
Il lupo sotto la pelle: un poliziesco tra orrore e folklore
Il lupo sotto la pelle è una trilogia, esordio di Graziano Lonardi, di cui sono stati pubblicati i primi due romanzi: Lake Heaven e Brucia la strega!.
La storia promette un poliziesco ad alto ritmo, cadaveri che fioccano, un brivido di orrore lungo la schiena. I diversi punti di vista dei personaggi creano un quadro complesso, che al termine del secondo romanzo ancora non è venuto completamente alla luce. Quali altri misteri e orrori può celare quella che sembra la perfetta meta turistica per gli amanti della natura incontaminata?
Lake Heaven, il lago paradiso, cela un antifrasi nel suo nome. E a scoprire le profondità di questo inferno sarà più di una vittima.
Un poliziesco dal retrogusto horror: ambientazione e trama de Il lupo sotto la pelle
Angela Marie Thompson è un’agente speciale del FBI, la carta che il bureau di indagini statunitense si gioca davanti a complessi casi di omicidi. E quello del Lupo della Baia sembra proprio necessitare un suo intervento: colpisce giovani donne nella baia di San Francisco, lasciando cadaveri mutilati alle sue spalle, disponendoli per il ritrovo della polizia. Ed è un killer particolarmente attento, fino a quando non lo è più. La squadra di Angela è pronta a intervenire, ma ciò che trovano nella tana del lupo va oltre ogni più violenta immaginazione. E i tasselli del puzzle che fino a quel momento erano stati in grado di ricomporre si disperdono, vengono offuscati da una nebbia paranormale e maligna. Il senso di giustizia di Angela la porterà ad inseguire le tracce fino ai boschi del Montana, nella sperduta cittadina che nasce sulle rive di Lake Heaven. Ma quello che a un primo sguardo si presenta come un paradiso turistico, in realtà nasconde un orrore senza fondo.
La creatività dell’idea alla base della saga è innegabile: ambientare un classico poliziesco americano in un luogo sperduto e incontaminato, pescando da folklore e mitologia Lakota, un misto di moderno e antico. A parere di chi scrive, però, perde nell’esecuzione: tra miti e leggende strappati dal loro contesto culturale e utilizzati in altro modo, salti temporali e geografici bruschi e vertiginosi, e una rappresentazione di tematiche in fatta con la checklist, al termine del secondo capitolo della saga la storia fa ancora fatica ad emergere. Certamente è ancora da dirsi l’ultima parola, ma alcuni elementi possono già dirsi caratterizzanti la trilogia.
Parola d'ordine: spaesamento. Il tempo e i luoghi di Il lupo sotto la pelle
14 febbraio 2023, autunno 1980, 28 settembre 1958: non sono impazzita e non sto dando i numeri (se ve li giocate al lotto fatemi sapere), sono solo a pagina 244 di Brucia la Strega!, dove in poche righe attraversiamo epoche diverse. È solo uno dei numerosissimi momenti in cui il lettore viene sballottolato avanti e indietro tra linee narrative diverse e punti di vista separati, anzi forse uno dei punti dove la distinzione è più marcata. Lake Heaven, il primo capitolo della saga, è ambientato in una manciata di giorni (dal 29 ottobre al 1º novembre, con una pagina di giornale a concludere la storia del 2 novembre), ma la confusione generata nel lettore è assoluta.
Se normalmente gradisco il senso di smarrimento, questa volta ho fatto proprio fatica a seguire la linea narrativa del libro, dovendo spesso tornare a rileggere passaggi per potermi orientare e proseguire questa lettura. Ma forse sono solo io che non capisco la chiara ispirazione a Palahniuk. Il secondo romanzo, dopo un’apertura nella prima metà degli anni 2020, ritorna ad esplorare la storia di Maka, una ragazza Lakota, nel 1960. Non volendo fare spoiler, su di lei è concentrata la maggior parte delle pagine del volume, e solo una volta finita la narrazione si ritorna ai giorni nostri. Un’interruzione narrativa molto lunga che poteva essere spostata ad apertura del libro, visto già la separazione tra i due romanzi, ma che l’autore ha preferito porre al centro per proseguire il ritmo di narrazione spezzato.
Tra questi salti e l’esteso uso di parole onomatopeiche nei momenti climatici, ho fatto fatica a sentire la tensione salire, i momenti apicali di azione arrivando in sordina. Non esattamente quello che mi sarei aspettata da un poliziesco, o dalle premesse del libro.
Unktehi e il Google check mancato
Sono forse un’esperta di popolazioni indigene dell’America settentrionale? Assolutamente no! Motivo per cui quando incontro qualcosa leggendo, tendo a fare un rapido Google check. In fondo, sono una lettrice onnivora perché ho bisogno di continue scoperte e stimoli. Motivo per cui, quando per infoltire la nebbia dell’orrore folkloristico dalla quale le indagini sono ostacolate viene citata la figura della Unktehi, il mio pomeriggio ha preso una piega inaspettata, con una bella passeggiata sul potente web.


Sono figure presenti nella teologia Sioux, a volte come bufali altri come serpenti dai tratti dragoneschi, animali anfibi, temibili e terribili. Indovinate quanto in comune hanno con lupi, divinità femminili della fertilità, partorienti e altre sfere afferenti alle donne? Quasi niente. Indovinate come viene utilizzata la figura? Esattamente a descrivere tutto ciò che non è, se non per l’elemento anfibio, che di solito appartiene alla versione maschile, però. Come se non fossero presenti le figure di Sungmanito o Sunka, se vogliamo restare tra lupi e canidi, o Haηhépi Wi, divinità femminile. Anche la stessa Maka, la divinità della terra di cui è stato usurpato il nome, sarebbe stato una scelta più azzeccata.
Ma perché ci dobbiamo intestardire su questi elementi? Perché SE in nome della corretta rappresentazione temporale vengono utilizzati termini derogatori, razzisti e omofobi, allora lo sforzo di realismo poteva essere fatto anche nei confronti della spiritualità e religione impropriamente sfruttata per il libro. Non sto urlando all’appropriazione culturale, ma Google è alla portata di tutti.
Come non fare rappresentazione: lasciamo stare le liste della spesa
Sale a bordo della Tesla presa a noleggio, chiudendo con un colpo secco la portiera. Negli ultimi tempi ha sviluppato una inattesa, per lei, consapevolezza riguardo al cambiamento climatico. È diventata attenta anche nelle scelte quotidiane, cercando di ridurre il suo impatto ecologico in ogni modo possibile. Il suo contributo individuale può sembrare piccolo, ma è determinata a fare la sua parte.
Brucia la Strega!, Graziano Lonardi
In un momento storico in cui anche chi ha effettivamente comprato una Tesla rifugge l’associazione a Musk, questo stacchetto pubblicitario è inserito nel libro. Stupendo il sentimento, corretto il messaggio, ma non viene mai più ripreso nella trama, o fatto qualche sforzo di maggiore inserimento. Insomma, il pianeta sta bruciando e la sostenibilità è sulla bocca di tutti, vogliamo forse astenerci da del sano green washing?

“Quando il Lupo della Baia giunse sulla sua scrivania era reduce da settimane un po’ complicate della sua vita personale. Il rapporto con la sua compagna era naufragato tra incomprensioni e accuse reciproche”, pagina 41 di Lake Heaven.
Tre pagine dopo: “È Tyler Harris, un collega afroamericano e un punto di riferimento irrinunciabile per Angela”, nonché unico agente di cui si sente la necessità di esplicitare il gruppo etnico in presentazione. Così, in tre pagine, abbiamo risolto ogni tipo di rappresentazione, soddisfatto la platea LGBT e inserito un po’ di diversità. Palesemente preso spunto dal modo di fare di Netflix, lista alla mano di cose da inserire, poi una volta che sono lanciate lì lo sforzo è stato fatto, applauditelo e premiatelo.
Ma non temete! Tutte le donne in questo libro, se non sono morte, sono lesbiche. In realtà, una non esclude l’altra. Poliziotte, suore, vittime e carnefici, questa saga è in lizza per essere votata la preferita di Chappell Roan! Fino a quando non ci si domanda se la loro iper-sessualizzazione è veramente funzionale alla trama del libro.

Pensavate che avessi finito qui? Che fatica aver rispetto per chi ha un utero
Poteva forse essere una saga con donne protagoniste senza uno stupro? “Ok ma sbrigati. È già calda”, dice uno stupratore al secondo. Vorrei chiuderla dicendo che si commenta da solo, la violenza racchiusa in queste sei parole rappresentativa della scena che viene descritta. Ma come al solito è necessario fare educazione femminista ed esplicitare nero su bianco. No, non vivo in un mondo incantato in cui le azioni di questo tipo non esistono, devono essere cancellate o non se ne deve parlare. Ma un libro non acquista credibilità, realismo o maggiore attrattiva giocando questa carta. È troppo facile sfruttare la violenza che ha formato la nostra società ed è all’ordine del giorno perché “Eh, ma crea maggiore realismo”, “Ma cosa credi, che non succedesse?”, e simili argomentazioni. Un’esercizio di scrittura per dimostrare la propria bravura potrebbe essere iniziare ad evitare questi sentiti “necessari” escamotage.
Sono stanca di autori uomini che non riescono a non scrivere stupri.
Anche la descrizione di quella che è poco più di una bambina lascia l’amaro in bocca. Probabilmente l’intenzione era presentarla come eterea e rimossa dalla materialità della situazione, di una bellezza tale da non poter appartenere a questo mondo. Peccato che non si distingua dalla precedente descrizione della stessa persona da adulta. E che il sentimento che passa è un altro, non quello di renderla fatata.
Ma mi è stato fatto notare che di anni ne ha tredici nella scena, e non gli otto di cui avevo il terrore, quindi che problema c’è nel rappresentarla matura, avvenente, intrigante e che risvegli certe passioni?
Leggerlo o non leggerlo? A voi la scelta
Personalmente, non è una lettura che consiglierei. Se per i salti temporali o gli altri elementi che caratterizzano la struttura della trilogia possiamo dare la colpa a un’incompatibilità tra mio gusto e stile dell’autore, il resto necessita un trigger warning grosso come un casa. È la lettura più problematica che io abbia mai fatto? Assolutamente no, e probabilmente con un ritorno ad una fase di editing più attenta a certe tematiche, quasi tutti i nervi scoperti potrebbero essere sanati.
Spero che la conclusione della trilogia ritorni alla brillantezza dell’idea che è alla sua base, con gli accorgimenti necessari a rendere l’ultimo capitolo meno problematico dei precedenti.