Come amare una figlia
Un'analisi spietata della maternità
Vincitore del prestigioso premio israeliano “Sapir 2021”, Come amare una figlia di Hila Blum è stato pubblicato in Italia da Einaudi Editore nella Collana Stile Libero e tradotto da Alessandra Shomroni, ma è attualmente in corso di traduzione in venti paesi. La storia appassionate e struggente che vede il confronto tra una madre e una figlia.
L’incipit del romanzo ci presenta un’immagine forte: c’è una donna di nome Yoela, sola, in piedi davanti alla finestra della casa della figlia, Leah, che non vede da anni; osserva per la prima volta il marito di Leah e le sue due nipotine, ma non dà segno della loro presenza.
Si abbevera di quell’immagine familiare, poi si gira e si allontana, diretta di nuovo in Israele.
Comincia una profonda riflessione che sviscera il rapporto che Yoela ha costruito con la figlia, partendo dal racconto di una gravidanza travagliata, che l’ha colta di sorpresa e che non è riuscita a metabolizzare se non nel momento in cui ha stretto per la prima volta Leah tra le sue braccia.
Più volte nel corso del romanzo Yoela torna in Olanda, dove ora vive una famiglia da lei lontana, osserva la figlia e le nipoti da quella finestra, ma non si avvicina mai. L’unico contatto che si concede è con il genero, arrivando addirittura a seguire i suoi spostamenti, nel tentativo di capire se la figlia sta con una persona che si merita di averla accanto, che può renderla felice.
Ed è spinta da questo proposito che, alla fine, attraverso una lettera anonima, Yoela metterà al corrente la figlia di un fatto che riporta Leah in Israele per la prima volta dopo sei anni.
Leah abbandona casa sua quando ha appena diciotto anni e tutto ciò che rimane ai genitori sono le telefonate che arrivano ogni tanto da parte di sconosciuti che dicono di averla incontrata durante i suoi viaggi. Le comunicazioni tra di loro si interrompono, Leah non torna più a casa, se non in occasione della morte del padre, Meir.
Perché Leah se ne va di casa e smette di contattare i genitori? Cos’è stato a farla allontanare da una famiglia che l’ha amata così tanto?
Il libro termina con Yoela che annuncia alla madre il ritorno in Israele di Leah, ma non leggeremo mai della sua riconciliazione con Yoela.
Il racconto si interrompe bruscamente, lasciando al lettore libera interpretazione della storia e numerose nuove domande. Se il dubbio iniziale del romanzo era “cosa ha causato la fine del rapporto madre-figlia?”, quelli finali sono invece “è possibile recuperare un rapporto tra due persone che sono diventate estranee?”, “è possibile perdonarsi?”, o ancora “è possibile condannare una madre che ha amato troppo la figlia?”.
L’amore di una madre: quando il rapporto madre-figlia diventa invalidante?
Dopo la nascita di un bambino, si viene a creare un rapporto simbiotico tra questo e la madre, da cui è totalmente dipendente, sia a livello fisico sia a livello affettivo. Trascorsi questi primi anni di simbiosi con il proprio figlio, per una madre è difficile capire quando è arrivato il momento di lasciargli la mano e permettergli di camminare da solo, anche a costo di cadere, farsi male, sbagliare più e più volte. Consentire al proprio figlio di sbagliare, però, significa anche dargli l’opportunità di capire i propri errori e porvi rimedio.
Quello di Yoela è un viaggio a ritroso, tra passato e presente, alla ricerca degli errori che pensa di aver commesso in quanto madre, un’analisi che ripercorre tutti i dubbi e le perplessità che ha avuto durante la sua vita. Yoela è una donna che nasconde una grandissima fragilità; soffre di depressione ed è stata più volte in terapia. Quando nasce Leah si chiede se sarà una brava madre, se come genitore fallirà o meno, se per sua figlia potrà essere anche una complice o si dovrà attenere al ruolo di educatrice.
Nel tentativo di scongiurare tutte le sue paure, costruisce con la figlia un rapporto profondo e intimo, dimostrando di amarla di un amore che, man mano che il racconto procede, si rivela soffocante sia per lei che per Leah. Il suo è uno sguardo mai troppo distante dai passi che percorre la figlia. È qui che il loro rapporto si rivela totalmente disfunzionale e malsano.
“La maternità cancellò tutto ciò che l’aveva preceduta. Non ricordavo più cosa avessi programmato, cosa mi aspettassi, cosa temessi. Niente mi faceva piú paura.”
Yoela scandisce il tempo in momenti in cui Leah c’è e in momenti in cui Leah non c’è. Nessuno le ha insegnato a dosare i sentimenti, il suo è un amore sfrenato di una madre che vive a trecentosessanta gradi tutti gli aspetti della vita di sua figlia: i primi passi, le prime delusioni, le amicizie, le prime cotte. L’ansia di non essere in grado di aiutarla di fronte agli ostacoli che la vita presenta la attanaglia, impedendole di rendersi conto di come Leah le stia sfuggendo e di come stia diventando una persona che deve imparare di nuovo a conoscere.
“Non capivo di che materiale fosse fatta mia figlia. La amavo in maniera insopportabile, forse impossibile.”
Rapporto madre-figlia: un'analisi psicologica.
Il rapporto che si viene a creare tra una madre e la propria figlia è sempre un rapporto di forte attaccamento. Complici sia, nella maggior parte dei casi, il maggior quantitativo di tempo trascorso insieme (rispetto a quello trascorso con il padre), sia il fatto che la bambina vede nella madre un riflesso della propria identità femminile.
Il rapporto tra genitori e figli si complica naturalmente con il passare degli anni e l’ingresso prima nell’adolescenza e, poi, nell’età adulta. Questo passaggio è reso più difficile nel caso in cui si presenta quello che, in psicologia, viene definito “accudimento invertito”, cioè i ruoli di madre e figlia si invertono.
Spesso accade che la figlia inizi a vedere la propria madre più come un’amica o una confidente, oppure come una persona che sente il bisogno di aiutare, soprattutto se si verificano eventi che mettono la madre in una posizione di forte difficoltà (crisi matrimoniale, lutti, depressione,…).
Accade spesso, infine, che il rapporto diventi totalmente invalidante quando la madre proietta sulla figlia le proprie mancanze, i propri desideri o le proprie aspettative per il futuro. La madre comincia a pretendere dalla figlia di essere qualcosa di diverso da ciò che è, a impedirle di commettere errori che potrebbero ostacolare il cammino verso un percorso che la madre ha già stabilito.
Le conseguenze di un rapporto conflittuale tra madre e figlia possono essere tante e la storia di Yoela e Leah è soltanto uno degli esempi più comuni.
Il loro rapporto è sbiadito, ridotto a qualche telefonata sporadica in cui Leah non sente il bisogno di far sapere alla madre nemmeno dove vive. Yoela si è arresa a ricevere quel poco che la figlia ormai le concede, mentre si lascia consumare dai dubbi e dai sensi di colpa.
La storia di Yoela e Leah è una storia di una famiglia come tante, di una madre che ha commesso l’errore di amare troppo la propria figlia ed essersene resa conto solo quando questa ha reciso tutti i legami con lei. È una storia sincera, priva di qualsiasi tentativo di edulcorare i fatti, spietata nella sua profonda auto-analisi, che diventa un occasione per i lettori di fare altrettanto con se stessi.