del Ventesimo secoli per trovare dei nomi femminili nel genere fantascientifico, complice anche il movimento femminista degli anni ’60 e ’70. Finalmente, le donne riescono a far sentire la loro voce e sulla scena sci-fi si affacciano personalità come Ursula K. Le Guin e Octavia Butlet (abbiamo approfondito quest’autrice in un articolo a lei dedicato), arricchendo le loro narrazioni con una visione non più vincolata dai limiti del sistema patriarcale. LeGuin ha la capacità di esplorare i temi del genere e dell’identità in modo innovativo e uno dei romanzi che meglio racchiude questi argomenti è La mano sinistra del buio. La storia è ambientata su un pianeta in cui gli abitanti sono ermafroditi e assumono un genere solo durante un periodo particolare della loro vita, e il romanzo sfida, senza nascondersi o arretrare nemmeno per un momento, le convenzioni tradizionali su mascolinità e femminilità.

La narrativa di Octavia Butler, invece, si erige su una profonda riflessione sul potere e sull’oppressione sociale. Proprio su questi temi si dipana la storia di Legami di sangue, in cui la protagonista si ritrova inspiegabilmente catapultata nel passato, precisamente nella piantagione schiavista dove vivevano i suoi antenati. Si crea quindi un contrasto tra una mentalità moderna e quella remota delle persone che lavoravano nella piantagione, e soprattutto quelli che la gestivano.

“Somiglio a qualcuno da cui poter tornare, se vai via un’altra volta?”
“Ho bisogno che ci sia tu qui per tornare, questo l’ho capito”.
Mi guardò a lungo, pensieroso.
“Continua a tornare allora”, disse infine. “Anch’io qui ho bisogno di te”.

Octavia Butler, Legami di sangue

Un ultimo nome che ci tengo a citare è Margaret Atwood, conosciutissima per il romanzo distopico Il racconto dell’ancella, si è in realtà avvicinata alla fantascienza con La trilogia di MaddAddam, in cui uno scienziato “pazzo” (e così si ritorna al caro Victor Frankenstein) mette a punto un modo per eliminare l’intera razza umana e lasciare che su questo pianeta distrutto proliferino un nuovo tipo di esseri, formati metà da DNA umano e metà animale, ma pur sempre creati in laboratorio. E così, nella narrazione di Atwood si fa strada l’essere umano 2.0, fatto di carne ma nato dalla tecnologia.

3 thoughts on “Bussola letteraria: guida alla fantascienza

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      Articolo fantastico, è un’ottima introduzione a tutto il genere Sci-Fi! (a cui io ammetto di non essermi mai approcciatə più di tanto, se non consideriamo il viaggio nel tempo di stilton da bambinə, ma è un po’ barare).
      Unica domanda che avevo in merito: il novum può essere considerato al pari dell’elemento fantastico nel genere omonimo? o è un *tipo* di elemento fantastico? E quale direste sia la differenza fondamentale dall’elemento di un fantasy?

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        Come prima cosa, ti ringrazio di cuore per aver letto e apprezzato questa breve guida che è solo un granello di sabbia nell’enorme genere che è la fantascienza. Per quanto riguarda il novum, invece, Suvin lo descrive come un elemento che rappresenta novità o innovazione rispetto alla realtà conosciuta, ma che è coerentemente spiegabile all’interno delle leggi della scienza e della razionalità. In pratica, pur essendo un qualcosa di inaudito e che ancora non è “reale”, è possibile che lo diventi e per questo motivo è plausibile all’interno di un quadro razionale e scientifico. Gli elementi magici, soprannaturali, o più largamente “fantastici”, invece spesso non sono razionalizzabili e quindi non possono essere considerati novum come lo intende Suvin.

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      Bellissimo articolo!
      Per essere un genere così vasto hai saputo sintetizzarlo in modo efficace.
      Vorrei citare solo il mio libro del cuore..
      Hyperion di Dan Simmons.
      Un testo epico intriso di filosofia e religione.
      I libri sono due, il secondo è I canti di Hyperion.
      Buon 2025 a tutte le streghe!!!

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