Arianna (o la Corona Boreale)
“La Corona Boreale è una piccola costellazione dell’emisfero Nord, le cui stelle principali formano un arco semicircolare”.
Il corpo di Arianna era coperto di stelle. Sul viso ne aveva una bellissima, proprio sull’occhio, e glielo colorava di un violaceo che ricordava un petalo di Altea, un fiore rigoglioso, un fiore che cresce e vive anche nelle condizioni più estreme. Un’altra risaltava sullo zigomo, d’un colore più ambrato – lo faceva sembrare un gioiello, ed era una cosa che a quello zigomo alto e morbido mancava proprio: sembrare un gioiello. Più giù, il collo era tempestato di stelle delle più fulgide gradazioni di rosso e spiccava un brillante carminio. Erano stelle diverse da quelle che aveva sul viso, erano come maculate, formate di minuscoli punti rossastri, e le adornavano un collo forse a volte troppo coperto dai capelli lunghi e voluminosi. Le braccia erano un cielo a macchie dai colori più disparati – dal verde luminoso, al giallo ambrato dello zigomo, al viola delle Altee, al nero più scuro, ma delicato. Sulle cosce spiccavano delle meraviglie dalle forme più inusuali, una gioia per la vista, su un manto diafano vellutato.
Arianna tornava dalla lezione che aveva da poco tenuto, camminando spedita avvolta nel suo impermeabile e coperta da un’ampia sciarpa scura. I capelli le venivano spinti indietro da un vento freddo, l’aria era tagliente ma lei andava lesta verso casa. Le strade, i mattoni rossi, gli alberi spogli, il vento stesso– tutto puzzava di rancido, stantio, la muffa umidiccia e verdognola le pervadeva le narici e lei espirava violentemente l’odore schifoso di quel tempo decomposto.
Aveva lo sguardo rivolto verso il basso e contava i passi che faceva, avrebbe voluto sapere a memoria quanti gliene sarebbero serviti per rimettere piede in casa, e invece li contava sempre a vuoto, dimenticandosi il numero al quale aveva pensato prima. Le scarpe basse rosse con le suole consumate si piantavano a ogni passo su un marciapiede consunto, privo di diverse mattonelle. Lei vedeva il grigio e il rosso, il grigio e poi il rosso, il rosso, poi di nuovo il grigio, e il rosso ancora. Il grigio del cemento e il rosso delle scarpe. Non alzava mai lo sguardo, sapeva dov’era diretta e voleva arrivare presto, presto. Stretta nel suo impermeabile aveva già percorso un chilometro. Alzò gli occhi e vide una stradina lunga e stretta che incrociava la via principale. Istintivamente, la imboccò. Senza fermarsi la percorse tutta. Era sudicia ancor di più della via principale. Il marciume si faceva più pungente, più fastidioso man mano che s’arrivava in fondo, e una volta lì s’intravedeva lontano una collinetta illuminata dal sole.
Il sole nel cielo era alto. Brillava. Scaldava i piedi nudi di Arianna che stava ora sdraiata sul prato, ora in piedi a danzare, ora appoggiata a una quercia poco lontana. Dondolava sull’altalena che penzolava da un tronco alto e robusto. Accanto a lei, un amante. Amava il verde del prato, l’azzurro del cielo, i raggi caldi del sole, ma soprattutto amava lei. Si sorridevano, ma non avevano bisogno di guardarsi in faccia, non avevano bisogno di parlarsi. Non avevano bisogno di stare accanto per amarsi, né di toccarsi. I loro piedi si muovevano seguendo la melodia delle loro menti e danzavano all’unisono, in silenzio, mentre le loro anime cantavano insieme. Arianna aveva sempre creduto nell’anima, l’amante no, ma ora neanche l’amante poteva negare di sentirsene una dentro, che toccava le corde più nascoste dell’intimità di Arianna.
Passava un giorno e ne passava un altro. Arianna e l’amante passavano il tempo a danzare, e la danza li nutriva, li dissetava, li appagava. Poi un giorno Arianna si fermò e s’avvicinò all’amante, guardò le sue mani e le prese tra le sue.
“Cospargimi di stelle, dipingimi, fa’ di me un cielo”, disse con una voce flebile e soave. Allora l’amante le accarezzò il viso così forte che le fece una stella sull’occhio e un’altra sullo zigomo. Poi l’abbracciò tanto veementemente, con tutto l’amore che aveva, e le colorò le braccia di astri brillanti. Le baciò il collo e poi lo cinse tra le sue mani, fino a riempirlo di stelle tra le più belle mai viste. Lentamente le sfiorò le gambe, baciò anche quelle, e le strinse vigorosamente per sentirne la morbidezza. Com’era bello ricoprire quella seta bianca di stelle.
“Una stella per ogni volta che ti amo” e così il suo corpo fu vestito.
Arianna si stava risvegliando. Il labbro spaccato aveva sporcato il cuscino bianco di sangue. Si sentiva stordita, con la testa dolorante, lo zigomo dolente.
Si alzò, lentamente. Aveva addosso l’impermeabile, i piedi erano nudi. Si guardò allo specchio, fissandosi con un’espressione dapprima impassibile. Più si osservava e più la sua espressione mutava, facendole assumere un aspetto patetico. Aveva compassione di se stessa, aveva pietà della sua condizione.
“Quest’amante mi ha fatto una corona” disse al suo riflesso. “E questo ne è il gioiello più bello, più brillante, di cui devo andare più fiera.”
La Legge 19 luglio 2019, n. 69, si propone di rafforzare la tutela delle
vittime di maltrattamento, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni,
connessi a contesti familiari o nell’ambito di relazione di convivenza
(violenza domestica e di genere).
La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità promuove il servizio pubblico del 1522 , un numero gratuito e attivo 24 h su 24 che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Per maggiori informazioni, visita il sito https://www.1522.eu/.