La Stagione delle Ossa – The Bone Season. La recensione
Conosciuta già in Italia grazie a Il Priorato dell’Albero delle Arance e Un Giorno di Notte Cadente, Samantha Shannon torna con il suo lavoro d’esordio, La Stagione delle Ossa – The Bone Season, primo volume di una saga dispotica–paranormale composta da sette libri. Originariamente pubblicata nel 2013, l’autrice ha scelto di revisionare la sua opera per intero, dandole di recente una nuova veste. In ogni forma, Paige Mahoney è pronta ad accompagnare i lettori nel suo mondo, fatto di veggenti, poltergeist, creature cannibali e società segrete.
La Stagione delle Ossa: la trama
2059. Da duecento anni la Repubblica di Scion porta avanti una campagna persecutoria contro ogni forma di “innaturalità” in Europa. A Londra, Paige Mahoney occupa un posto di tutto rispetto nella gerarchia della criminalità: braccio destro del feroce White Binder, è una dreamwalker, una rara specie di veggente. Secondo la spietata legge di Scion, la sua sola esistenza è un atto di tradimento. E quando viene arrestata per omicidio, incontra i misteriosi fondatori di Scion, che hanno dei piani per i suoi straordinari poteri. Se vuole salvarsi, dovrà imparare a fidarsi di chi ha sempre considerato un nemico…
Sheol I: l'Oxford alternativa che dice addio al fascino del dark academia
La conoscenza è pericolosa. Quando vieni a sapere qualcosa, non hai più modo di liberartene. Sei costretto a portare dentro quell’informazione per sempre, anche se ti fa male.
La Stagione delle Ossa – The Bone Season, Samantha Shannon
La Repubblica di Scion sembra inarrestabile: dopo aver fatto cadere la monarchia nel Regno Unito, il regime totalitario non trova alcuna opposizione nella persecuzione dei veggenti, i cosiddetti “innaturali”, persone dotate di capacità paranormali e che rappresentano una minaccia e un’onta al buon nome della Repubblica. Non c’è pietà per chi viene scoperto a possedere queste capacità, nessun processo: una volta catturati, l’unica destinazione è la Torre e l’unica sentenza la morte. Eppure, nonostante sia arrivata dentro la Torre, Paige è abbastanza fortunata da non subirne gli orrori. E anzi, ne esce per ritrovarsi in un’area della Repubblica che le persone ormai considerano inesistente. Si tratta della vecchia Oxford, dove anni prima un evento catastrofico ha reso la zona inabitabile. Tuttavia, a Oxford – ora conosciuta come Sheol I – la vita c’è. E ancora di più, c’è la morte.
A differenza di come si è abituati a vederla rappresentata, la Oxford di La Stagione delle Ossa non è un luogo di studio, né l’ambientazione perfetta per un bel dark academia. Sheol I ha più le connotazioni di una base militare, dove la vita è dura e ingiusta e i Ref sono sempre pronti a far valere la propria autorità sui più deboli. I veggenti, che vengono catturati e scelti da un guardiano, devono continuamente provare la loro utilità per non ricevere la casacca gialla, segno di disonore, ed essere degradati al ruolo di arlecchi, saltimbanchi a cui capitano ruoli spesso e volentieri ingrati. Gli umani, d’altro canto, se al di fuori della città fantasma sono apparentemente in cima alla catena gerarchica, qui si ritrovano a svolgere i lavori più umili e degradanti, riducendosi a valvole di sfogo per i Ref più violenti.
Insomma, la Oxford di Samantha Shannon non conserva il suo fascino misterioso, ma è un posto inospitale che ti fa venir voglia di scappare: se solo non fosse per i Calabroni, che infestano il perimetro di Sheol e attendono di poter fare lo scalpo a qualche casacca rossa…
Una questione di orgoglio e troppe informazioni
Paige Mahoney – la Sognatrice Pallida – inizia la sua storia lavorando come ganza per Jaxon, l’Obbligante Bianco, un uomo che gestisce un sindacato illegale a cui svariati veggenti di Londra e dintorni hanno aderito. L’ordine di chiaroveggenti di cui Paige fa parte è molto raro, ossia quello degli esplorasogni. Chi possiede le abilità di Paige, in poche parole, è in grado di percepire l’etere anche a un miglio di distanza, di vincolare a sé degli spiriti, di proiettare il proprio spirito al di fuori del corpo e, volendo, all’interno di un altro ospite. Grazie a queste sue capacità, Paige si è guadagnata da vivere; fino a quando, dopo essere stata coinvolta in un omicidio, non viene catturata e condotta a Sheol I, dove viene affidata al Rettore, Arcturus Mesarthim. E, quel suo stesso potere su cui faceva affidamento, diventa un pericolo quando cattura l’attenzione della terribile Nashira Sargas. Paige deve solo fare attenzione a non far scattare quella trappola mortale.
È esattamente come mi sento qui, addestrato a obbedire.
La Stagione delle Ossa – The Bone Season, Samantha Shannon
Se i protagonisti dei libri avessero un po’ di sale in zucca, probabilmente non avremmo metà delle storie che conserviamo gelosamente in libreria. Nonostante sia un personaggio ricco e sfaccettato, Paige infatti è vittima del suo stesso orgoglio, che la porta spesso a commettere delle scelte sciocche e il cui esito si sarebbe potuto evitare se solo fosse stata in grado di tenere a freno la lingua. Al tempo stesso, Paige può vantare una forza d’animo non indifferente, che le permette di andare avanti anche nei momenti più difficili – e fidatevi, ci sono. Samantha Shannon non è una persona che si risparmia i dettagli. Molto apprezzata la componente dolcissima della found family, anche se le relazioni di convenienza non sono mancate, e lo svilupparsi molto lento della dinamica tra Paige e Arcturus: una piacevolissima sorpresa.
La storia è narrata in prima persona, tecnica che permette al lettore di entrare nella testa di Paige e di sviscerarla. Grazie a essa, soprattutto nella parte finale, la narrazione è estremamente fluida e avvincente. Tuttavia, a cominciare dalla parte centrale di La Stagione delle Ossa, si va incontro a una Paige statica e un po’ passiva, che subisce gli eventi o che non coglie le svariate occasioni di evolversi. È solo negli ultimi capitoli del libro che la protagonista si fa sentire e mostra le potenzialità del suo personaggio, lasciando il lettore a chiedersi come continuerà la sua storia.
Forse, un fattore che ha contribuito alla lentezza iniziale del libro è stato l’introduzione del worldbuilding: sin da subito, il lettore viene inondato da una miriade di informazioni diverse che sì, possono contribuire a creare un alone di mistero attorno alla storia, ma che nella loro quantità e nel loro dosaggio hanno appesantito il testo. Ciononostante, un plauso alla Shannon va fatto lo stesso, perché è indubbiamente studiato e complesso.
L'etere: la culla dell'essere
Samantha Shannon non è estranea alle teorie filosofiche dell’antichità e lo dimostra parlando del quinto elemento che, affiancando gli altri canonici quattro, compone parte delle dottrine aristoteliche: l’etere. Nell’antica Grecia si credeva che l’etere fosse un elemento incorruttibile, di cui facevano parte i corpi celesti; per La Stagione delle Ossa, l’etere è una componente chiave del worldbuilding, ovvero il luogo in cui gli spiriti risiedono e a cui tutti gli esseri viventi possono avere accesso, se ricevono il dono per farlo.
«L’etere» continuò Jaxon «è l’origine dello spirito, ergo: la culla dell’essere. Veniamo da lui, viviamo insieme a lui e dentro di lui, e quando muoviamo, torniamo da lui, rinunciando per sempre al nostro io fisico. L’etere è connesso al momento vivente così come lo è l’aria: un regno invisibile a molti, affollato dagli spiriti dei morti».
La Stagione delle Ossa – The Bone Season, Samantha Shannon
Il raccolto ha dato i suoi frutti?
«Noi siamo chiaroveggenti, dottor Nygård. Siamo i custodi della verità, i guardiani del futuro; il ponte tra i vivi e i morti, il profano e il divino».
La Stagione delle Ossa, Samantha Shannon
Come si diceva in apertura, La Stagione delle Ossa è un libro che è stato pubblicato per la prima volta nel 2013, e per questo è probabile che risenta dello stile e delle scelte narrative in voga in quegli anni per il genere dispotico e/o paranormale. La stessa autrice ha dichiarato che, una delle idee che le permisero di progettare la sua storia, fu chiedersi come sarebbero stati gli Hunger Games di Suzanne Collins all’infuori dell’America, e l’influenza della serie di Shadowhuters di Cassandra Clare è ugualmente percettibile.
Essendo il primo romanzo di sette, mi aspettavo che questo sarebbe stata un grosso prologo per qualcosa di molto più ampio: difatti, non mi sbagliavo, ma sono rimasta comunque a bocca asciutta. Ciò non toglie il fatto che sia un libro valido e un buon esordio; con il finale che lascia sulle spine i lettori, apre senza ombra di dubbio le porte a dei sequel avvincenti.