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Infelici gli dei: l’Olimpo si sposta in Texas

Infelici gli dei: l’Olimpo si sposta in Texas

Come Tolstoj scrisse centinaia di anni fa in Anna Karenina: «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo», e persino gli dei non sono immuni a questa verità universalmente riconosciuta. D’altronde, lo abbiamo visto di recente nelle serie tv Netflix Kaos.
Ne sanno qualcosa i protagonisti del romanzo di Stacey Swann, portato in Italia da Bompiani, il cui titolo Infelici gli dei (in originale Olympus, Texas) già promette una storia tormentata e dai risvolti drammatici.

Tutte le famiglie sono infelici

Sin da quando le storie che vedono come protagonisti gli dei hanno iniziato a diffondersi, un elemento comune a tutte le mitologie era sempre la paradossale imperfezione di quelle divinità che si ergevano a protettori degli uomini e personalità da adorare. Zeus non è mai stato fedele, e Hera, sua moglie, è ironicamente la dea simbolo della fedeltà e della castità matrimoniale. Efesto si è dovuto far accettare tra gli dei con l’astuzia vista la sua figura poco armoniosa, ed è riuscito ad avere con sé Afrodite, la dea dell’amore la cui bellezza è cantata da ogni cantastorie. L’umanità insita negli dèi viene a galla proprio attraverso i loro difetti, ricordando all’essere umano che forse l’Olimpo non è altro che una grande famiglia incasinata, non molto diversa da quella di quegli esseri così inferiori che sono gli umani: tradimenti, lotte intestine, inimicizie, gelosie e tanta, tanta, infelicità.

Stacey Swann Infelici gli dei

L'infelicità arriva sull'Olimpo

Proprio l’infelicità è il cuore pulsante della storia di June, Peter e i loro figli, divinità ben poco onnipotenti e ben più umanamente mediocri. 
Swann ci scaraventa via dall’alto e etereo monte Olimpo per portarci nella ben più isolata e cupa Olympus, in Texas, una piccola comunità in cui tutti si conoscono e nessuno ha davvero dei segreti; dove l’astio si tramanda assieme ai terreni e ai debiti e le offese sono incise nelle fondamenta delle case, impossibili da smantellare senza far crollare l’intero ecosistema familiare che si è sviluppato attorno al risentimento generazionale.
A Olympus tutto sembra ruotare attorno alla famiglia Briscoe, la più potente e infelice di tutte, di cui scopriamo il passato travagliato man mano che nuovi problemi nascono nel presente. 

Stacey Swann Infelici gli dei

L’immobilità di Olympus viene sconvolta dal ritorno improvviso di March (il caro vecchio Ares) dopo anni di autoesilio a seguito della sua relazione con Vera (Afrodite) moglie del fratello, Hap (chiaramente Efesto). Sin da subito l’Ares che Swann ci presenta non è la personalità fiera e orgogliosa che i miti tramandano, ma un uomo solo, triste e in cerca di redenzione; odiato dalla maggior parte della famiglia, guardato con disprezzo e, alla fine, ricordato solo per tutti gli errori compiuti crescendo. Con March-Ares inizia a delinearsi l’ambiente familiare distorto dei Briscoe, al cui vertice June giudica duramente i suoi figli, mentre Peter sembra voler perdonare ogni singolo sbaglio sperando di trovare, attraverso questa benignità, il perdono ai propri errori.

“[…] A quanto pare siamo tutti armati di coltelli affilati e non siamo troppo bravi a controllarli.”
“Ti sembra il modo di parlare della tua famiglia?”
“Essere una famiglia vuol dire solo che non abbiamo barriere di sicurezza a dividerci.”

Infelici gli dei, Stacey Swann

Le radici dell'infelicità

Le affilatissime sensazioni negative che si nascondono in bella vista tra i membri della famiglia Briscoe trovano la loro origine nel rapporto conflittuale tra June e Peter, separati da un buco enorme proprio al centro del loro matrimonio creato dall’infedeltà di Peter.  I decenni che i due hanno passato l’uno accanto all’altra sono stati ben poco tranquilli e sereni, costellati da un continuo ciclo di promesse e di tradimenti.
Peter continuava a ricadere sempre nei suoi vecchi vizi e June col tempo si induriva, bloccata in un matrimonio colmo di infelicità.
La scelta di June, per gran parte del romanzo, è quella di accettare la vita che ha, temendo il dolore che potrebbe derivare dalla perdita di tutto. 

“Dobbiamo parlare.”
“Questo lo dici tu. Non è vero. Non puoi costringermi.”
“Non si tratta solo di te.”
“Si tratta dei nostri figli, no? Pensi a quello che è meglio per loro? Hai deciso che avevano bisogno di altri due fratelli, anzi, altri tre? Che saranno più felici con una madre che odia il padre?”
“Tu mi ami quanto ti amo io,” disse Peter. “Te l’ho letto in faccia quando sei entrata in cucina. Sarebbe diverso se non mi amassi, invece mi ami.”
Allora June cominciò a piangere. Lasciò che il marito la abbracciasse. Se fosse riuscita a smettere di amarlo, sarebbe stata libera. Invece di puntare un fucile contro Peter, l’aveva puntato contro di sé. Qualunque fosse la sua scelta – il matrimonio o il divorzio – avrebbe vissuto con un foro in mezzo al petto. 

Infelici gli dei, Stacey Swann

Swann racconta lo sconforto di June con una penna leggera, rendendo chi legge un semplice testimone impotente della disfatta di questo penoso nucleo familiare, dove tutti cercano di fare del loro meglio ma non riescono a spezzare il ciclo di sofferenza che li tiene incatenati.
I Briscoe rappresentano quella famiglia dissestata dagli eventi che cerca di restare ancora insieme, in nome di un affetto che in realtà non c’è e di un legame di sangue che Peter si è ben impegnato a rendere superfluo. Le dinamiche che si sviluppano tra i personaggi sono inquinate dall’imperfezione degli esseri umani: gli dei sono, in poche parole, rappresentazioni di vizi e sono proprio questi ultimi che ne prendono il sopravvento: la lussuria di Peter, l’ira di June, la gelosia di Arlo (Apollo), l’invidia di Hap, la superbia di Vera, la l’orgoglio di Thea (Atena), la violenza di March.
Facendo un passo indietro è evidente: nessuno, a Olympus, riesce a sopravvivere a se stesso.

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