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Come uccidono le brave ragazze: spoiler free!

Come uccidono le brave ragazze: spoiler free!

Un teen drama decisamente pretenzioso. Sì, avete letto bene, sto parlando di “Come uccidono le brave ragazze”, opera prima di Holly Jackson pubblicata in Italia da Rizzoli, un mystery per giovani adulti in cui niente è come sembra. Il libro è diventato virale su Tik Tok con centinaia di migliaia di video condivisi da utenti di tutto il mondo. Un caso letterario in piena regola che oggi non fa che consolidarsi con l’uscita del seguito “Brave ragazze, cattivo sangue”, e destinato a restare ancora sulla bocca di tutti dopo il terzo capitolo – ancora inedito in Italia – e la serie tv, la cui produzione è stata annunciata da pochissimo. Un fenomeno internet questa storia adolescenziale piena di segreti, suspence e rivelazioni shock che, nonostante le ottime premesse, si è rivelato il solito “tutto fumo e niente arrosto” che, sempre più frequentemente, emerge dagli ambienti più abitati dei social.

Di cosa parla Come uccidono le brave ragazze?

Se siete qui forse sapete già la risposta ma lasciate che introduca brevemente la sinossi a chi vi si approccia per la prima volta: ci troviamo a Litte Kilton e seguiamo le indagini di Pippa Fitz-Amobi, un’intelligente ragazza che decide di indagare su un caso che cinque anni prima ha sconvolto la comunità, la vittima è Andie Bell, scomparsa e mai ritrovata ma il cui presunto assassino sembra aver confessato l’atto con un messaggio per poi togliersi la vita, questi era niente meno che il fidanzato di Andie, Sal Singh… ma secondo Pip qualcosa non quadra, per questo decide di indagare usando come scusa un progetto scolastico, intenzionata a trovare le prove per dimostrare che Sal era innocente e far riaprire il caso. Sembra intrigante, no? Devo ammettere che mi sono lasciata incuriosire, speravo davvero che la storia di Holly Jackson mi intrattenesse e mi rendesse partecipe di un mistero senza esclusione di colpi, pensavo che mi avrebbe introdotto personaggi grigi, misteriosi, ma anche carismatici e verso i quali provare empatia: insomma, speravo che mi facesse venire voglia di divorarlo! Ovviamente se fosse stato così oggi non sarei qui a criticarlo. La lettura mi ha fatto maturare un pensiero in gran parte negativo nei confronti di questo romanzo, quindi ho deciso di parlarne in maniera spoiler free! 

(Pochi) elementi positivi

Prima di tutto ci tengo a elogiare due elementi che mi sono piaciuti, elementi che, devo ammettere, hanno fatto il loro dovere in maniera più che discreta: il principale punto di forza è la struttura grafica, infatti al suo interno il libro contiene tanti elementi peculiari, a partire dalle pagine di appunti in cui Pip annota le prove, le supposizioni e soprattutto i pensieri nel corso delle indagini, per poi arrivare alle interviste fatte ai testimoni, elementi utilissimi a chi legge per capire i caratteri dei personaggi e suscitare teorie sui legami che li uniscono. La struttura, arricchita anche da mail, chat, mappe e pagine di diario, rende la lettura decisamente più immersiva rispetto a quanto non sia nelle parti “classiche” scritte in terza persona. Il secondo elemento che ho gradito è stato il suo ultimo atto o, più precisamente, lo stile in cui la conclusione del tutto è stata portata avanti dall’autrice, uno stile che non tradisce le premesse iniziali per quanto concerne la semplicità – qualità apprezzabile in uno Y/A – ma che allo stesso tempo comprende (finalmente) la gravità del contesto in cui si svolgono le vicende e decide di raccontarlo di conseguenza con il giusto trasporto, privo di frasette inopportune, battute sciocche messe lì per strappare una risata ma che suscitano dopo un po’ solo un ghigno confuso, privo di quel piglio eccessivamente ironico delle 300 pagine precedenti divenuto ombra di sé stesso. Le ultime 100 pagine sono scritte bene, non magistralmente, certo, ma in maniera tale da rendere il libro più scorrevole che mai

Che cos’è andato storto nella scrittura di Come uccidono le brave ragazze?

Ebbene, già da queste prime considerazioni si può dedurre quello che ho invece detestato di questo romanzo. Partiamo, dunque, dall’elefante nella stanza: il più grande difetto di “Come uccidono le brave ragazze” è il fatto che manchi di coerenza. Qualcuno potrebbe obbiettare dicendo che in realtà alla fine tutto torna: i fatti che avvengono sono spiegati, gli indizi (pochi) per capire “come” e “perché” ci vengono forniti, le questioni si risolvono. Eppure la “coerenza” a cui mi riferisco io è più subdola e manca in molti punti del romanzo, a partire dallo stile di scrittura. Sì, torno di nuovo a quel punto, perché se lo stile fosse stato coerente dall’inizio alla fine e avesse mantenuto la linearità e l’ilarità eccessive che ha avuto per i primi ¾ di libro io mi sarei seccata, certo, ma non l’avrei mai tacciato di incoerenza! Invece Holly Jackson in quelle ultime 100 pagine mi ha dimostrato di sapere scrivere uno Young Adult come si deve, solo che, a quel punto, non potevo ignorare tutte le pagine precedenti, dove ha preferito dare troppo spazio a battutine spesso fuori luogo che, dopo qualche capitolo, risultano davvero irritanti. Per concludere mi permetto di citare una utente di Goodreads che ha espresso in maniera più che esaustiva la sensazione che ho provato anch’io: “Mi rifiuto di credere che la prima metà e la seconda metà di Come uccidono le brave ragazze facciano, effettivamente, parte dello stesso libro.” (trad. dall’inglese) 

La coerenza non manca solo nello stile, che diventa ispirato solo verso la fine, ma anche nei personaggi e nella loro evoluzione. Abbiamo già detto che si tratta di uno Young Adult, ma questa non è solo un’informazione, è anche la più grande obbiezione che io abbia ricevuto durante la lettura. Quando ho fatto notare su Instagram i punti critici di questo libro mi è stato detto “eh ma si tratta di uno Young Adult, non devi aspettarti un capolavoro!”, a chi mi ha rivolto queste obbiezioni ho fatto notare che essere un libro per giovani adulti non è un deterrente dallo scrivere una storia avvincente e coerente, non è un motivo valido per scrivere qualcosa in maniera disattenta, non è una spiegazione che giustifichi i personaggi secondari poco approfonditi che alla fine della storia vanno “out of character”. Uno Young Adult può, anzi, deve essere scritto bene.

Tornando alla mancanza di coerenza nella costruzione dei personaggi, ho notato da parte di Holly Jackson una tendenza, neanche troppo velata, a scrivere come se stessimo leggendo “un generico teen drama di Netflix”, il libro è palesemente scritto basandosi su prodotti teen come Riverdale o Tredici, ma se nel caso di questi ultimi la struttura seriale audiovisiva giustifica il volersi limitare a esplorare i personaggi a livello fisico e, quindi, visivo lasciando a volte da parte i pensieri e le sensazioni interiori, nel caso di un libro questa struttura “da serie tv” rende tutto troppo superficiale; i personaggi sono “tipi” monodimensionali che ricadono perfettamente negli stereotipi da teen drama: la ragazza bullizzata, l’amica disperata, il festaiolo viziato, lo spacciatore un po’ tonto, il sottone, la ragazza sveglia un po’ outsider che grazie alla sua intelligenza riesce a unire i puntini (così sveglia da andare a illustrare la sua deduzione al colpevole, da sola, senza aiuto di alcun tipo… tanto cosa potrà mai andare storto?)

Pip, la “ragazza-sveglia-e-un-po’-strana-che-risolve-il-caso”

Penso che Holly Jackson abbia cercato in tutti modi di rendere Pip interessante, a partire dalla sua descrizione come ragazza molto attenta e metodica – al limite dell’OCD – studiosa e introversa ma soprattutto leale e coraggiosa, a tratti idealista e un po’ ingenua, ma, purtroppo, della sua personalità non fanno che spiccare i lati negativi. Pip è testarda, brusca, a volte egoista e manca molto spesso di tatto nell’esprimersi, per buona parte del romanzo non sembra prendere davvero seriamente quello che sta facendo, risulta una macchietta che si crede tanto brava da fare i compiti e risolvere un mistero in poco meno di mezza giornata, il tutto tornando a casa prima di cena. Il fatto stesso che abbia deciso di usare l’indagine come progetto scolastico del suo ultimo anno la dice lunga su di lei – io ero rimasta alle tesine sulla Seconda Guerra Mondiale, in UK non devono portare degli argomenti coerenti con il programma del percorso scolastico? A meno che non facesse criminologia non riesco a trovare il nesso. Il suo atteggiamento così spiccatamente altezzoso la rende insopportabile, sembra troppo presa dal mistero che sta risolvendo per preoccuparsi dei sentimenti di chi le sta attorno ma, apparentemente, non riesce a capire la gravità della faccenda fino a quando non avviene qualcosa che scuote la sua emotività – fino a quel momento fredda e distaccata – da farla finalmente vacillare.

È anacronistico presentarci protagonisti che riescono in tutto quello che fanno, privi di debolezze, non siamo più negli anni ’40, sappiamo che una storia di valore deve avere un protagonista imperfetto che impara dai propri errori e si risolleva dalle avversità, Pip invece incarna lo stereotipo della Mary Sue per la maggior parte del libro. La sua “intelligenza” e “arguzia” vengono eccessivamente esaltate lasciando sullo sfondo l’approfondimento degli altri personaggi, si nota fin troppo la volontà dell’autrice di rendere Pip un classico “tipo”, che comunque non è altro che la copia carbone di uno stereotipo che ormai ha stancato. Neanche il colpevole spicca per carisma, ma su questo personaggio non mi soffermerò, basti solo sapere che a un certo punto compie azioni che ho trovato molto “out of character”.

Il libro si conclude con un classico finale teen “a tarallucci e vino” ma il messaggio che lascia al lettore è ambiguo. L’ambiguità sta nel fatto che il colpevole – pur essendolo dal punto di vista legislativo -sembra essere parzialmente giustificato dalla nostra giovane detective per via del suo passato traumatico… che dire? Non mi aspettavo un messaggio di questo tipo da un libro per giovani adulti. Non continuo per non fare spoiler ma a mio avviso il messaggio del romanzo è un’ennesima occasione mancata.

Cosa ci riserverà il futuro?

Holly Jackson ha delle potenzialità ma deve ancora lavorare perché da esse esca qualcosa di valore. Il romanzo è stato palesemente scritto per fare da base a ulteriori prodotti, si nota fin troppo il desiderio dell’autrice che ne venisse fatta una serie, si nota dalle troppe gag per stemperare la tensione già esigua, si nota anche dalla sua lunghezza eccessiva (la vicenda si poteva risolvere una cinquantina di pagine prima); si nota, dulcis in fundo, dallo stile, perfetto per una sceneggiatura ma debole per un romanzo. È stata annunciata la notizia: “Come uccidono le brave ragazze” diventerà una serie tv, e io ne sono sinceramente felice perché, forse, una serie tv di 8 puntate renderebbe questa storia molto più dinamica e intrattenente, anche se andrebbe a sacrificare per forza di cose tutta la struttura grafica pseudo-interattiva del romanzo in funzione di una generica impostazione da teen drama mystery. Non ci resta che aspettare e vedere cosa ne uscirà fuori!

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