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Maeve, la recensione dell’horror di CJ Leede

Maeve, la recensione dell’horror di CJ Leede

Maeve e il ritorno degli acid horror anni '80

Maeve di CJ Leede (Maeve Fly in lingua originale) arriva in Italia come prima pubblicazione della nuova casa editrice Mercurio. E per gli amanti dei thriller horror è festa: definito come l’American Psycho al femminile, la Los Angeles in cui la storia ci trascina è fatta di sangue, sesso e violenza. E Maeve ne è la sua regina, perennemente a caccia del suo prossimo stimolo come un lupo famelico.

 

Un moderno American Psycho: Maeve è pronto a conquistarvi

Devi addormentare il tuo lupo, Maeve. Tienilo sedato e segreto e nascosto. È il momento della scimmia, questo. È ora, ragazza mia, di imparare a fingere.

Maeve è una giovane donna che lavora in uno dei posti più magici degli Stati Uniti: è la regina di ghiaccio di un famoso parco divertimenti a Los Angeles. Sotto il costume azzurro e la parrucca biondo platino, si nasconde una creatura che non appartiene alla società: emarginata e abbandonata dalla propria famiglia, entriamo nella vita della nostra protagonista dopo qualche anno che si è trasferita a vivere con sua nonna, una ex diva di Hollywood ormai in età da pensione. Ed è con la nonna che Maeve scopre la bellezza di una città che mai dorme e mai è sobria: oltre le attrazioni per i turisti e i neon fatiscenti, la vita notturna è una trappola per chi non ne apprezza la pericolosa bellezza. Con l’arrivo di Gideon, fratello della migliore amica di Maeve, il sottile equilibrio che la ragazza aveva trovato si incrina: non è più sola, non è più solo rabbia quella che prova, qualcuno la vede. E vede le efferatezze che è pronta a compiere, senza tirarsi indietro. Ma questa non è una storia con un lieto fine, e Maeve non è la principessa che impersona al parco. È fuoco, distruzione, un lupo in mezzo a un branco di pecore.

 

Il personaggio femminile come una rivendicazione di spazio negli horror

Maeve è un anti-Carrie. Mentre la prima protagonista di King è introversa, silenziosa e bullizzata, aspettando la fine del libro per esplodere dopo tutta la pressione e repressione che subisce nel libro, Maeve è il suo contrario. CJ Leede ci regala una giovane donna passionale, sicura di sé, che non chiede scusa e non teme di essere troppo. Solo nel finale le due tornano a essere figlie della stessa matrice: quella che vuole le donne come forza distruttiva finale. Così prese dalla spirale di violenza da non sapersi fermare, da non vedere quanto allo scoperto sono uscite. O forse da non sentirne proprio il bisogno, vista la libertà di esistere senza limiti per la prima volta nella loro vita.

Ed è così che la protagonista di Leede diventa sorella di Pearl, interpretata da Mia Goth, e di Thomasin, interpretata da Anya Taylor-Joy. La rabbia, declinata al femminile, è la grande componente degli horror e thriller che più spopolano negli ultimi anni. L’oppresso che si ribella delle catene sociali, massacrando l’oppressore. L’invisibile che fa di tutto per essere visto. Sono i sottotitoli delle violenze su schermo e tra le righe ad attirare il pubblico: sì, c’è del sangue e della tensione, ma quello che sei venuto a vedere è l’ordinaria follia di una persona che raggiunge il proprio limite, e consapevolmente va oltre.

Non ho mai capito, e continuo a non capire, l’idea che una donna debba essere vittima di una crudeltà qualsiasi – abbandono, maltrattamenti, oppressione da parte del patriarcato- per diventare un mostro. Gli uomini sono sempre stati autorizzati, nella narrativa e nella vita, a essere ciò che sono, a prescindere da quanto sia oscura e terrificante la loro natura. Da una donna invece vogliamo una risposta, pretendiamo un motivo.

Con semplicità, l’autrice di Maeve descrive una verità assoluta: la società pretende sempre di trovare un motivo singolo, un capro espiatorio, che giustifichi la mostruosità di un comportamento femminile non convenzionale

Tra i fumetti anni '80 e il cinema cult: Maeve è un libro per gli amanti (e non) del genere

Dalle prime pagine del libro si è calati in un’atmosfera che sembra congelata nel tempo. Sì, il parco Disney perennemente vittima del sarcasmo dell’autrice è aggiornato con le ultime uscite e principesse, ma la LA sullo sfondo è immutabile. Perennemente crepuscolare, è immobile nei suoi vizi e con le sue sagome di personaggi che fanno da sfondo alla storia principale. Siamo sulla scena dei vecchi cult horror, quelli che vengono richiamati e citati da tutta la produzione dagli anni 2000 in avanti. Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio, e come dice King nel saggio Danse Macabre, pensare di descrivere ogni film horror tra gli anni ’50 e ’80 che ad oggi è considerato cult è impossibile. Ma è l’arte dell’horror ad essere richiamata: non pornografia con un po’ di splatter, non una pessima trama mascherata dagli effetti speciali. Gli horror che volevano dire qualcosa a livello sociale, politico. O i thriller che esistevano solo per provare il puro piacere di essere terrorizzati da ciò che si sta guardando. Maeve richiama, senza citazioni dirette, questi grandi cult.

E mentre scendiamo negli scantinati a berci drink fruttati, e sudiamo nelle discoteche come spettatori della vita di Maeve e l’amica Kate, davanti agli occhi vengono richiamate le atmosfere tipiche di Oltretomba e altri fumetti del genere horror erotico: donne seminude, entità che osservano dal buio, città che sono le caricature di sé stesse. Colori che sembrano un trip acido, trame che girano intorno al sesso e al sangue: tutti elementi che in Maeve coesistono. Un libro quindi per chi è un amante del genere (non solo letterario) ma anche per chi vuole scoprirlo. La nostra cattivissima protagonista prende per mano la lettrice e il lettore, con una lettura tutta in prima persona singolare, e li trascina nella propria follia, nei propri eccessi, nei propri omicidi. E mentre siamo costretti a chiederci cosa arriverà dopo, Maeve è già passata oltre.

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