Il ragazzo e l’airone, il capolavoro dai mille significati di Miyazaki
Dieci anni dopo Si alza il vento (2013), Hayao Miyazaki ritorna al cinema con Il ragazzo e l’airone, film a cui ha lavorato a partire dal 2016 e che ha posticipato il suo ‘pensionamento’ a data da destinarsi. Se questo sia il suo ultimo lavoro (questa volta per davvero e senza ripensamenti di sorta) non è dato saperlo, certo è che non si può fare a meno di pensare che Il ragazzo e l’airone sia l’opera magna di Hayao Miyazaki, sunto della sua filosofia artistica e di vita.
Un film sì stratificato, ma pure accessibile
Prima ancora della sua uscita al cinema (da noi è arrivato il 1º gennaio) e della sua recentissima vittoria ai Golden Globe per il miglior film d’animazione, Il ragazzo e l’airone ha sorpreso tutti, cinefili e non, per via di una campagna pubblicitaria praticamente inesistente. Venne diffuso un singolo poster, costituito dal titolo, E voi come vivrete? in giapponese, e un primo piano dell’airone cinerino.
Perché questo preambolo? Perché la locandina non solo dimostra il potere di attrazione che il nome di Miyazaki e dello Studio Ghibli esercitano sul pubblico, ma riassume anche l’essenza stessa del Ragazzo e l’airone. Mi spiego meglio: a ben vedere, l’airone non è ciò che sembra, perché sotto il suo sguardo vacuo c’è un vispo occhio azzurro che fa capolino dal becco. In un disegno appena abbozzato, poco più che uno schizzo, un dettaglio rivelatore lascia intuire che oltre l’apparenza delle cose si nasconde altro, dettaglio che, però, non toglie nulla alla semplice bellezza dell’immagine. Il ragazzo e l’airone è un film più accessibile di quanto suggeriscono le innumerevoli teorie che hanno inondato il web all’indomani della sua uscita. Un po’ come accade per la Divina Commedia, Il ragazzo e l’airone si offre a più livelli d’interpretazione. Sta a chi guarda decidere su quali soffermarsi.
Il senso letterale del Ragazzo e l’airone, ovvero la trama
Checché ne dicano coloro che hanno riassunto l’intera esperienza di visione in un incontrovertibile “non si capisce niente”, Il ragazzo e l’airone non manca di una trama comprensibile, pur non essendo lineare. I film dello Studio Ghibli fanno uso di un linguaggio universale, quello dell’animazione, per rivolgersi a un pubblico trasversale per età, cultura e provenienza, e Il ragazzo e l’airone non fa eccezione.
Siamo nel 1943 e la Seconda guerra mondiale sta per volgere al termine per l’Europa, ma non per il Giappone. Nell’arco di una fatidica notte Tokyo viene bombardata e Mahito perde sua madre tra le fiamme che ingoiano l’ospedale in cui lavorava. A distanza di un anno, Mahito e il padre costruttore di aerei si congiungono a Natsuko, zia materna di Mahito e ora nuova moglie di sua padre. Nonostante le cure di sette anziane domestiche e la bontà di Natsuko, per Mahito non è facile ambientarsi in questa nuova vita. E, ciò che è peggio, un airone cinerino parlante si serve dei suoi incubi per prendersi gioco di lui. Sarà proprio sotto la spinta del dispettoso airone e dietro la promessa di rivedere sua madre che Mahito raggiungerà il mondo magico di cui la torre nel bosco è solo l’ingresso. Il viaggio di Mahito si muove su una linea sottile tra l’incanto e l’inquietudine, il sonno e la veglia, il realismo e la fantasia. Il ragazzo e l’airone è prima di tutto un film d’animazione che regala a grandi e piccini un’avventura grandiosa ai limiti della realtà.
Il ragazzo e l’airone come allegoria del lutto
Prendendo le mosse dal senso letterale del film, ma tenendolo sempre bene a mente, possiamo finalmente iniziare a immergerci al di sotto della superficie e provare a sondare le profondità del Ragazzo e l’airone. La morte, ineluttabile e multiforme, occupa un posto ingombrante all’interno del film sin dalle prime, apocalittiche scene in cui Hisako, madre di Mahito, perde la vita. Nemmeno gli abitanti del mondo fantastico all’interno della torre sono dispensati da fini atroci e dolorose. Eppure, nonostante l’ineluttabilità del destino di ogni cosa viva, Miyazaki sembra dirci che dalla morte non si fa ritorno, è vero, ma oltre la morte si può andare se si decide di attraversare il lutto.
Il ragazzo e l’airone coniuga il classico viaggio dell’eroe nell’ottica dell’accettazione e del superamento del lutto. L’avventura di Mahito altro non è che il tentativo di venire a patti con la scomparsa della madre e la ricerca di un senso nuovo al proprio vivere. Sotto questo punto di vista, la fuga in un altrove onirico, popolato da spiriti terribili e buffe creature, può servire da palliativo ma non da cura. Forse, a rendere l’ultimo film di Miyazaki il più malinconico della sua produzione è proprio la trasparenza con cui viene trasmessa la verità del lutto: edulcorata sì grazie all’elemento fantastico ma non troppo da privarla del tutto del suo retrogusto amaro.
Il senso del Ragazzo e l’airone non si esaurisce nell’elaborazione del lutto, e per tentare di comprenderlo insieme ho tuttavia bisogno di fare dei riferimenti specifici. Se ancora non avete visto il film e volete mantenere intatta l’aura di mistero, saltate pure la prossima sezione. A chi ha già visto il film o vuole arrivare preparato: la prossima parte è per voi!
ATTENZIONE, INIZIO PARTE SPOILER: ulteriori chiavi di lettura
Entrando in sala ero consapevole che mi sarei trovata di fronte a un livello di complessità superiore. Il ragazzo e l’airone è allo stesso tempo compendio visivo del percorso artistico di Miyazaki, racconto in parte autobiografica, e opera stratificata e ricca di simboli più o meno decifrabili. Procediamo ancora una volta per gradi.
All’interno del Ragazzo e l’airone gli omaggi ai film precedenti dello Studio Ghibli si sprecano. Le vecchie inservienti al servizio di Natsuko richiamano alla mente la schiera di dolci nonnine dalla pelle morbida come pasta frolla che ruotano attorno ai giovani protagonisti sin dal Mio vicino Tororo. L’ingresso sepolto alla torre disabitata ricorda la galleria che Chihiro e i suoi genitori attraversano nella Città incantata, mentre i colori dell’airone ricordano quelli dell’aeroplano sognato da Jiro in Si alza il vento. E come dimenticare le scene di fuoco e terrore della Tomba delle lucciole di Takahata, qui ripresa e resa ancora più viva e spaventosa? Per i fan della numerologia: le pietre con cui il prozio invita Mahito a ricostruire il mondo sono tante quanti sono i film dello Studio Ghibli!
Oltre all’aspetto artistico, Hayao Miyazaki non ha mai riversato così tanto di sé nei suoi film come ha fatto per Il ragazzo e l’airone. C’è tanto del suo vissuto in Mahito: la Tokyo della Seconda guerra mondiale, il padre ingegnere aeronautico, il rapporto di confronto-scontro con un amico e quello di reverenza e rispetto per un maestro. Sulla narrazione in particolare pesa la prematura scomparsa della madre. Questa volta, però, Miyazaki non si limita a onorarne il ricordo attraverso i caratteri decisi di Hisako, Natsuko e Himi, ma mette in piedi un’operazione analoga a quella riportata da Roland Barthes nella Camera chiara. Miyazaki va oltre il critico francese e realizza l’impossibile facendo rivivere l’essenza della madre bambina in Himi. Hisako/Himi, soprattutto, diventa tramite della dualità del fuoco — forza creatrice e distruttrice, focolare e arma — che è la dualità dell’esistenza — morte e vita, tragedia e commedia.
Lo stretto legame tra Il ragazzo e l’airone e la Divina Commedia
I misteri del Ragazzo e l’airone sono molti, troppi per essere compresi a una sola visione, eppure tra quelli più accessibili troviamo il legame del film con la Divina Commedia. L’indizio che Miyazaki ha lasciato lì in bella vista è la scritta sul portale d’accesso alla torre, che recita: «Fecemi la divina potestate». Esattamente come Dante, Mahito si trova di fronte alla porta del regno dei morti. Non è un caso che Mahito sia condotto in quel luogo e accompagnato per tutto il viaggio da un airone cinerino. Nella cultura giapponese gli aironi sono legati allo spirito e al divino, messaggeri tra il nostro mondo e quello dei morti. Gli aironi cinerini, però, oltre a svolgere la funzione di psicopompo, sono ammantati di un’aura di inquietudine più degli altri loro simili — direi una definizione azzeccata.
A ingabbiare l’airone nel ruolo di Virgilio e Caronte, guida amica e traghettatore di anime, è il prozio, il dio creatore di questo mondo infernale in cui i peggior sentimenti dell’umanità prendono le sembianze colorate dei parrocchetti. Figura distante ed enigmatica, i suoi piani restano imperscrutabili fino all’ultimo momento utile e mai del tutto chiari. A chi spetta invece il ruolo di Beatrice? Potremmo azzardare l’idea che sia equamente diviso tra: Hisako/Natsuko, la zia-madre-matrigna da salvare da una sala parto che in realtà è una tomba; Himi, la bambina di fuoco portatrice della verità ultima, e Kiriko, che nella sua versione più giovane e scattante aiuta Mahito ad attraversare i mari sotterranei verso la destinazione finale.
Come dicevamo, Il ragazzo e l’airone è un mistero senza fine, un enigma tutto da decifrare. Prendiamo la ferita che si infligge da solo Mahito nella prima parte del film. Potrebbe trattarsi di un riferimento a quel famoso segno che Dio conferisce a Caino affinché chiunque lo veda riconosca la cattiveria che è in lui? E che dire del cancello dorato della tomba, cosa si nasconde al suo interno? Alla fine del film, Mahito ricorda tutto o ha dimenticato, come aveva predetto l’airone? Domande, domande e ancora domande.
FINE PARTE SPOILER: l’appello di Miyazaki alle nuove generazioni
Il ragazzo e l’airone è un film che, più che fornire risposte, interroga lo spettatore su ciò che crede di vedere e lo sfida a trovare un’interpretazione univoca in cui confinarlo, senza successo. Si è parlato tanto del Ragazzo e l’airone come di un’opera testamentaria, complice la centralità della morte.
Più che un addio alle scene in grande stile di colui che ha reso grande lo Studio Ghibli, Il ragazzo e l’airone è l’appello che Miyazaki rivolge a chi verrà dopo di lui, alle generazioni future affinché prendano i pezzi di mondo che hanno ereditato e li accostino l’uno all’altro per realizzare qualcosa di mai visto prima. Un mondo più equo, giusto, in comunione con la natura e pacifico. Quando i titoli di testa iniziano a scorrere, lasciatevi trasportare in un’opera dell’animazione contemporanea che vi impegnerà ogni pensiero, ogni connessione nervosa nel tentativo di comprenderla.
Un articolo che ti fa piangere nonostante non si abbia ancora visto il film direi che è un articolo riuscito. Incredibile come Luisa riesca sempre a dire le cose nel modo giusto, a trasmettere l’emozione giusta, senza mai perdere la sua innata delicatezza e la sua perfetta padronanza degli argomenti che tratta. Non vedo l’ora di andare a vedere il film per riconoscere tutti gli elementi che ho ritrovato in questo testo❤️❤️