Killers of the flower moon: un film di denuncia riuscito?
Un film di denuncia (o quasi)
Dal 26 gennaio è disponibile in streaming su Prime Video Killers of the Flower Moon, l’ultimo film di Martin Scorsese con protagonisti Robert De Niro, Leonardo DiCaprio e Lily Gladstone. Le sue ben dieci nomination ci dicono che l’ultimo grande film di Martin Scorsese è tra i favoriti di questa stagione degli Oscar, ma non è detto che riesca a portarsi a casa la statuetta d’oro come Miglior film. Con Killers of the Flower Moon Scorsese ha deciso di portare alla luce le radici corrotte degli Stati Uniti e di dar conto, attraverso l’arte che padroneggia, dei torti perpetrati dal suo Paese ai danni di chi quel Paese lo abitava da molto prima. Eppure, eppure…
Killers of the Flower Moon: di come gli Osage divennero vittime della propria ricchezza
Durante gli anni ‘20 del Novecento i fiori di luna viola pallido (i “flower moon” del titolo) e le colline verdi dell’Oklahoma vengono sommersi dal nero viscoso del petrolio. Nelle prime, significative, scene di Killers of the Flower Moon, il petrolio che erutta e zampilla sancisce la fine della cultura, del modo di essere e sentire della nazione Osage. “I bambini apprenderanno le tradizioni dei bianchi”, si dice, mentre quegli stessi bambini, fuori dalla tenda in cui viene celebrato un particolarissimo rito funebre, sguazzano e danzano coperti di petrolio.
Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) fa ritorno a Fairfax dall’Europa da eroe veterano, lui che la Prima guerra mondiale l’ha vista dal retro di una cucina. Dagli occhi limpidi e il cuore torbido, a Fairfax Ernest vuole mettere radici e fare soldi, il suo unico chiodo fisso. Lo zio William Hale (Robert De Niro), vice sceriffo e punto di riferimento di Osage County, gli mostra la via: lavorare sodo, certo, ma anche e soprattutto corteggiare e sistemarsi con una donna Osage. Mollie Kyle (Lily Gladstone) è la prescelta, di cui Ernest finisce per innamorarsi davvero, tanto da farne sua moglie. Tuttavia a Fairfaix per un nativo ci sono sorti ben peggiori di finire vittime del proprio cuore. La nazione Osage è infatti colpita da una serie di morti misteriose e, fra le persone colpite, guarda caso, non c’è mai una persona bianca.
«La Terra gira e loro devono morire»: le perverse macchinazioni dell’avido uomo bianco
Tratto dall’omonimo romanzo di David Grann, Killers of the Flower Moon se ne discosta per la scelta di focalizzarsi non tanto sulle indagini della nascente FBI, qui alle prese con il suo primo caso, quanto piuttosto sulla strage infame degli Osage per mano di colpevoli noti. Non si fa mistero dell’identità degli assassini e il focus della storia è proprio su di loro che si sposta. Dietro suggerimento di Leonardo DiCaprio, Martin Scorsese ed Eric Roth hanno riscritto la sceneggiatura intorno al volgarotto Ernest Burkhart, lasciando le figure eroiche dei detective, come il Tom White interpretato da Jesse Plemons, a ricoprire un ruolo secondario, addirittura accessorio.
Ernest Burkhart: «Re Bill Hale vuole sapere se ti interessa un lavoro… Uccidere qualcuno»
John Ramsey: «Non posso. Non accetto quel tipo di lavoro»
Ernest Burkhart: «È un indiano»
John Ramsey: «Allora è diverso»
Non è una benedizione quella che riceve “il popolo prescelto dal caso”, bensì una condanna, perché l’immensa ricchezza che viene dal possesso della terra, e ciò che giace al di sotto di essa, attrae gli uomini bianchi da ogni dove come avvoltoi su una carcassa in via di putrefazione. Mentre gli Osage devono rispondere della loro ricchezza a dei ‘custodi’ (bianchi) in quanto ‘incompetenti’, sulle loro teste pendono sentenze di morte che prendono le forme più disparate: il matrimonio, il gioco d’azzardo, i cibi grassi, lo zucchero che porta al diabete, l’alcolismo, la depressione e infine il suicidio. In Killers of the Flower Moon la scomparsa di un Osage, non importa quanto sospetta o brutale, finisce puntualmente per passare sotto silenzio.
Gli uomini bianchi non differiscono poi così tanto dai parrocchetti de Il Ragazzo e l’airone: sono una specie invasiva che finisce per cannibalizzare quella autoctona per sostituirsi a essa. Mossi dall’avidità, si piegano e si sottomettono agli Osage offrendosi come loro autisti, portaborse e compagni di bevute per dominarli dal basso. Tendono la mano destra e nascondono la sinistra dietro la schiena, pronta a premere il grilletto non appena l’Osage che hanno di fronte volta loro le spalle. A Fairfax nessun bianco è innocente perché tutti sanno e nessuno parla.
Il Re, il Coyote e la Gioconda: i personaggi di Killers of the flower moon
A sostenere il peso delle tre lunghe ore e mezza di Killers of the Flower Moon è un trio straordinario di attori. Robert DeNiro, Leonardo DiCaprio e Lily Gladstone sono le tre punte di diamante di questa pellicola, i tre vertici di un triangolo di sete di potere, amore e manipolazione senza scrupoli. Robert DeNiro è terrificante nei panni di William Hale, l’unico (e dispotico) ‘re’ di Osage County, che cita la Bibbia mentre si rigira a suo piacimento la polizia locale. Non serve a niente passare al setaccio le sue azioni in cerca di un briciolo di umanità o cercare una spiegazione articolata alla sua natura. È un uomo bianco capitalista e lo muove la convinzione, glaciale e incrollabile, che avrà ciò che pretende perché è così che va il mondo.
Ernest stesso è succube della personalità soverchiante dello zio. Per interpretarlo, DiCaprio si imbruttisce e si sporca e offre al mondo il suo sorriso marcio e sghembo. Sgraziato e caricaturale, Ernest è l’esempio perfetto di chi serve un sistema congegnato per schiacciare anche lui. Il nome che porta è allo stesso tempo beffa e verità (Ernest, ‘onesto’) tanto quanto lo è il soprannome che Mollie gli affibbia sin dai loro primi incontri. Nel folklore dei Nativi Americani il coyote non si muove in confini chiari, ma, a seconda delle occasioni, cambia la propria natura. In quanto trickster, possiede caratteristiche antitetiche: è furbo e ingenuo, avaro e curioso. Viene da chiedersi come riesca a sostenere lo sguardo della moglie Mollie, come non crolli sotto il peso della conoscenza e dei sensi di colpa per ciò che fa alle sue spalle.
Mollie sa che Ernest l’avvicina più per i soldi che possiede che per il piacere della sua compagnia e, forse peccando di superbia, gioca volentieri con lui, lo accoglie in casa contro gli avvertimenti delle sorelle — va detto che neanche loro fanno scelte tanto più sagge delle sue in termini di mariti. L’interpretazione di Lily Gladstone avrebbe meritato più spazio. Lascia senza parola la sua capacità di comunicare attraverso sguardi duri, sorrisi enigmatici e una presenza monolitica. Piegata dal dolore e debilitata dal diabete, vediamo Mollie incassare una morte sull’altra, aggiungerle a un conto sempre più lungo che i bianchi, così sembra, non ripagheranno mai. Come la nazione che rappresenta, viene da chiedersi: perché sceglie consapevolmente di non vedere e sentire? Perché non fa qualcosa per fermare Ernest invece di subire passivamente la fine della sua gente? Perché gli Osage rinunciano a priori a reagire?
Luci e ombre di Killers of the Flower Moon
Passano all’incirca due ora e mezza quando ‘i buoni’ fanno la loro comparsa. In Killers of the Flower Moon la giustizia arriva in ritardo per chi non è dalla parte giusta della Storia, quella dei conquistatori, dei carnefici, degli assassini. In questo senso, il film riprende il tema del rapporto fra perseguitato e persecutore di un altro film di Scorsese, Silence, sulla persecuzione dei cristiani in Giappone (anche se qui bisogna chiedersi chi è chi).
Scorsese dichiarò ai tempi dell’uscita che Killers of the Flower Moon sarebbe stato girato in quei luoghi dell’Oklahoma in cui gli eventi del film sono realmente accaduti. Si percepisce l’intento, da parte sua, di gettare luce sulle radici controverse della società americana. L’uso di luci e ombre ricorda i quadri del Caravaggio per il modo in cui i volti illuminati dei colpevoli di questo massacro silenzioso emergono dall’oscurità che li circonda. Eppure, sebbene Killers of the Flower Moon sia un film sull’avidità e sulla verità dietro la mitologia della frontiera, segue con un piacere quasi morboso la caduta del carnefice. Nella narrazione fatta da Scorsese gli Osage sono inermi, incapaci di agire, per cui Killers of the Flower Moon denuncia (e si scusa?) la tragedia di un popolo, ma non rende davvero giustizia a quel popolo.